La difficile missione di Zelensky in Medio Oriente

lunedì 19 giugno 2023


La rete diplomatica ucraina guidata “gelosamente” e con spietata autorità dal presidente Volodymyr Zelensky, dopo aver avuto una risposta deludente dal Governo israeliano, sta attendendo l’aiuto dal Mondo arabo. Zelensky ha tentato inutilmente di trovare una sponda con Israele, chiedendo ufficialmente un appoggio militare – una fornitura di armamenti – ma anche “intelligens”, basando il dialogo sui comuni valori democratici, sulla storia travagliata degli ebrei ucraini. E magari sullo stesso nemico, il “cobelligerante soft” Iran, che procura droni tattici alla Russia utilizzati nel conflitto ucraino.

Zelensky nel suo corteggiamento a Israele ha puntato anche sulla realtà ebraica in Ucraina. Un’analisi demografica del 2020 ha stimato in circa 43mila soggetti il numero della popolazione che può essere identificata ebraica. Inoltre, circa duecentomila ucraini hanno origini ebraiche accertabili, quindi con le caratteristiche per avere la cittadinanza israeliana. Ma per l’European jewish congress questo numero potrebbe arrivare fino a 400mila.

Va ricordato che, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, vivevano in Ucraina oltre un milione e mezzo di ebrei, dopo secoli di antisemitismo e pogrom. Queste persecuzioni confinarono la popolazione ebraica in un’area dell’Europa orientale, comprendente anche l’Ucraina attuale, chiamata “zona di residenza”. Almeno un milione di questi fu sterminato durante l’Olocausto. Prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica erano presenti in Ucraina circa cinquecentomila ebrei, che subivano oppressioni e persecuzioni e ai quali veniva impedita l’emigrazione. Inoltre, potevano celebrare le loro liturgie solo in segreto, vivendo in un contesto di forte antisemitismo. Dopo il 1991, almeno l’ottanta per cento della popolazione ebraica emigrò, soprattutto in Israele. Restarono in Ucraina solo poveri, vecchi e quelli che avevano perso la loro cultura ebraica, a causa delle croniche persecuzione.

Tuttavia, Zelensky è stato inascoltato sia da Naftali Bennett ex primo ministro, che da Benjamin Netanyahu, attuale capo del Governo, i quali si sono rifiutati di aiutare militarmente Kiev. Ora il presidente ucraino, non potendo negare il fallimento della sua impossibile missione a Gerusalemme, visti anche i rapporti israelo-russi, si è rivolto ai capi di Stato arabi e, in modo articolato, alla “comunità” iraniana.

Così dal vertice arabo di Jeddah, svoltosi a maggio, organizzato dal plurititolato e onnipotente principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman (Mbs), è venuto alla luce il prototipo per un nuovo riassetto anche dell’area araba. In questo contesto, è stato invitato pure Bashar al-Assad, il presidente siriano che per dodici anni è stato escluso dalla Lega Araba. Inoltre, sotto pressione francese, Salman ha anche invitato Zelensky, che è arrivato in Arabia Saudita a bordo di un aereo francese accompagnato dall’ex ambasciatrice a Kiev, Isabelle Dumont, oggi consigliere governativa per l’Ucraina. Mohammed bin Salman, anche se ha un rapporto privilegiato con Vladimir Putin, tutelato soprattutto per la regolamentazione del mercato petrolifero, ha voluto dimostrare in maniera eclatante di conservare tutta la sua indipendenza dal Cremlino.

Zelensky ha giocato la carta dell’accoglienza e della familiarità che l’Ucraina ha avuto, e ha, nei riguardi delle decine di migliaia di giovani arabi che studiano nelle università ucraine e vivono integrati nella società. Ha inoltre evidenziato che, dopo l’occupazione della Crimea, nel 2014, la repressione russa si è accanita soprattutto sulla comunità tartara, che al novanta per cento è musulmana. Ricordo che nella delegazione ucraina a Jeddah era presente anche Moustafa Djemilev, rappresentante proprio della comunità tartara e parlamentare ucraino, nonché ex dissidente sovietico. Inoltre è noto, anche se Zelensky non ne ha fatto cenno, che nella legione straniera ucraina, dove sono rappresentate circa cinquanta nazionalità, sono presenti combattenti arabi soprattutto marocchini, alcuni di essi studenti in Ucraina.

Ma sappiamo che a Jeddah c’era anche il presidente siriano al-Assad, l’unico capo di uno Stato arabo che ha riconosciuto subito l’annessione russa delle province separatiste del Donbass e che, durante i discorsi di Zelensky, si è tolto le cuffie. Tuttavia, il vice primo ministro che rappresentava gli Emirati Arabi Uniti, Mansour Bin Zayed, nonostante i forti legami con Mosca, ha voluto progettare con Zelensky azioni diplomatiche a breve termine. In pratica, tutto il mondo arabo e la stampa dell’area puntano su Mohammed bin Salman nel ruolo di pacificatore, dato che fu proprio lui ad aver diretto, nel settembre del 2022, un articolato e difficile scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev. Un imbarazzante confronto con i leader degli Stati africani che il 17 giugno si sono recati a Kiev dove, in pratica, hanno chiesto al leader ucraino solo di far togliere il mandato di cattura internazionale a Putin.

Un’azione importante quella di Zelensky, proiettata in avanti, che si incardina nel giro economico più pesante, che riguarda le materie prime e il greggio in particolare; ma va ricordato che l’operazione di “Zelensky d’Arabia”, si confronta anche in questo caso con Putin, il quale non avrebbe mai potuto innescare la sua “Operazione speciale militare” contro l’Ucraina se non avesse abilmente posto basi solide su aspetti economici e politici strategici, in una regione cruciale come il Medio Oriente. E comunque, anche se Zelensky ha offuscato la presenza di al-Assad, la partecipazione del presidente ucraino, imposta dall’Arabia Saudita, non è piaciuta a tutti i leader presenti, molti dei quali vicini alla Russia, come i siriani, gli algerini e i rappresentati degli Emirati. Allo stesso tempo, l’azione diplomatica del presidente ucraino rientra nella scenografia necessaria dove si dovrà scrivere la sceneggiatura finale di un conflitto ancora lontano dalla sua conclusione.


di Fabio Marco Fabbri