lunedì 30 maggio 2022
La Russia è stata per quattrocento anni una nazione fondamentale per l’Europa, parte integrante di essa, nonché una garanzia per il bilanciamento dei poteri in Europa nei momenti più delicati. Il ruolo svolto in entrambi i conflitti mondiali è un esempio eclatante della strategica funzione che la Russia ha svolto in Europa, infatti, non si può non ricordare principalmente l’intervento russo nella liberazione di Berlino dai nazisti, nel 1945. Le relazioni con la Russia da parte degli europei non dovrebbero essere compromesse sia da un punto di vista economico-commerciale e sia da un punto di vista politico-diplomatico, anche e soprattutto per evitare che la Russia vada verso la deriva orientale, stringendo ulteriormente un’alleanza con la Cina, la quale rappresenterebbe un nefasto danno per gli interessi economici e di approvvigionamento energetico e alimentare dell’Europa e dell’Occidente, oltre che un grave pericolo politico e militare.
L’Unione europea dovrebbe adoperarsi per impedire questo allontanamento della Russia e dovrebbe iniziare ad affrontare in modo non fazioso e manicheo la crisi in Ucraina, agendo con una lungimirante visione realpolitik di ampio raggio. Tutta questa melassa demagogica, con due pesi e due misure, secondo la quale la Russia rappresenta il male assoluto e la Nato invece la paladina della giustizia e della libertà non solo rappresenta una diegesi non rispettosa della storia e dei suoi antefatti, ma soprattutto rischia di essere una squallida propaganda irrimediabilmente autolesionista per gli europei e il loro benessere.
Al riguardo, potrebbe risultare utile riportare una significativa frase citata nel Vangelo, “chi è senza peccato scagli la prima pietra” e credo che tanto per la Russia, quanto per la Nato non possa esistere alcun diritto di prelazione nell’afferrare la pietra da lanciare. La classe dirigenziale politica dell’Unione europea dovrebbe tenere bene a mente queste considerazioni sopra esposte, a cominciare dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che in ogni suo intervento pubblico non smentisce se stessa, non perdendo mai l’occasione per manifestare tutta la sua miopia politica e diplomatica, evidenziando una visione guerrafondaia, anziché moderata e lungimirante, non esercitando in tal modo al meglio la funzione per cui è preposta, ossia tutelare gli interessi dell’Unione europea e dei Paesi membri.
Al di là di ogni retorica e di ogni propaganda faziosa e partigiana, stile “crociata” o “Guerra Santa”, una propaganda divenuta alquanto incisiva grazie al mainstream, affinché si possano tutelare i rapporti con la Russia e salvaguardare l’esistenza della nazione ucraina, si dovrebbe insistere sul fatto che l’Ucraina deve diventare e rimanere uno stato cuscinetto rigorosamente neutrale e non di influenza atlantica, come indirettamente e in modo occulto ha cercato di rendere la stessa Nato da prima del 2014 fino ad oggi , affinché essa si consolidi come un ponte tra la Russia e l’Occidente e quindi anche e soprattutto l’Unione europea.
La suddetta proposta di risoluzione dell’attuale conflitto in Ucraina non nasce da una considerazione cinica e spietata a danno del mondo ucraino da parte del sottoscritto, ma dalla consapevolezza che se non si attua questa realpolitik non si otterrà alcun vantaggio per nessun contendente, ma solo distruzione e carestia dai risvolti inimmaginabili per tutto il mondo. Lo stesso illuminato mentore della politica internazionale degli Stati Uniti d’America, nonché ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense ed ex segretario di stato sia per il Governo democratico che per quello repubblicano, ha recentemente confermato l’importanza di questa strategia, affermando nello specifico che: “I negoziati di pace devono iniziare entro i prossimi due mesi, prima che si creino sconvolgimenti e tensioni che non potranno essere superate facilmente. La soluzione ideale sarebbe il ritorno allo status quo ante (Henry Kissinger intende che la Crimea debba restare russa e che il Donbass insieme a Luhansk debbano rimanere sotto l’influenza della Russia). Proseguire la guerra oltre questo punto non sarebbe difendere la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la Russia”.
Kissinger si riferisce al pericolo di una guerra economica dagli sviluppi devastanti e di una guerra militare dagli sviluppi esiziali, per tutta l’umanità, dal momento che la Russia detiene una grande quantità di testate atomiche. Il fatto che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non si renda conto di questi imminenti pericoli e di questa degenerazione militare non mi meraviglia, visto che la sua posizione è cristallizzata nel voler combattere senza alcuna soluzione di continuità, salvo ottenere ciò che ormai è diventato impossibile solo pensare di raggiungere, ovvero il riappropriarsi della Crimea e il non riconoscimento dell’influenza russa nella zona del Donbass, ma che questa posizione venga avallata in modo irresponsabile e miope dalle istituzioni politiche dell’Unione europea e dalla sua classe dirigente lo trovo sconcertante.
Ciò dimostra quanto i rappresentanti delle Istituzioni europee siano o in malafede o inetti nel loro “nanismo” politico o forse sono entrambi, a riprova del fatto che una delle ragioni del fallimento dell’integrazione politica e culturale dell’Unione europea, derivi sia dall’assenza di statisti, come invece furono i padri costituenti e sia dalla dilagante diffusione di burocrati sedicenti dirigenti, che invece di esercitare le loro funzioni nell’interesse dei cittadini dell’Unione europea dimostrano di rappresentare altri interessi di occulta matrice, eseguendo come soldatini quanto viene loro imposto di compiere. Per quanto riguarda l’inettitudine della classe politica italiana credo che non ci sia bisogno di nessuna ulteriore considerazione per quanto ormai sia apodittica in ogni sua declinazione partitica, a causa della sua sconcertante omologazione, che mortifica e nega grottescamente qualsiasi differenza assiologica e di schieramento politico e parlamentare.
di Fabrizio Bonanni Saraceno