Iran, oltre cento persone rischiano la condanna a morte

martedì 10 gennaio 2023


In Iran oltre cento persone (109 per la precisione) – arrestate nel corso delle dimostrazioni anti-governative, che vanno avanti da quasi 4 mesi nel Paese – rischiano di essere condannate a morte oppure giustiziate, se la pena capitale è già stata emessa. È quanto denunciato da Iran Human Rights, ong con sede a Oslo. La stessa ong, peraltro, sottolinea che il numero potrebbe salire, dal momento che le autorità di Teheran starebbero effettuando pressione sulle famiglie dei condannati, affinché non rendano note le rispettive vicende. In base alle informazioni fornite da Iran Human Rights, la maggior parte delle persone avrebbero tra i 20 e i 30 anni. E alcune di loro sarebbero minorenni.

Nel frattempo, non risulterebbe ancora programmata l’esecuzione di due manifestanti arrestati e condannati a morte: il 22enne Mohammad Ghobadlou e il 19enne Mohammad Boroughani. Così indica Mizan, agenzia della magistratura iraniana: “L’esecuzione della condanna a morte di Ghobadlou, accusato di avere ucciso un agente di polizia, e di Boroughani, accusato di avere un coltello e di avere incendiato l’edificio di una prefettura durante le dimostrazioni, è stata fermata per procedimenti legali incompleti”. È delle ore scorse, per la cronaca, il raduno davanti al carcere di Rajai Shahr, a Karaj, dei familiari dei condannati ma anche di molte altre persone, non appena è circolata la notizia del trasferimento dei due ragazzi in celle di isolamento. Lavvocato di Ghobadlou, da par sua, dichiara di aver richiesto la ripresa dei procedimenti legali, per poter così arrivare uno stop dell’esecuzione.

In tale quadro, irrompe l’allarme di Volker Türk, Alto commissario Onu per i diritti umani, il quale sostiene che l’Iran stia usando “la pena di morte come arma per punire la popolazione che esercita i suoi diritti di base, come quello di organizzare o partecipare a manifestazioni, e schiacciare il dissenso in diretta violazione del diritto internazionale sui diritti umani”. Mentre Ursula von der Leyen, presidente della Commissione dell’Unione europea, rivela: “L’Ue farà tutto nel suo potere per supportare il coraggioso popolo ucraino, manterremo la pressione sul Cremlino e metterà in campo nuove sanzioni nei confronti di Bielorussia e Iran, che sostengono militarmente Mosca”. Da segnalare, poi, le parole firmate da Papa Bergoglio: “Il diritto alla vita è minacciato, laddove si continua a praticare la pena di morte, come sta accadendo in questi giorni in Iran, in seguito alle recenti manifestazioni, che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne. La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta. Faccio, perciò, appello perché la pena di morte, che è sempre inammissibile poiché attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona, sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo”.

Al netto di tutto, paura e terrore sono le parole d’ordine in Iran. E non solo. Abdolsamad Khorramabadi, viceprocuratore di Stato, in una dichiarazione televisiva fa sapere: “Le donne che non osservano il velo obbligatorio e si trovano senza hijab in luoghi pubblici commettono un crimine evidente. E la polizia è incaricata di fronteggiare duramente e arrestare chi non rispetta la legge e di segnalarle alla Magistratura”. Non solo: “A partire dagli ordini del capo della Magistratura e del procuratore di Stato, i giudici dovrebbero condannare le persone che non rispettano la legge a punizioni complementari, oltre a multarle per prendere misure preventive serie contro questo problema”.

La protesta, comunque, non si ferma. Nei giorni passati un gruppo di studenti universitari e altre persone – detenuti per aver partecipato alle proteste di piazza in Iran – danno vita a uno sciopero della fame e della sete contro le impiccagioni dei manifestanti. In tal modo, si uniscono a una protesta simile portata avanti da 15 attiviste rinchiuse nella prigione Kachuei, a Karaj, alle porte di Teheran. Lo rende noto il sito del Consiglio del sindacato degli studenti. Le quindici attiviste stanno lottando contro i diritti fondamentali negati, come per esempio quello alla scelta dell’avvocato difensore e alle cure mediche. Ma anche contro i procedimenti giudiziari e i processi considerati illegali, contro le esecuzioni, l’utilizzo della tortura e il degrado delle condizioni dietro le sbarre.

È delle settimane precedenti, infine, la campagna lanciata sui social dai manifestanti che, in pratica, spingono i cittadini a prelevare denaro contante dalle banche o acquistare dollari oppure oro. L’obiettivo, a quanto pare, sarebbe quello di far crollare il sistema bancario e l’economia del regime. Ci sarebbe pure Shirin Ebadi, avvocato e pacifista, premio Nobel per la pace nel 2003, tra le persone che esortano i cittadini iraniani a prelevare denaro dagli istituti di credito.


di Alessandro Buchwald