La battaglia di Melilla, i retroscena

giovedì 14 luglio 2022


In un mio articolo del primo luglio riportai i fatti accaduti nell’enclave spagnola di Melilla, in Marocco. Molti dubbi sorsero da parte di Ong, sia marocchine che spagnole, sulla dinamica dei fatti, anche a causa dei numerosi morti tra i migranti e molti feriti tra le forze di sicurezza marocchine. Ma come è stato possibile l’attacco del 24 giugno all’enclave spagnola da parte di circa duemila migranti nigeriani e sudanesi equipaggiati con armi rudimentali? E quale è stata la dinamica dell’evento? Intanto, l’attacco ai confini europei di Melilla era stato premeditato e preparato; i migranti clandestinamente presenti in Marocco erano accampati nella foresta del monte Gourougou, alla periferia della città di Beni Ensar.

Qui i migranti sopravvivono da anni in campi improvvisati, generalmente non dissimili dai contesti di provenienza, in balia della oppressione esercitata dalla polizia, condizioni con le quali convivono abitualmente. Tuttavia conducono una vita nell’attesa, ma che potremmo declinare con ozio. Secondo le testimonianze raccolte a circa due settimane dall’attacco, risulta che da circa un mese preparavano lo sfondamento dei confini di Melilla. Diffusasi la notizia, tramite smartphone, tra la moltitudine di migranti centro africani presenti in Marocco, e passata come una preparazione ad un colpo di stato in territorio europeo che avrebbe portato alla sua occupazione, i migranti provenienti da altre regioni marocchine si sono radunati nella periferia di Beni Ensar.

Saputo del progetto, le forze di sicurezza marocchine hanno avviato, il 23 giugno, un’operazione di rastrellamento nella foresta dove erano accampati, finalizzato a disperdere i migranti, ma che non ha avuto successo. Già in quella occasione scoppiarono i primi scontri, ampiamente documentati, con lo scopo di liberare l’area e parcellizzare la massa dei migranti. Così il 24 maggio, all’alba, un “plotone” di un paio di migliaia di clandestini è partito dal monte Gourougou; l’obiettivo era raggiungere Beni Ensar e il distretto di confine di Barrio Chino. Contrariamente ad azioni precedenti, questa volta il programma dei migranti non prevedeva di scavalcare le recinzioni, ma piuttosto di sfondare il posto di frontiera, quindi aprire i varchi che conducono a Melilla e all’Europa e occupare l’enclave.

La polizia marocchina inizialmente ha preso tempo, poi appena i migranti si sono avvicinati alla recinzione sono stati circondati. Nelle immagini e nei video si vede la polizia marocchina, in tenuta antisommossa, che carica alle spalle i migranti e diversi ufficiali che usano granate stordenti per rispondere al lancio di sassi. La reazione degli agenti ha fatto ritirare un cospicuo numero di migranti, ma circa settecento sono riusciti a radunarsi attorno al posto di frontiera. Anche se circondati dalla polizia hanno comunque sfondato la recinzione. Nelle immagini alcuni migranti raggiungono un posto di blocco interno alla recinzione di confine, altri scalano il cancello principale o si arrampicano attraverso un muro, sormontato da una recinzione e filo spinato. Bloccati nel cortile tra le recinzioni marocchine e spagnole, i migranti sono stati colpiti dalle forze di sicurezza marocchine da proiettili di gomma e granate sonore. Decine di loro si sono così ammassati contro le porte sbarrate, l’ultima barriera che li separava dai tornelli di accesso all’enclave spagnola. 

Per passare in Spagna le aperture sono tornelli a maglie strette, che regolano sia l’ingresso che l’uscita a singoli individui. Questo collo di bottiglia ha compresso i migranti affluiti in massa, ed è qui che si sarebbero poi verificati gli eventi che avrebbero causato molti decessi anche per soffocamento.

Risulta da fonte AmdhAssociazione marocchina per i diritti umani – che le squadre di soccorso non sono state mobilitate immediatamente, così i migranti “invasori”, sono rimasti sotto quaranta gradi di calore a terra feriti e storditi. Il fatto segna uno dei drammi migratori più letali ai confini terrestri d’Europa.

Durante la battaglia. oltre i morti nigeriani e sudanesi anche della regione del Darfur, ci sono stati quasi centoquaranta agenti feriti; ma nonostante il feroce scontro, circa centotrenta aggressori sono riusciti ad entrare a Melilla, dove sono stati sistemati nell’unico centro di accoglienza temporanea per migranti dell’enclave spagnola. Un fatto grave che mostra la pericolosità di dover gestire una aggregazione di soggetti che regolano le proprie azioni basandosi sui propri sistemi di forza. Una campana il cui non ascolto o la cui sottovalutazione potrebbe essere letale per sistemi sociali narcotizzati da principi nati in una società diversa e inutilizzabili, o comunque inopportuni, nella società attuale.


di Fabio Marco Fabbri