Kissinger Forza 100

lunedì 29 maggio 2023


Saggezza senza tempo

Cento anni ma (forse) non li dimostra! Anche se il kingmaker dei presidenti americani cammina a fatica ormai, la mente di Henry Kissinger (il grande facitore del disgelo Usa-Cina negli anni Settanta) resta lucidissima e quanto mai proiettata nel futuro. Soprattutto in materia di Ai (Artificial Intelligence) e degli scenari evolutivi della nuova confrontation tra Global South e Global West.

“In giro per il mondo la bilancia del potere e del warfare (capacità di combattimento) su base tecnologica sta evolvendo in modo talmente rapido, e in così molteplici ambiti, che i Paesi coinvolti difettano di quei principi consolidati in base ai quali si possa ricreare un nuovo ordine mondiale, al punto che se non lo si troverà a breve lo scontro diretto (Usa-Cina) sarà inevitabile!”.

Dato che, in quest’ultimo caso, scatterà la famosa trappola di Tucidide. “Tant’è vero che ci troviamo nella più classica delle condizioni di pre-guerra, in cui nessuno dei due contendenti ha abbastanza margini per fare concessioni politiche all’altro, al punto che qualunque perturbazione dell’attuale equilibrio (precario) può avere conseguenze catastrofiche”.

Kissinger, che ha perso ben 13 congiunti stretti nell’Olocausto a causa del nazismo, continua a credere che l’unica via di uscita possibile per evitare un nuovo conflitto mondiale sia quella di un duro e costante impegno diplomatico, idealmente fortificato da un minimo comune denominatore di valori condivisi. Ma, a causa del rapido sviluppo dell’Ai non restano più di dieci anni a Cina e Usa per trovare una via di uscita. Metà del problema però sta tutto nella controparte cinese, visto che la sua leadership è fermamente convinta dell’inesorabile declino degli Usa che porterà al trionfo della Cina come prima potenza mondiale, nella certezza che l’America non tratterà mai con la sua controparte cinese da pari a pari.

Ma, mentre per la Germania nazista la volontà di guerra coincideva con la natura stessa del potere hitleriano, nel caso della Cina di Xi Jinping prevale la visione confuciana rispetto all’ideologia comunista. In questa cornice d’insieme (imperiale!), la leadership cinese si contraddistingue per un obiettivo strategico, che non ha nulla a che vedere con la guerra classica, e che si sintetizza nell’acquisizione del massimo della forza strategica sul piano internazionale per essere rispettata dalla comunità mondiale, a seguito degli straordinari risultati così raggiunti. Certo, a questo punto, una volta conseguito l’apice del successo, è lecito da parte del Global West chiedersi come reagire nel caso Pechino voglia imporre la sua cultura autocratica al resto del mondo, sintetizzata nella formula del “Capitalismo di Stato”, o del capital comunismo (ritenendo con ciò tutta l’ambiguità del suo significato). In questo caso, suggerisce Kissinger, per prevenire un simile, sfavorevole scenario non resta che mettere in campo un’equilibrata miscela di diplomazia e di sfoggio di potenza da parte dell’Occidente, in modo da mantenere in equilibrio i piatti della bilancia geopolitica mondiale, evitando così che scatti, come già detto, la famosa Trappola di Tucidide dello scontro militare diretto Usa-Cina. Ma, poiché processi simili sono di fatto incontrollabili, meglio che noi si sia militarmente abbastanza forti per garantire la nostra sopravvivenza. Il detonatore, oggi come oggi, è ancora una volta la questione del ritorno di Taiwan alla Madrepatria.

Mentre ieri (ai tempi in cui Kissinger ne parlava con Mao negli anni Settanta) questa controversia non era minimamente all’ordine del giorno nei colloqui Usa-Cina, dato che Il Grande Condottiero non sapeva che farsene di “quel manipolo di controrivoluzionari” che facevano capo a Chiang Kai-shek, oggi la questione è completamente ribaltata. Questo a causa del peso economico e tecnologico di primaria importanza (nell’Ai!) acquisito da Taiwan negli scambi commerciali mondiali, essendo l’Isola il primo produttore internazionale di semiconduttori avanzati, per il cui tratto di mare, tra l’altro, transita il 90 percento dei traffici globali delle grandi navi porta container. In merito, tuttavia, Kissinger continua a diffidare della linea dura anticinese su Taiwan voluta da Donald Trump e proseguita da Joe Biden, dato che uno scenario sul tipo dell’attuale guerra in Ucraina distruggerebbe letteralmente l’isola e avrebbe un impatto negativo devastante sull’economia mondiale, mettendo tra l’altro a serio rischio la tenuta interna del regime cinese, con la prospettiva catastrofica di balcanizzazione del subcontinente asiatico. Sfortunatamente né gli Usa né la Cina sono oggi in grado di fare concessioni su Taiwan: Pechino è irremovibile nel rifiuto dell’autonomia per l’Isola e Washington non può fare un passo indietro su Taipei senza perdere di credibilità internazionale.

Bisognerebbe, secondo Kissinger, che i due presidenti Xi Jinping e Joe Biden si parlassero a cuore aperto, confessando a se stessi di essere proprio loro due il pericolo più grande al mantenimento della pace nel mondo, dato che Usa e Cina hanno la capacità di distruggere più volte l’umanità intera. Solo la diplomazia, secondo il Grande Saggio d’America, può far scendere la temperatura attuale dello stato in cui versano i loro rapporti bilaterali, ripristinando gradualmente fiducia reciproca e relazioni funzionanti tra i due Paesi. Mettendo molto di più l’accento sul “de-risking”, piuttosto che sul “decoupling” (disaccoppiamento delle reciproche interdipendenze tecnologiche e di scambi commerciali). Servirebbe, in pratica, la creazione di un gruppo di contatto composto da superfiduciari dei due Leader per individuare soluzioni di compromesso sulle questioni più delicate, come Taiwan, i cambiamenti climatici e l’economia. Vanno evitati gli errori commessi a proposito del ventilato ingresso dell’Ucraina nella Nato, prima dell’invasione russa del 24 febbraio 2022.

In proposito, per Kissinger l’unica via di uscita dall’attuale conflitto russo-ucraino è che Kiev ceda alcune porzioni strategiche di territorio alla Russia, come l’intera area del porto di Sebastopoli in Crimea per il controllo del Mar Rosso. L’equilibrio di una giusta pace risiede infatti in uno scambio ideale in cui ognuno dei due contendenti perde qualcosa ma ne guadagna un’altra. Tutti alla fine insoddisfatti, ma mezzi vincitori entrambi!


di Maurizio Guaitoli