Il voto dei giovani in Francia

martedì 12 aprile 2022


Al primo turno delle presidenziali in Francia, il 42 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni non è andato a votare. Questo astensionismo non è mai stato registrato durante l’elezione del presidente della Repubblica, superato solamente durante le Regionali del 2021, dove l’87 per cento dei ragazzi non ha votato. Durante le scorse presidenziali l’astensionismo di questa fascia d’età era al 27,8 per cento, dato simile a quello del tasso globale dei non votanti di queste elezioni, ovvero il 25,2 per cento. Questo crescente disinteresse giovanile verso la politica è in parte compensato da diverse forme di associazionismo, che vedono soprattutto i ragazzi in prima linea. Sintomatico della delusione verso la politica tradizionale è il fatto che le persone tra i 18 e i 24 anni abbiano votato “agli estremi”. Se si considerassero solo le scelte di questi giovani, infatti, il ballottaggio sarebbe tra Jean-Luc Mèlenchon e Marine Le Pen, invece del duello tra Emmanuel Macron e Le Pen.

Secondo l’istituto di sondaggio Ipsos, i ragazzi hanno dato il 31 per cento delle preferenze al leader della France Insoumise, circa 9 punti in più rispetto al risultato finale del 22 per cento. In seconda posizione il 26 per cento di loro avrebbe votato per la leader del Rassemblement National mentre Macron, scelto solo dal 20 per cento dell’elettorato più giovane, sarebbe stato eliminato del secondo turno. In tale atmosfera di generale disillusione, solo un terzo della fascia di età 18-25 anni considera i partiti politici come un mezzo utile per cambiare le cose, mentre i restanti due terzi preferisce agire nella sfera dell’associazionismo.

“Più di un terzo dei giovani pensa che votare non serve a molto”, dichiara Olivier Galland, sociologo e direttore di ricerca del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique). I ragazzi sono più stimolati a intervenire in materia di res publica nel caso di democrazia diretta o partecipativa. Infatti, dal momento che hanno degli interessi da difendere, per loro il voto assumerebbe il valore di una manifestazione o di una petizione.

“Il livello di istruzione progredisce e i giovani hanno molte più chiavi per capire il mondo politico, quindi giudicare i candidati. Hanno uno sguardo più critico, motivo per cui anche cambiano più spesso idea su chi votare” continua il professor Galland. Secondo alcuni analisti, questa perdita del senso di voto sul lungo-medio termine minerà il sistema democratico in generale. Rischio questo già emerso da uno studio dell’istituto Montaigne: per il 51 per cento degli intervistati, avere un Governo democratico “non è poi così importante”.

Questo disamore verso i valori della democrazia, che sembravano ormai incastonati nel firmamento della società occidentale, trova nel caso francese il riflesso più indicativo. L’esempio perfetto dell’inadeguatezza dell’offerta politica si trova nel diffuso impegno per la tutela dell’ambiente dei giovani francesi, che non si è tradotto in un voto a sostegno di Yannick Jadot del partito Europe Ecologie Les Verts (Eelv), che ha ottenuto solo 4,6 punti percentuali.


di Edoardo Falzon