Al-Qaeda: morto un capo se ne fa un altro

lunedì 20 febbraio 2023


Al-Qaeda, il gruppo terroristico islamico più radicato e tra i più accreditati nel mondo dell’estremismo di stampo jihadista, ha quasi formalmente il suo nuovo leader. Di fatto, non ufficialmente ma dall’uccisione di Ayman al-Zawahiri – ultimo capo di al-Qaeda – avvenuta nell’estate del 2022, il sessantenne jihadista Saif al-Adl, ex membro delle forze speciali egiziane ma residente in Iran, è stato riconosciuto come punto di riferimento dal gruppo terroristico. Questo è quanto è stato riferito, mercoledì 15 febbraio, dal dipartimento di intelligence di Washington.

Tuttavia, la sua nomina a “emiro” – traducibile come “guida” – dell’associazione terroristica islamica non è stata ancora annunciata dai portavoce di al-Qaeda tramite i consueti comunicati. La questione della successione al comando dell’organizzazione jihadista scorre su un delicato equilibrio tra realtà e negazioni. Infatti, il temporeggiamento nel confermare tale avvicendamento da parte dei vertici di al-Qaeda si può spiegare con la negazione, da parte delle autorità talebane in Afghanistan, di ammettere che l’ex leader di al-Qaeda, al-Zawahiri, sia stato ucciso a Kabul dai servizi speciali statunitensi. Inoltre, Seif al-Adl vive in Iran, dove la confessione sciita è quasi assoluta, mentre al-Qaeda è un gruppo che fa riferimento alla confessione sunnita, oltre che alla corrente salafita.

Il Governo degli ayatollah di Teheran, decisamente vacillante, già sotto pressione a causa di un fisiologico logoramento del potere, aggravato dalle proteste di piazza esplose dopo l’uccisione, da parte della polizia morale, della ragazza curdo-iraniana Mahsa Amini, per voce del ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, il 16 febbraio ha dichiarato che questa notizia è “disinformazione mirata”, accusando Washington di sfruttare tale annuncio a scopo politico. Inoltre, ha giudicato inverosimile il fatto di legare il leader di al-Qaeda all’Iran, in quanto i suoi fondatori, come quelli dello Stato islamico, l’Isis, sono responsabili dell’espansione del terrorismo nel mondo. Una posizione, quella di Amir-Abdollahian, che nasconde l’ammissione come un capo jihadista sunnita viva nella culla dello sciismo.

Nonostante il rigetto da parte di Teheran di tale notizia, la diplomazia degli Usa ha confermato che la propria indicazione sul nuovo leader di al-Qaeda coincide con la stessa espressa da fonti Onu che, martedì scorso, ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che l’egiziano Seif al-Adl è ora il leader de facto di al-Qaeda e che per adesso rappresenta la continuità. La “scheda professionale” al-Adl, nota perché si tratta di un soggetto conosciuto nell’ambito dell’esercito egiziano, rivela che è stato tenente colonnello delle forze speciali egiziane, ma anche che poi ha preferito arruolarsi tra le fila di al-Qaeda. La sua formazione come ufficiale dell’esercito gli ha permesso di inserirsi come addestratore dei miliziani jihadisti; ma secondo l’Ong Counter Extremism Project, risulta anche che come stratega ha contribuito a strutturare le capacità operative del gruppo e ha preparato alcuni dei dirottatori che hanno partecipato agli attacchi alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Emerge anche, da una dichiarazione di un ex investigatore dell’Fbi, di nome Ali Soufan, che è stata registrata la sua presenza in Iran almeno dal 2002, dove è stato inizialmente posto agli arresti domiciliari, ma che poi ha avuto la possibilità di muoversi recandosi pure in Pakistan. Ali Soufan ha inoltre scritto nel 2021, sul Ctc Journal, che Seif è uno dei “soldati professionisti più esperti del panorama jihadista. E il suo corpo porta i segni del combattimento”.

Da quanto esposto, è chiaro che il nuovo leader di al-Qaeda fosse sotto controllo da almeno due decenni. Ciò avvalora le considerazioni di Washington, che lo definiscono nuovo “emiro” del gruppo jihadista. Ma anche nell’ambito di queste “società/aziende” che fanno del business con il terrorismo, la concorrenza è alta e impegnativa. Infatti, la circostanza che il sunnita Seif al-Adl sia residente da circa venti anni in Iran, madre dello sciismo, non favorisce le brame di al-Qaeda di configurarsi come gruppo estremista islamico leader di un movimento globale. Difatti, non solo si deve confrontare con le aspirazioni espansive dei gruppi sunniti come lo Stato islamico che “gemma” sia nell’area euroasiatica, con il suo rappresentante regionale lo Stato islamico del Khorasan, Iskp, o in Africa con lo Stato islamico nel Grande Sahara, ma deve combattere con lo spettro del confessionalismo che si aggira minaccioso per tutto il Medio e Vicino Oriente. E che è la causa del caos dei conflitti e dell’estremismo.

Così, l’atavica frattura tra sunniti e sciiti porta l’estremismo islamico sunnita a combattere le ambizioni sciite, radicalizzandosi sulle posizioni di al-Qaeda o dell’Is. Mentre gli sciiti, strozzati dall’essere una minoranza, tra l’altro in crisi, cercano di ostentare un potere sproporzionato alle loro effettive dimensioni.


di Fabio Marco Fabbri