Africa: una bomba demografica

lunedì 31 ottobre 2022


Con l’Organizzazione dell’unità africana (Oua), nel 1963, trentadue Stati africani decisero di coordinarsi meglio, al fine di promuovere l’unità e la solidarietà tra i Paesi del Continente, consolidare la cooperazione e salvaguardarne l’integrità territoriale. Tra l’Oua e l’Unione europea, sin da subito, sono stati attivati molti progetti e diverse attività di cooperazione per il Corno d’Africa, il Golfo di Guinea e il Sahel. Nonostante questo, a causa principalmente di differenziazioni identitarie tra le stesse popolazioni, che persistono in particolare nel Sahel, ben poco è stato fatto ai fini “unitari”.

Nel 2012, per esempio, nel nord del Mali scoppiò una rivolta guidata dal movimento armato dei Tuareg. A dieci anni di distanza, l’instabilità politica e di sicurezza ha coinvolto quasi l’intero Sahel. La regione di confine tra Mali, Burkina Faso e Niger è diventata il nuovo epicentro dell’insicurezza. Da allora, un’ondata di mutabilità si è sviluppata in una vasta area dalla Mauritania al Ciad, minacciando anche gli Stati costieri del Golfo di Guinea. Purtroppo, le radici di tale precarietà sembrano allargarsi e radicarsi ancor più nel substrato culturale delle proprie origini, in particolare nelle zone dove i partner europei intervengono con le “forze militari” (Francia e Italia!).

Alla situazione del Sahel si va ad aggiungere la drammatica crisi tra Algeria e Marocco, aggravatasi nell’agosto del 2021 con la rottura dei rapporti tra Algeri e Rabat. L’esasperazione dei recenti contrasti tra Marocco e Algeria è sintomo di un clima di ostilità e di diffidenza reciproca (che ha caratterizzato la storia delle relazioni tra i due Paesi fin dalle rispettive indipendenze), sommariamente sintetizzabile nella contesa dei territori del Sahel (la Cabilia) di popolazione “sahrawiBerbera, da noi meglio conosciuta come “Polisario”. L’Algeria, inoltre, fornisce il 30 per cento delle esigenze energetiche di gas della Spagna. Non solo: se fino a ieri si fruiva del gasdotto Marocco-Gibilterra-Spagna-Portogallo, dal 2021 la stessa Algeria ha annunciato la chiusura sul fronte marocchino, deviando il tutto sul gasdotto “europeo” che attraverso la Tunisia, l’Italia (per nostra fortuna!) e la Francia porterà il prodotto anche in Spagna e in Portogallo.

Questo già complesso quadro geo-strategico va ad aggravarsi, indefinitamente, per il contesto socio-culturale generale dell’intero Continente africano. I grandi e gravi problemi che affliggono l’Africa (diffusissima povertà, esclusione sociale, in particolare per le donne e la delinquenza), sono solo la punta dell’iceberg del nodo principale, identificabile nell’aumento demografico! I dati degli ultimi 70 anni sono impressionanti: dai 200 milioni di popolazione degli anni Cinquanta, l’Africa è passata a più di un miliardo e 300 milioni di persone dei giorni d’oggi. L’urbanizzazione delle principali capitali nazionali ha portato a una ri-dislocazione del più del 60 per cento della popolazione. Nella sostanza, si è passati da una tradizionale Africa ancestrale a un dinamico richiamo verso il più sfrenato modernismo, con lo spostamento di masse enormi dalla “Savana” dei grandi spazi interni a megalopoli che aprono sempre più a una stratificazione sociale più povera, dove solo il vivere nel degrado più assoluto delle baraccopoli (vedi Lagos, Nigeria, con quasi 22 milioni di abitanti) è la soluzione per una convivenza sempre meno accettata a livello giovanile. A tale realtà, va aggiunta l’inesistenza di obiettivi politici futuri che quindi, quasi per disperazione, hanno portato alla cultura della “migrazione”.

L’Africa conta circa 20 milioni – pari al 7,5 per cento al livello mondiale – di flussi migratori interni, che ha causato a livello delle singole nazioni del Centro-Sud la retorica anti-migrante. In molti Stati africani, i migranti sono divenuti la “causa” principale del peggioramento dello Stato sociale. Situazione, questa, estremamente peggiorata dalla presenza del fattore “terrorismo” accreditato a diverse organizzazioni (Boko-Haram, Isis, Al-Qaeda Maghreb) generando un “mosaico di guerre fratricide” dove i jihadisti fanno da padroni! E che dire dell’Eritrea, del Sudan del Sud, dell’Uganda, della Repubblica democratica del Congo. Senza accennare alla Libia, dove basta ricordare che l’Alto commissariato per i rifugiati (Uhcnr) ha dovuto abbandonare l’area a causa dell’impossibilità al dialogo con le autorità locali.

Se questo è il presente, il futuro è da brividi! In uno studio del 10 ottobre scorso, nella regione centro-settentrionale del Sahel, per il 2050 la popolazione raggiungerà i 330 milioni, sette volte la popolazione del 2000 (50 milioni). L’Egitto raggiungerà i 190 milioni. L’Algeria passerà dagli attuali 42 a 72 milioni di abitanti (la maggior parte dei quali probabilmente si dirigerà verso l'Europa). Inoltre, più della metà della crescita prevista della popolazione mondiale sarà concentrata in soli otto Paesi: Congo, Egitto, Etiopia, India, Nigeria, Pakistan, Filippine e Tanzania. La Nigeria, da sola, avrà più abitanti dell’Europa e degli Stati Uniti. E, a guardare l’Africa subsahariana – come riporta il resoconto Ispi dell’aprile 2021 – l’Africa subsahariana conterà il 23 per cento della popolazione mondiale, con la metà della popolazione di età inferiore ai 26 anni. In confronto, la quota di popolazione globale dell’Unione europea scenderà dall’attuale 6 per cento al 4 per cento. Insomma, una situazione futuribile che lascerà ben poco spazio all’attuale politica di “prevenzione” o di mero “controllo” adottata dall’Ue.

Lo sviluppo economico del Continente africano è stato trainato, essenzialmente, dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e minerarie. I tradizionali partner per l’Unione africana sono stati Cina, Usa, Francia, Olanda e, ovviamente l’Ue. Il Parlamento europeo comunque ha instaurato, attraverso il Fondo europeo di sviluppo, il canale principale della cooperazione allo sviluppo tuttora operativo, contrapponendosi allo strapotere della cooperazione Cina-Africa (Focac). Pechino, pur essendo il primo partner commerciale e uno dei maggiori finanziatori di progetti infrastrutturali del Continente africano, ha comunque “realizzato in proprio” i progetti, gestendoli di conseguenza senza alcuna considerazione delle esigenze africane.

Il rallentamento dell’economia globale, causa Covid-19, ha però aperto nuovi scenari nei rapporti internazionali. Da parte dell’Ue, gli attuali rapporti di “buon vicinato” potrebbero essere rivisitati verso una maggiore integrazione a livello “regionale”, con minori dipendenze esterne del mercato globale.


di Fabio Ghia