Sui tank Berlino ci ripensa: e fa bene!

martedì 24 gennaio 2023


Al vertice di Ramstein i Paesi Nato sembravano non aver trovato un accordo sull’invio dei sofisticati carri armati Leopard 2 a Kiev. Se tutti gli alleati sono stati compatti nel promuovere l’invio dei tank alla resistenza ucraina, la Germania – che detiene il brevetto dei Leopard 2 si è inizialmente sfilata, suscitando più di qualche malcontento tra gli alleati, soprattutto da parte degli Stati Uniti, della Polonia e delle Repubbliche Baltiche, che sono tra i più ferventi sostenitori di Kiev. Berlino ha giustificato la sua decisione dicendo di voler evitare un’escalation del conflitto, minacciata dal Cremlino nel caso in cui l’Occidente continuasse a inviare armamenti pesanti a Kiev.

La posizione tedesca sembra però essere cambiata, con la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, che corregge il tiro annunciando il via libera “di massima” all’invio dei tank di ultima generazione chiesti dagli ucraini. Pare che abbiano giocato un ruolo fondamentale le pressioni da parte della Nato e, soprattutto, da parte di Varsavia, che per bocca del premier Mateusz Morawiecki e del viceministro degli Esteri, Arkadiusz Mularczyk, ha sottolineato che un simile diniego potrebbe costare alla Germania l’isolamento internazionale. Per Mularczyk, infatti, la questione è più complessa di quel che sembra: non si tratta – dice il viceministro polacco a Polskie Radio – solo della vittoria dell’Ucraina, ma di fare in modo che l’Europa rimanga sotto l’egida americana e che non finisca per scivolare sotto l’influenza russa. Per questo motivo, la Polonia annuncia che chiederà alla Germania di poter inviare i propri Leopard 2 – in dotazione alle forze di Varsavia – alla resistenza ucraina. La Germania risponde che non porrà veti all’invio di tank tedeschi in Ucraina da parte di altri Paesi: ed è probabilmente questo il senso del via libera “di massima” di Baerbock. Finora, tuttavia, Berlino sostiene di non aver ricevuto alcuna richiesta in questo senso.

Forse il governo tedesco avrà preso improvvisamente coscienza di quanto patetica fosse la scusa inizialmente addotta circa la volontà di evitare un’escalation. Primo, perché se deve esserci un’escalation del conflitto, questa ci sarà comunque, dal momento che il paventato rifiuto della Germania sui carri armati Leopard 2 non avrebbe comportato l’interruzione delle forniture di armamenti pesanti da parte degli altri Paesi Nato, che avrebbero comunque continuato a sostenere lo sforzo bellico ucraino coi propri mezzi. Insomma, gli Usa hanno stanziato altri 2,5 miliardi di dollari e si preparano a mandare a Kiev altri lanciamissili, corazzati da combattimento e veicoli blindati; la Svezia ha deciso a sua volta di inviare i propri semoventi Archer; la Danimarca ha optato per l’inoltro dei cannoni Caesar; il Regno Unito ha promesso 600 missili Brimstone; anche l’Italia – come annunciato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto – continuerà a fare la sua parte e a fornire a Kiev tutta l’assistenza militare possibile; stessa cosa per la Francia, che si è detta disposta a mettere a disposizione i propri carri armati.

In secondo luogo, l’escalation è inevitabile per due ragioni. Anzitutto, perché è la Russia a volerla, dal momento che, semmai ci fossero stati dei dubbi, è ormai chiaro che Mosca non ha alcuna intenzione di sedersi al tavolo dei negoziati e di trovare un compromesso rispettoso dell’integrità e della sovranità dell’Ucraina. Inoltre, siamo a una fase di svolta del conflitto, i cui esiti ridefiniranno gli equilibri geopolitici. Si è finalmente capito che o si aiuta l’Ucraina a vincere e la si fa entrare nella Nato – come confermato anche dal segretario generale, Jens Stoltenberg, e dai vertici ucraini – rafforzando così la sicurezza dell’Europa e di tutta l’alleanza; oppure si lascia vincere la Russia, sacrificando l’Ucraina a una pace apparente e precaria e con essa la sicurezza dell’intero continente europeo. Questo è il momento migliore per lanciare una controffensiva – come spiegano i vertici militari e i principali analisti – e avvicinarsi alla vittoria, ma bisogna fare presto e approfittare del momento di debolezza della Russia. Viceversa, se si lascia a Mosca il tempo di riorganizzarsi e magari di lanciare una nuova mobilitazione in nome di una seconda “guerra patriottica”, l’Ucraina potrebbe davvero trasformarsi in un pantano come l’Afghanistan, il che è esattamente ciò che i russi si aspettano. Consapevoli di non poter vincere sul campo fin quando l’Ucraina potrà contare sull’aiuto della Nato (e soprattutto degli Usa), a Mosca non rimane che cercare di tenere duro fin quando l’Occidente non si sarà stancato e i vari governi inizieranno a vedere nell’Ucraina una fastidiosa spina nel fianco per ragioni anzitutto economiche.

Da ultimo, se anche l’Occidente smettesse improvvisamente di rifornire l’Ucraina di armi, l’escalation si verificherebbe comunque: approfittando della sua vulnerabilità e della sua solitudine, i russi non ci penserebbero due volte a colpire col massimo della violenza e della ferocia per spezzare definitivamente la resistenza di Kiev. In ogni caso, è singolare che la Germania abbia acconsentito all’invio dei Leopard, ma solo “per interposta persona” almeno per il momento. Che la russofilia della socialdemocrazia tedesca non si sia ancora del tutto spenta? Che il merkelismo devoto alla Ostpolitik e che è in parte responsabile della situazione attuale sia ancora d’ispirazione per i posteri? Che i tedeschi non abbiano ancora compreso che le intimidazioni russe sono solo parte di una guerra psicologica volta a dividere l’Occidente e a fomentare l’opinione pubblica contro i governi filo-ucraini.

Simili ambiguità potrebbero costare a Berlino non solo l’isolamento internazionale: il rischio è anche quello di mancare a un fondamentale appuntamento con la storia e di creare un vulnus nella compattezza del fronte euro-atlantico che potrebbe mettere in pericolo la sicurezza e la libertà di tutti gli Stati europei. Questo non è più il tempo delle altalenanze e delle incertezze, non è più il tempo degli “accordicchi” stile protocolli di Minsk (fortemente voluto proprio da Berlino): prima gli alleati più ondivaghi e incerti nel loro sostegno a Kiev lo capiranno e meglio sarà per tutti, prima questa guerra potrà finire con la vittoria dei patrioti ucraini e prima si giungerà a una pace giusta.


di Gabriele Minotti