Libia: dalla Cirenaica all’Italia

giovedì 12 gennaio 2023


La Libia, che in più occasioni ho definito il “collo di bottiglia della migrazione africana”, da pochi mesi ha esteso il suo fronte di imbarco per i migranti diretti verso la rotta mediterranea. I dati pubblicati dal Global initiative against transnational organized crime, che ha sede a Ginevra, rivelano che gli ultimi mesi del 2022 hanno visto una forte accelerazione dei flussi migratori partenti dalla costa della Cirenaica (Libia orientale).

Dalle spiagge cirenaiche, che ora fanno “concorrenza” a quelle della Tripolitania come punto di partenza dei migranti verso l’Europa, secondo il Global Initiative da ottobre a dicembre circa settanta natanti, con centinaia di clandestini, hanno attraversato il Mediterraneo. La maggior parte dei migranti giunti in Italia in questo periodo sono partiti da quelle rive. Il segnale che tale rotta avesse ripreso vigore si è avuto a fine novembre, quando un peschereccio, con a bordo almeno cinquecento migranti clandestini diretti verso le coste italiane, proveniente dalla Libia e in difficoltà a causa del maltempo, è stato soccorso al largo di Creta.

L’operazione di salvataggio, registrata in questa inusuale area del Mediterraneo centrale, è avvenuta su una rotta migratoria recentemente riaperta tra la Libia orientale e l’Italia meridionale. Anche se nella dinamica generale della migrazione clandestina questa rotta, numericamente, rappresenta una parte non particolarmente rilevante, l’aumento degli imbarchi dalle sponde della Cirenaica sta sollevando particolare attenzione da parte dei sistemi di controllo costieri italiani. Inoltre, se si osserva la “tipologia” di migrante che si imbarca per attraversare il Mediterraneo, vediamo che la percentuale dei clandestini che sono diretti verso l’Italia dall’ovest della Libia (Tripolitania), proviene dall’Africa sub-sahariana; mentre i migranti che prendono la rotta libica orientale (Cirenaica) provengono soprattutto dal confinante Egitto, ma anche dalla Siria e dal Bangladesh. Questi clandestini, generalmente, si imbarcano sui pescherecci noleggiati da contrabbandieri e da trafficanti di essere umani, i quali “attendono”, certi, i soccorsi da parte anche delle ong, che incrociano abilmente” il più delle volte al largo della Sicilia e della Calabria. Il tutto è poi intercettato dalla Guardia costiera italiana che opera sull’emergenza.

Va considerato che questa attrazione dei migranti verso la Cirenaica è data da una riconosciuta stabilità politica della regione, controllata dal maresciallo Khalifa Haftar, che ho sempre sostenuto essere l’unico leader libico con un profilo atto a tenere compatto il Paese. La Cirenaica sta attraversando un periodo di relativo “agio” economico e una discreta garanzia di sicurezza generale. Ciò ha permesso un ammorbidimento circa i requisiti di ingresso, i quali hanno condotto un crescente numero di egiziani a trovare lavoro e stabilizzarsi in Cirenaica; alcuni di questi, poi, continuano la loro migrazione verso gli Stati europei. Tuttavia, questa regione che attualmente offre ciò che altre aree della Libia non concedono, ha aperto anche un nuovo mercato per i trafficanti ed i contrabbandieri che trovano nella parte orientale del Paese un ambiente di “lavoro” redditizio. In questo quadro, i cittadini siriani possono raggiungere la Libia orientale grazie al collegamento aereo diretto tra Damasco a Bengasi, sede strategica di Haftar, dove spesso riescono a stabilizzarsi. Anche i cittadini del Bangladesh stanno trovando nella regione Cirenaica uno loro stabilità. Generalmente, coloro che guadagnano un’occupazione regolare riescono a ottenere una certa serenità economica. Tuttavia per alcuni, sia bangladesi che siriani, la “carta europea” resta un obiettivo.

La Libia, anche se classificata come Stato fallito, o meglio fatto fallire, è il principale punto di partenza dei migranti clandestini per l’Europa, ma è anche un partner fondamentale dell’Unione nella lotta ai flussi migratori irregolari. Già nel 2017, un memorandum d’intesa firmato tra l’Italia e le autorità libiche, poi avallato dall’Unione europea, ha confermato la determinazione a cooperare per affrontare le problematiche legate alla migrazione clandestina che, attraverso la Libia, approda in Europa. In sei anni il contributo del Fondo fiduciario per la Libia –finalizzato a reprimere i flussi migratori – è stato di poco meno di 450 milioni di euro. Ricordo che nel 2015 fu strutturato il Fondo fiduciario di emergenza dell’Unione europea per l’Africa. Fino al 2020 sono stati erogati almeno quattro miliardi e novecentomila euro, di cui quasi un miliardo destinato agli Stati del Nord Africa. L’obiettivo era di mettere i Paesi del Maghreb, in generale, nelle condizioni di gestire direttamente la questione migratoria.

Tale progetto è stato rappresentato, dai suoi “registi”, come un’iniziativa umanitaria incentrata sulla lotta al commercio di esseri umani e sul supporto alla crescita. Questo programma ha incoraggiato i Paesi nordafricani ad applicare un controllo più rigoroso dei movimenti migratori tra gli Stati africani e a finanziare le operazioni di controllo/arresto dei clandestini, con tutti gli “effetti collaterali” immaginabili: tratta, sfruttamento, violenza, stupri, detenzioni senza fine. Tali operazioni sono state effettuate da gruppi militari, da milizie legate a tribù, dalla polizia di frontiera.

In realtà, è stato fatto questo investimento con lo scopo di spostare il confine dell’Unione europea a nord del Continente africano e così subappaltare la sorveglianza sulla migrazione. Ciononostante, è evidente che, a oggi, ritenersi soddisfatti di una tale operazione è un atteggiamento ipocrita, salvo per chi specula sui migranti, considerando anche che molti di questi finanziamenti sono passati in Stati governati da golpisti o affini. Ma il calderone europeo è composto da politici che hanno ovviamente obiettivi politici. Quindi disegnare la Libia (dalla “politica” così costruita e resa, appunto, uno Stato fallito) come un Paese inaffidabile è funzionale a mascherare le loro “misurevestite con il mantello della solidarietà.

Così, l’ipocrisia europea può affermare di spendere denaro per rendere più sicuro questo terribile sistema complesso, che proprio perché complesso ha una forte resistenza al collasso.


di Fabio Marco Fabbri