Orizzonti perduti, quando mancano le forze

martedì 8 marzo 2022


Esiste un Re Artù dell’Occidente? Un sovrano, cioè, che sappia impiegare a dovere il suo Lancillotto (Nato) per vincere il braccio di ferro con i due nuovi giganti neoimperialisti di Russia e Cina? No, sfortunatamente. Altrimenti, da buon giocatore d’azzardo senza scrupoli, quando Vladimir Putin ha scoperto i suoi tre assi nel poker Teresina (schierando tre corpi di armata ai confini con l’Ucraina), avrebbe scommesso anche la camicia sui suoi tre “kappa” (sanzioni, no fly zone, accerchiamento), per vincere la partita. Alla pistola sul tavolo del russo avrebbe così opposto il suo pistolone da cowboy, concludendo contestualmente un accordo che mettesse pace nel mondo, prima che venisse sparato un solo colpo. Bastava concentrarsi sul principio più equilibrato possibile del “dare/avere”, del tipo: “Visto che io sono il principale azionista e il Pantalone che paga la maggior parte delle spese della Nato, grazie a quei tirchi degli europei senza carattere, ti firmo un bel pezzo di carta per cui ti giuro e prometto che l’Ucraina non entrerà né nella mia Nato, né nella loro Unione europea. Ricordandoti che per ben due volte ho salvato Te e Loro, altrimenti avrebbero vinto i tedeschi. Però, in cambio della neutralità di Kiev tu devi lasciare che gli ucraini entrino nel grande gioco della globalizzazione, in base a un principio nuovissimo, che è il seguente”.

“Noi, io, te e i cinesi, decidiamo che finanziamo tutti assieme lo sviluppo economico dell’Ucraina, offrendo donazioni al suo Governo e alle sue banche affinché, come ho fatto io con il Covid, siano distribuite a ogni famiglia ucraina obbligazioni legate allo sfruttamento delle materie prime agroalimentari e minerarie del loro Paese. Cosicché, un domani non ci si possa accusare di averne depredato le risorse obbligandoli a sottoscrivere con noi concessioni-capestro, come abbiano fatto nei secoli passati in Africa, in America Latina e in Medio Oriente, che hanno reso ricchi come nababbi le loro élite corrotte, i tuoi oligarchi e le mie multinazionali, per non parlare dei mandarini neocapitalisti di stato cinesi. Dopodiché, vivremo tutti più felici, ricchi e contenti”.

Questo doveva e poteva fare l’ipotetico Re Artù dell’Occidente, per evitare lo spargimento di una sola goccia di sangue! E, invece, che cosa è accaduto? Le seguenti cose, nell’ordine. la Russia ha avviato la sua “operazione speciale” (invasione sotto mentite spoglie), con centinaia di migliaia di uomini e migliaia di automezzi, da cui si ricava l’effetto-parada della famosa coda di 60 chilometri, per mettere in sicurezza i propri confini e fare peacekeeping a senso unico per separare le neo Repubbliche autonome (riconosciute solo da Mosca e dal suo fedelissimo alleato bielorusso) dall’ex madrepatria ucraina. Putin, quindi, non si potrà più fermare fino a quando non sarà lui stesso a decretare la fine delle operazioni.

A quale prezzo? La resa più o meno incondizionata dell’Ucraina e molte migliaia di perdite tra i soldati russi e stragi innumerevoli di civili. Il problema, però, è che lo “Zar” deve contestualmente garantirsi che, una volta insediato un Governo compiacente al posto di Volodymyr Zelensky vivo o morto, non si riproduca l’effetto-Afghanistan con lo stillicidio della guerriglia interna antirussa, che impegnerebbe una forza di occupazione permanente che Putin non si può permettere, e che nemmeno noi occidentali ci siamo potuti permettere in passato. Vedi Afghanistan e Iraq e i conseguenti disastri che le nostre beneamate armade hanno combinato ai tempi dell’invasione. Per non parlare poi dei milioni di vittime civili che sempre noi occidentali abbiamo causato di riflesso con i nostri sciagurati interventi in Libia, Siria e Mali, lasciando che l’Isis conquistasse più territorio di quanto facemmo noi con Desert Storm! Anche lì: a intervenire sono stati i russi, che non disdegnano l’uso diretto o indiretto, più spesso spregiudicato, della forza per rimettere ordine (putiniano) alle cose, con il fine dichiarato di riportare l’antico impero russo al suo vecchio splendore.

