Il silenzio sulle “crepe” del Maghreb

lunedì 28 febbraio 2022


Intanto che il mondo è concentrato sulla crisi tra Nato e Russia, l’area del Maghreb mostra una crescita minacciosa della sua instabilità. I profili geografici di questi Stati, i cui confini generalmente sono stati tracciati segretamente nel 1916 dagli europei, al tavolino, con riga e squadra, e formalizzati dopo la dissoluzione dell’Impero ottomano (1923), hanno lasciato strascichi di frustrazioni e rivendicazioni in un contesto sociale dove l’appartenenza etnica, tribale e anche ideologica sono fortemente sentiti. Dopo la Seconda decolonizzazione africana, tra le questioni che sopravvivono in un limbo di promesse e compromessi e di difficile risoluzione, si trova quella del Sahara occidentale (1973), una ex colonia spagnola considerata dall’Onu un territorio non autonomo, che da decenni contrappone il Marocco ai separatisti del Fronte Polisario (Fronte di liberazione popolare di Saguia el Hamra e del Rio de Oro), sostenuto dall’Algeria e fino al 2011 anche da Muammar Gheddafi. Ricordo che il Fronte Polisario è un movimento politico e indipendentista fondato nel 1973 e che nel 1976 ha dato origine alla Repubblica democratica araba dei Sahrawi, che ha ottenuto il riconoscimento degli Stati membri dell’Unione africana e di alcuni Stati sudamericani. Ma, come scritto, non dall’Onu.

Il Marocco ha sovranità su oltre i due terzi della regione. Da tempo sostiene e propone un piano che darebbe autonomia a questo territorio ma sotto il suo controllo. Tuttavia il Polisario non condivide la proposta di Rabat, chiedendo la celebrazione di un ormai leggendario referendum di autodeterminazione sotto l’egida dell’Onu, già programmato nel 1991 quando fu firmato il cessate il fuoco, ma che non è stato mai realizzato. Il Fronte Polisario ha comunicato che nel mese di febbraio si sono verificati, in questo territorio conteso con il Marocco, una serie di attentati dove hanno perso la vita una dozzina di militari marocchini. Le autorità del Marocco hanno reso noto che da parte loro, generalmente, c’è la tendenza a evitare risposte che possono fomentare conflittualità anche se provocate dal Polisario, cercando comunque di sottrarsi il più possibile a favorire reazioni che possono sfociare in azioni terroristiche. Ma già a metà novembre 2020 il cessate il fuoco, che era in vigore dal 1991 nel Sahara occidentale, è stato infranto dopo il dispiegamento di truppe marocchine nell’estremo sud del territorio, operazione finalizzata ad allontanare i separatisti che stavano bloccando l’unica strada per la Mauritania, ex occupante prima del Marocco. Eppure, il Fronte Polisario sostiene che questa via di comunicazione verso la Mauritania non era stata costruita nel 1991, quindi non poteva essere compresa negli accordi di cessate il fuoco sottoscritti più di trent’anni fa.

Così il Fronte Polisario, da novembre 2020, si è dichiarato in stato di guerra per autodifesa, pubblicando quotidianamente un bollettino delle sue operazioni nel Sahara occidentale. La conseguenza dello svilupparsi delle tensioni e degli scontri sul territorio marocchino, tra militari di Rabat e i combattenti del Fronte Polisario supportati in vario modo dall’Algeria, ha indotto il Marocco a dividere lo Stato in una ulteriore area di controllo militare, al fine di dare una maggiore flessibilità e libertà d’azione al suo esercito. Lunedì 21 febbraio il sito ufficiale dell’esercito marocchino ha informato di avere creato la terza zona di controllo militare, una nuova “regione militare”, dislocata lungo il confine con l’Algeria, rendendo palese le tensioni esistenti in questa area del Maghreb.

Fino a un mese fa, il territorio marocchino era diviso in due regioni militari, nord e sud. Ora, invece, è suddiviso in tre settori con la creazione della nuova “zona orientale”, lungo il confine con l’Algeria. La Royal armed forces (Far), struttura militare marocchina che ha lo scopo di difendere l’indipendenza del Paese, l’integrità territoriale e la monarchia, nella sua ultima informativa ha comunicato che il comando della terza zona militare, dal 5 gennaio, è stato affidato al generale Mohammed Miqdad. La Far ha continuato sostenendo che la creazione della terza zona militare è stata necessaria al fine di dare “coerenza del comando, controllo e supporto alle organizzazioni militari terrestri e marittime; e di dare loro maggiore flessibilità e libertà di azione, necessarie per l’attuazione delle varie missioni”. Ad agosto, dopo mesi di attriti, Algeri ha interrotto le relazioni diplomatiche con il Marocco, accusandolo di “azioni ostili”. Ma Rabat ha giudicato questa decisone ingiustificata. Va ricordato che la posizione dell’Algeria di allontanarsi diplomaticamente dal Marocco è frutto non solo della creazione della terza zona militare nel Sahara occidentale da parte di Rabat, ma soprattutto del riavvicinamento tra Marocco e Israele, suggellato dalla visita, il 24 novembre scorso a Rabat, del ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz. Durante questo storico vertice, verificatosi un anno dopo la “normalizzazione” delle loro relazioni, è stato firmato tra i due Paesi un accordo di cooperazione in materia di sicurezza. Questo protocollo, una peculiarità nel mondo arabo, faciliterà notevolmente al Marocco l’acquisizione di tecnologie sofisticate dalla potente industria militare israeliana.

Benny Gantz ha affermato che: “Questa è una cosa molto importante, che ci consentirà di lanciare progetti congiunti e promuoverà le esportazioni israeliane”. L’accordo-quadro è stato concluso con il ministro delegato responsabile dell’Amministrazione della Difesa nazionale marocchina, Abdellatif Loudiyi. I due Paesi avevano stabilito relazioni diplomatiche all’inizio degli anni Novanta, prima che il Marocco le sospendesse a causa della rivolta palestinese, che ha generato, tra il 2000 e il 2005, la Seconda Intifada. Come vediamo, la questione del Sahara occidentale, del Fronte Polisario e il riavvicinamento del Marocco a Israele si intrecciano in un vortice di interessi e timori, che pongono una ipoteca sul gioco di forze che sostengono il vacillante muro che sorregge l’equilibrio del Maghreb. Ma, al cospetto dei fatti attuali, affoga in un silenzio e un anonimato inquietante.


di Fabio Marco Fabbri