Prezzo del gas: Ue e giacimenti siberiani

giovedì 20 ottobre 2022


Dopo mesi di caos e di indecisioni degne del Savoia soprannominato Re Tentenna, la Commissione europea ha impostato un meccanismo complessivo per il contenimento dei prezzi dell’energia in un arco di tre anni. Il price cap non è stato accolto: ciò è forse un bene (le critiche mosse all’Ue dall’economista Mario Baldassarri).

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato che le incertezze erano dovute alla priorità del reperimento delle riserve necessarie a superare l’inverno, mentre l’iniziativa servirà a contenere i prezzi. Il nuovo sistema funzionerà soprattutto per il gas liquido, per il quale la Commissione porrà fine al sistema Ttf, sostituito da un limite di prezzo “dinamico” per le transazioni dello stesso Ttf, in grado di agire entro un giorno sul mercato dei derivati. Le transazioni che supereranno il limite di prezzo dinamico saranno considerate nulle. Si provvederà, anche, a organizzare acquisti da parte di gruppi delle 27 nazioni europee, allo scopo di ridurre il costo all’acquisto da parte di Eni e delle sue consorelle. I tre anni di durata della policy della Commissione serviranno a rendere operativo il piano che – con l’invasione dell’Ucraina – ha dato il “la” ai rincari, ovvero la riconversione energetica RePowerEu. Il meccanismo di regolazione dei prezzi del Ttf è ancora da discutere e precisare, ma comunque dovremmo tornare a delle bollette meno deliranti.

L’economista Mario Baldassarri ha mosso da marzo una critica radicale alla formazione del prezzo del gas. La quotazione del mercato Ttf olandese è passata da fine 2021 ad agosto 2022 da 38 euro a megawattora ai 349 euro di fine agosto. Questo significa un aumento sulle bollette 900 per cento, ripagato solo in parte dai sussidi statali (ricordiamo inoltre che i ricavi di Eni vanno comunque alle casse statali, oltre che agli investitori in Borsa). In questi giorni, la quotazione è scesa sotto i 150 euro, ma al momento non è cambiato molto dal punto di vista degli utenti finali (per non parlare della benzina, uno scandalo ancora più clamoroso). Baldassarri ha sostenuto che basare il prezzo sulle quotazioni del Ttf rappresentava un colossale errore. Si dovrebbe, invece, applicare il costo medio pagato dalle aziende all’acquisto, così come queste lo dichiarano alle dogane delle diverse nazioni europee. Infatti, mentre la media del prezzo pagato dai distributori a marzo 2022 indicava un aumento del 50 per cento, il mercato Ttf cresceva fino al 900 per cento, assegnando alle aziende che operano nel mercato degli idrocarburi, dei guadagni sulle bollette assai superiore a quanto per le banche (l’interesse sopra il 17,3 per cento su un prestito di 5mila euro è considerato usura). Calcolare, invece, il costo dei consumatori finali sulla media del costo di acquisto, permetterebbe di uscire dal tunnel dei rincari speculativi, come avviene sul prezzo calcolato trimestralmente da Arera sul mercato “tutelato” Psv. Mercato tutelato che – si noti bene – dovrebbe sparire dal 31 dicembre 2022 in favore del mercatolibero” (cioè coi prezzi del Ttf per la vendita agli utenti finali, ma con costi all’acquisto enormemente inferiori). Nel caos generale e in attesa dell’avvio del piano Ue, continuano comunque le bollette “pazze”: e questa è l’unica certezza.

PERCHÉ SIAMO ARRIVATI AI RINCARI: DATI E RICCHEZZA DEL GAS SIBERIANO

La politica russa del prezzo “basso”, unita alla rete dei gasdotti siberiani, ha sbaragliato la concorrenza del Golfo Persico e ha impestato la politica europea con la corsa all’oro siberiano. Nei primi anni di sfruttamento massivo del gas siberiano, Exxon-Mobil aveva appena firmato un contratto con Rosneft. Poi il contratto fu stracciato e il Cremlino autorizzò soltanto Rosneft e Gazprom. Nel 2016, Mosca trivellava già il doppio di tutta l’Opec, senza avere il riguardo degli arabi nel mantenere a lungo le proprie riserve e così tenere i prezzi alti, ma non troppo. Putin, invece, ha abbassato i prezzi di vendita per fare all in su tutto il gas mondiale.

L’85 per cento del metano che arriva in Europa proviene dalla Penisola jamal e dal giacimento dell’Urengoy posto più a sud. In questa fascia siberiana vivono i Nenci (o Nenet), nomadi di lingua ugro-finnica che allevano renne con le quali d'inverno scendono a sud. La Penisola si trova a nord del Circolo polare artico, e in nenciano significa Fine del mondo. I Nenet non hanno mai avuto una vita facile. Gli zar prima e i soviet dopo li hanno deportati, sottoposti a collettivizzazione forzata, rapito i loro bambini e perseguitato il loro credo religioso. Il cambiamento climatico ha causato nuovi problemi: al posto della neve ora cade anche molta pioggia, creando uno strato di ghiaccio che impedisce alle renne di cibarsi, causandone la morte.

Quasi sulla punta della Yamal, a Sabetta, russi e cinesi hanno realizzato in soli 4 anni un nuovo porto sull’Artico legato all’Lng project, con 29 miliardi di investimento. Il petrolio esportato proviene in gran parte da Khanty-Mansi, nello Tyumen Oblast, a sud della penisola Yamal. È un’area estesa quanto la Francia, inquinata dagli idrocarburi, come avvenne nella Repubblica dei Komi (a ovest degli Urali) dove nel 1994 si dispersero tra fiumi e tundra non meno di 100mila tonnellate di greggio. Le perdite di greggio sono ormai “normali”. In Europa qualcuno dovrebbe ricordare all’opinione pubblica pure i disastri ecologici in Siberia oltre a quelli in Amazzonia.

Nel giacimento di Urengoy, sempre nel distretto di Tyumen Oblast, c’è il secondo giacimento di gas naturale del mondo, dopo quello di South Pars situato tra Iran e Qatar. Parliamo di riserve di oltre diecimila miliardi di metri cubi. Dal 1984 il gas è arrivato in Europa attraverso la conduttura russo-ucraina. L’area del giacimento è estesa su 500 chilometri quadrati e comprende 3mila pozzi. In tutta la Russia vi sono 48mila miliardi di metri cubi di gas.


di Paolo Della Sala