Disney-Florida: con Iger un barlume di speranza

martedì 6 dicembre 2022


Con il flop di Lightyear e del nuovo show Baymax! forse Disney ha capito di aver fatto il passo più lungo della gamba. La politica dell’ex amministratore delegato Bob Chapek, entrato in guerra contro il governatore della Florida, Ron DeSantis (unico vero rivale di Donald Trump nelle file del Gop) non ha pagato. Anzi, rischia di far perdere all’azienda i suoi privilegi nella regione di Orlando, casa di Disney World.

Tutto è cominciato quando Chapek si è fermamente opposto alla decisione del Governatore di insegnare educazione sessuale e la teoria dei gender solamente ai bambini più grandi di otto anni (il third grade in America, che corrisponde più o meno alla terza elementare). La lotta dell’ala più estrema dei Democratici appoggiata dalla Disney – i cosiddetti woke – si è basata tutta sul presunto divieto sancito da DeSantis di “dire gay”, naturalmente mai esistito.

Nello scenario apocalittico in cui la casa di Topolino potrebbe perdere tutti i privilegi e le agevolazioni fiscali che la Florida le aveva concesso, ecco che entra in campo Bob Iger. Il capo della Disney che si era ritirato nel 2020 è tornato in carica per provare a salvare la situazione e a ricucire il rapporto con Ron DeSantis. I legislatori del Sunshine State potrebbero tornare sui loro passi sulla decisione di spogliare la Disney del diritto di governare la regione di Orlando, riattivando le disposizioni della “giurisdizione speciale”.

Con Bob Iger di nuovo Ceo sembrerebbe più facile raggiungere un compromesso. A fine novembre, il nuovo dirigente si è detto “dispiaciuto di aver visto (la Disney, ndr) trascinata” nel dibattito sul gender, e ha ricordato che “la Florida è stata importante per noi per molto tempo e, allo stesso modo, noi siamo stati molto importanti per lo Stato”. “Questa azienda ha raccontato storie per 100 anni – ha continuato Iger – e quelle storie hanno avuto un impatto significativo e positivo sul mondo, soprattutto perché alcuni dei valori fondamentali della nostra narrazione sono l’inclusione, l’accettazione e la tolleranza”.

Il ceo, richiamato per salvare le sorti dell’azienda, ha ben capito che una compagnia così grande e importante non può permettersi di prendere posizioni così radicali in uno Stato fortemente polarizzato come gli Stati Uniti, ancor di più in vista della campagna elettorale per le presidenziali del 2024. Bob Iger sa che la Disney è prima nel mondo per quanto riguarda l’intrattenimento per famiglie. E quindi è meglio che si dedichi a ciò che meglio sa fare, lasciando la politica (soprattutto quella più radicale dei woke) fuori dalla porta.


di Edoardo Falzon