Ucraina: ex corrispondenti contro la propaganda dei media italiani

mercoledì 6 aprile 2022


Un gruppo di ex corrispondenti di grandi media (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore) ha lanciato un grido di allarme con una lettera aperta e con successive dichiarazioni sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto russo-ucraino ormai dominante nei media italiani.

“Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi” notano i firmatari.

“Basta con buoni e cattivi, in guerra. I dubbi sono preziosi”. Nella gran parte dei media italiani “viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin” affermano i firmatari, tra cui noti ex corrispondenti di guerra come Massimo Alberizzi, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Alberto Negri e Giovanni Porzio.

“Qui nessuno sostiene – sottolineano – che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: è l’unico responsabile? Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandiamo anche perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin” affermano i firmatari. Che aggiungono: “Manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”.

Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole 24 Ore dal Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani, osserva che “la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare. Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari. Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena”.

La pensa così anche Toni Capuozzo, noto volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta – dichiara al Fatto quotidiano – i talk show seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”.

Lo stesso Capuozzo nota: “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra. Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo”. Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica, la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo”.

Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa, rimarca: “Questa non è più informazione, è propaganda. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo”.

“I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”.


di Lu.Le.