G7 di Hiroshima: sicurezza economica, guerra e siparietti

lunedì 22 maggio 2023


Si è concluso il tanto atteso G7 di Hiroshima al quale, a sorpresa, ha partecipato anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Pare che in cima all’agenda dei lavori ci sia stata la Cina, sia per quanto riguarda la sicurezza economica di un Occidente che inizia a prendere coscienza di come la dipendenza dal Dragone – che non disdegna la coercizione e il ricatto al bisogno – crea vulnerabilità anche dal punto di vista della sicurezza nazionale, come ha ricordato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen; sia dal punto di vista della stabilità dell’area dell’Indo-Pacifico, con un chiaro riferimento a Taiwan.

In particolar modo, è stato il premier giapponese, Fumio Kishida, a dichiarare la “ferma opposizione a qualunque tentativo di modificare lo status quo con la forza, con la coercizione economica o con l’uso delle armi”. Nonostante questo, la presidente europea continua a voler parlare di “de-risking”, anziché di “de-coupling”, per quanto riguarda la Cina.

Sempre a proposito di sicurezza economica, si è discusso anche dell’alternativa americana alla “Via della Seta cinese”, la “Partnership for Global Infrastructure and Investment”. L’iniziativa costituisce un passo avanti verso un nuovo modello economico all’insegna del “friend-shoring” e della riscoperta della centralità dell’Occidente sul piano del progresso e della cooperazione anche con realtà terze. Perché, come i fatti hanno dimostrato, dove l’Occidente arretra avanzano i suoi antagonisti.

Nessun passo avanti, invece, sul fronte del disarmo nucleare, tema al quale il Giappone è da sempre molto sensibile. Gli altri Stati membri del G7 non hanno ritenuto questo punto una priorità: al contrario, la guerra in Ucraina ha dimostrato l’attualità e la necessità della deterrenza nucleare. In questo contesto, il presidente Usa, Joe Biden, ha annunciato l’intenzione di estendere l’ombrello nucleare americano alla Corea del Sud minacciata dalla Corea del Nord. Anzi, forse sarebbe il caso che tutti i Paesi del G7 iniziassero a pensare a un proprio sistema di deterrenza nucleare, in un mondo dove la guerra sembra prepotentemente voler tornare a essere protagonista degli scenari globali.

Sulla guerra in Ucraina, il G7 ha ribadito la sua posizione: la condizione per iniziare a parlare di pace resta l’immediato ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino e la restituzione dei territori occupati. L’aggressione della Russia – si legge in una nota del Great Seven – è una violazione del diritto internazionale, in particolare della Carta dell’Onu. Ferma condanna anche per “l’irresponsabile retorica nucleare di Mosca”. Come ha fatto notare la premier italiana Giorgia Meloni, il diritto internazionale va difeso sul campo, coi fatti e non solo con le parole, e con ogni mezzo necessario, non disdegnando qualche “frecciatina” ai pacifisti del Bel Paese: se avessimo dato retta a chi diceva di lasciar perdere, a quest’ora vivremmo in un mondo immerso nel caos, ha dichiarato Meloni.

Ribadito anche l’impegno a prestare assistenza finanziaria e militare all’Ucraina e a fiaccare la macchina bellica russa con le sanzioni. I prossimi beni a essere colpiti saranno i diamanti – dal cui export la Russia ricava miliardi di dollari ogni anno – l’alluminio, il nichel e il rame sul modello di quanto già fatto dal Regno Unito. Sono state approvate ulteriori sanzioni sul settore energetico, la difesa e le risorse naturali, come pure la logistica, per impedire gli scambi militari con gli Stati che appoggiano la Russia, come l’Iran, ai quali viene comunque intimato di cessare le loro attività di supporto. I leader riuniti a Hiroshima si sono impegnati, altresì, a moltiplicare gli sforzi per impedire l’accesso della Russia al sistema finanziario internazionale e a migliorare il coordinamento tra di loro, affinché non ci siano tentativi di aggirare l’embargo.

Fondamentale anche la decisione degli Stati Uniti, che hanno disposto di inviare i jet F-16 a Kiev, come richiesto da Zelensky in più occasioni, a condizione che questi non vengano usati per colpire in territorio russo, cosa che il leader ucraino si è impegnato a non fare. Biden ha fatto sapere che gli Usa addestreranno anche i piloti ucraini. Una decisione analoga sembrerebbe essere stata presa anche dall’Italia.

La premier Meloni avrebbe ricevuto il sostegno (un po’ a sorpresa, in verità) del presidente francese Emmanuel Macron, che dopo i giorni di forte tensione tra Roma e Parigi sulla questione dei migranti si è detto pronto a collaborare con l’Italia per le frontiere comuni. La presidente del Consiglio avrebbe altresì preso ulteriori impegni col premier britannico, Rishi Sunak, per il rafforzamento della cooperazione anglo-italiana sul fronte politico, militare ed economico.

Infine, c’è stato spazio anche per il “siparietto” tra la premier e il suo omologo canadese, Justin Trudeau. Quest’ultimo, infatti, si è detto preoccupato per la situazione del nostro Paese in tema di diritti lgbt+. La premier Meloni ha replicato, ricordando che l’Italia applica le stesse regole di tutti i Paesi liberi e che probabilmente, il collega canadese era vittima di qualche “fake news”, come in seguito avrebbe ammesso lui stesso nel bilaterale con Meloni. Ammirevole la preoccupazione di Trudeau per la libertà e i diritti, ma di certo dovrebbe rivolgere le sue attenzioni a realtà dove gli omosessuali sono davvero vittime di discriminazione e violenza, come i Paesi islamici, molte realtà africane o la Russia stessa.


di Gabriele Minotti