Questo avviene perché, nella sua logica neo-imperiale, Putin si sente alla pari con Joe Biden e Xi Jinping. Intanto, noi pavidi occidentali continuiamo a girare la testa dall’altra parte, per non vedere gli orrendi massacri che i nostri beniamini del Golfo stanno combinando in Yemen, dove la strage di bambini e di innocenti fa di gran lunga impallidire quella attuale del popolo ucraino! Tralasciando poi lo stermino ideale di popoli come quello iraniano, lasciato completamente solo contro uno dei peggiori regimi oscurantisti esistenti! Nel frattempo, occorre dire che Zelensky le ha tentate proprio tutte per tirare per i capelli la Nato nell’intervenire in Ucraina, senza stare tanto a considerare che le pistole (nucleari) sul tavolo potrebbero pure iniziare a sparare, colpendo per primo il suo territorio e pretendendo in cambio l’olocausto della sua gente. Non una grande strategia, si potrebbe dire. Anche perché, forse, se Zelensky avesse scelto l’esilio al momento dell’invasione, invitando i suoi cittadini alla resistenza passiva, avrebbe ottenuto le stesse sanzioni di oggi contro la Russia, finché Putin non avesse ritirato le sue truppe.

In compenso, al suo pressante invito a instaurare la famosa no-fly-zone noi pensiamo di rispondere da veri furbastri, progettando di trasferire a Kiev un centinaio di Sukoy-29 in dotazione alla Polonia e ad altri Paesi dell’Est aderenti alla Nato, per ridurre la soverchiante superiorità aerea della Russia e limitare il raggio d’azione dei suoi bombardieri. Così, otterremmo di sostituire i caccia obsoleti russi con aerei supertecnologici americani, facendo la felicità dell’industria degli armamenti Usa e degli stessi Paesi “donatori”, che riceverebbero praticamente gratis un favoloso upgrading dei loro sistemi di difesa/attacco. Certo, la Polonia dovrebbe poi trovare un escamotage (con finti congedi militari anticipati, sicché gli uomini possano risultare come volontari arruolatisi nella Legione straniera ucraina) per mettere a disposizione suoi piloti, a rinforzo del contingente ucraino che, però, le sono già costati carissimi per il loro addestramento al volo. Altro aspetto demenziale di questa guerra è poter pensare, solo per alimentare la solita bolla infodemica nei telegiornali e negli speciali televisivi di tutto l’Occidente, che i russi arrivino a spararsi sui piedi lanciando missili sulle principali centrali nucleari dell’Ucraina, per mettere in ginocchio Zelensky e i suoi.

Così, ci si presta al gioco di chi vorrebbe un Putin suicida, ben sapendo che la mega nube decine di volte più radioattiva di quella di Chernobyl colpirebbe per prima la Russia e, poi, tutti noi privilegiati dell’Europa occidentale. Invece, lo Zar muove l’assedio alle città impadronendosi delle principali fonti di energia (in modo da ridurle al buio e al gelo), e favorendo al massimo i cordoni umanitari che lascino passare donne, anziani e bambini nella speranza di disfarsi degli ucraini nazionalisti, per tenersi ben strette le fasce di popolazione filorussa, alle quali affidare la ricostruzione e la futura federazione con Mosca. Alla fine, poiché è impensabile una sua sconfitta sul campo, Putin potrebbe sopravvivere alla terra bruciata dell’evirazione della sua economia dal circuito finanziario e produttivo mondiale, decidendo lui solo la fine delle ostilità. Da quel punto in poi, però, la Cina lo aspetterà al varco per farne, more solito, un fedele vassallo nella strategia planetaria di conquista politica ed economica del mondo intero, così come pensata e formulata dell’imperialismo capital-comunista di Pechino. Chiudendo con la forza e a modo suo la partita, Putin obbligherà l’Occidente e l’Ucraina a cedere sulle sue richieste iniziali, in merito alla neutralità di Kiev e al riconoscimento dell’indipendenza del Donbass e di Donetsk. Nel frattempo, l’Europa è chiamata ad assorbire il contraccolpo di milioni di profughi di guerra (spendendo molti miliardi di euro per la loro doverosa accoglienza), di cui almeno la metà, per evidenti motivi politici, è destinata a non rientrare più in patria. Un altro triste capolavoro dovuto alla scomparsa di Artù!


di Maurizio Guaitoli