mercoledì 23 novembre 2022
Al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è bastato il sospetto che dietro all’attentato di Istanbul del 13 novembre (sei morti, ottantuno feriti) ci fosse la mano del Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, per scatenare l’operazione Claw-Sword e bombardare le basi dei militanti nel Kurdistan iracheno e siriano. Così, il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha twittato che “l’ora della resa dei conti è arrivata”, lanciando questi attacchi aerei senza avere la certezza che nell’attentato di Istanbul siano stati artefici gli attivisti curdi. Infatti, i responsabili del Pkk negano di essere stati ideatori o esecutori dell’attacco di Istanbul.
Intanto, un portavoce curdo-siriano ha rivelato che a essere stati colpiti sono stati due villaggi popolati da sfollati curdi. Secondo il ministero della Difesa turco, sono stati colpiti circa novanta obiettivi: distrutti bunker, grotte, gallerie, vari rifugi e magazzini di stoccaggio armi, ubicati nel Kurdistan iracheno e siriano. È stata colpita anche la centrale elettrica a Taql Baql, vicino ad Al-Malikiyah, nel sud della provincia di Hassaké. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani con sede nel Regno Unito, oltre trenta persone sono state uccise solo nel nord della Siria, mentre sul Kurdistan iracheno non si hanno notizie chiare sui danni arrecati dai bombardamenti.
Per contro, le milizie curde-siriane hanno promesso una reazione adeguata. Tuttavia, hanno confermato che anche la nota città di Kobane è stata bombardata. Ricordo che Kobane è stata la prima città liberata dai terroristi dell’Isis proprio per merito della tenacia delle donne curde, le Peshmerga rosa e dei soldati curdi, che oltre ad avere spazzato i jihadisti dalla città hanno anche dato il via alla contrazione dell’occupazione territoriale dell’Isis. Così domenica, secondo i media turchi, una prima reazione ha visto un missile lanciato dal Kurdistan siriano, che sarebbe caduto entro il confine turco, ferendo alcune persone.
L’intelligence turca è andata oltre le accuse al Pkk. Sono state arrestate decine di persone, inclusa una donna siriana che, secondo l’Agenzia, avrebbe lasciato una borsa, contenente l’ordigno, sotto una panchina sulla quale ha sostato per circa quaranta minuti. Altre persone, presenti in Bulgaria, sono state accusate dell’attentato. In particolare, i servizi di intelligence turca hanno attribuito l’operazione al Ypg, People’s protection units, un movimento curdo localizzato nel nord della Siria, sul quale si è scagliata l’operazione “Claw-Sword”. Tra il 2016 e il 2019 Ankara aveva già condotto tre imponenti operazioni contro le organizzazioni curde nel nord della Siria, prendendo il controllo di Afrin e obbligando i civili all’ennesimo esodo in aree sotto controllo curdo.
In molte occasioni ho ricordato che il Kurdistan, nel suo complesso territoriale, ha delle caratteristiche sociologiche peculiari e ben definite: è un popolo che ha dei chiari comuni denominatori culturali, linguistici, antropologici, spirituali ed etnici, che ne tratteggiano un profilo omogeneo. Come già evidenziato in altri articoli, furono proprio l’egoismo e anche la miopia del famigerato patto segreto stipulato tra Regno Unito e Francia nel 1916, per mano di Mark Sykes e François Georges-Picot, poi denominato “Accordo Sykes-Picot”, a non prevedere la nascita di questa Regione/Stato dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano. Quindi, il territorio abitato dai curdi, dopo il 1918, fu diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Proprio l’orgoglio dei Peshmerga (letteralmente “fino alla morte”) e la fierezza dei Rojava, definiti come Unità di protezione popolare formata da curdi siriani, fondatori della Federazione, che hanno permesso la definizione di un’area a sud della Turchia, composta dai cantoni di Afrin, Jazira e Kobane, sono stati determinanti per la conoscenza, a livello globale, della “causa curda”.
Sykes-Picot è un “accordo” le cui conseguenze pesano oggi, drammaticamente, sulla bilancia degli scarsi equilibri geopolitici non solo del Vicino Oriente. Oltre la cronica crisi tra la Turchia e il Kurdistan siro-iracheno, anche l’attuale veto turco sull’ingresso della Svezia nella Nato è un effetto di questa “intesa”. Ankara accusa Stoccolma di proteggere i “terroristi del Pkk” lì rifugiati. Il Sykes-Picot è la rappresentazione di uno dei più gravi “errori geopolitici” della Storia.
di Fabio Marco Fabbri