Crisi ucraina: parla l’ex consulente di Bush e Trump

lunedì 21 febbraio 2022


Nonostante la diplomazia continui a lavorare senza sosta, nel tentativo di trovare una soluzione pacifica alla crisi ucraina e di evitare il deflagrare di un conflitto, la guerra sembra essere una possibilità sempre più concreta. Negli ultimi giorni si sono registrati attacchi e scontri tra i separatisti filo-russi e l’esercito regolare ucraino. Gli Stati Uniti non credono alla volontà di Mosca di ritirare le truppe e il presidente Joe Biden è convinto – come dichiarato nel suo ultimo discorso alla nazione americana – che il Cremlino abbia ormai deciso di invadere l’Ucraina: si tratterebbe solo di tempo e di trovare un pretesto per farlo. I russi fanno del loro meglio per alimentare questa convinzione e la diffidenza da parte occidentale.

In quella che è una situazione sempre più ingarbugliata e ad alta tensione, può essere utile ascoltare una voce assai autorevole su temi come la geopolitica, la sicurezza e la politica militare: quella di John Bolton. Settantatré anni, repubblicano di ferro, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, ex rappresentante degli Stati Uniti presso l’Onu sotto l’Amministrazione di George Walker Bush e noto, in patria e all’estero, per la sua politica estera improntata al realismo e alla “linea dura” nei riguardi dei nemici dell’Occidente.

In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex stratega della Casa Bianca esprime le sue posizioni sulla vicenda e si sbilancia nel formulare alcune ipotesi, la maggior parte delle quali ben poco ottimistiche sui futuri sviluppi della crisi. In questo momento, Vladimir Putin avrebbe un ampio ventaglio di possibilità: primo, potrebbe accettare l’iniziativa della Duma (il Parlamento russo) e annettere la regione del Donbass alla Russia; secondo, potrebbe intervenire militarmente in quella regione a sostegno delle milizie filo-russe; terzo, potrebbe annunciare l’unione con la Bielorussia o prendere altre iniziative in Georgia. Ma probabilmente sceglierà di fare a pezzi il territorio ucraino, occupando le zone russofone e a maggioranza ortodossa, vale a dire la porzione a est del fiume Dnepr, che va dal Donbass fino ai confini con la Bielorussia, fino alle coste del Mar Nero, compresa la città di Odessa. Bolton sottolinea altresì come questa crisi si sia già rivelata un affare d’oro per Putin, dati i rincari energetici che essa ha comportato e sui quali gli oligarchi suoi sostenitori stanno ampiamente lucrando.

Alla domanda sul perché Putin abbia scelto proprio questo momento per agire, Bolton suppone che il leader del Cremlino abbia fiutato la debolezza dell’Occidente: la Germania è in una fase di transizione (con la fine dell’era Angela Merkel e l’avvento di un leader, Olaf Scholz, decisamente meno forte di chi l’ha preceduto); la Francia si avvicina alle elezioni presidenziali, che saranno assai difficili per Emmanuel Macron, alle prese con un vertiginoso calo di popolarità; l’Inghilterra di Boris Johnson è piena di problemi e poco interessata alla vicende continentali; l’Italia è alle prese con le tensioni politiche interne e con la fragilità di un esecutivo che, seppur presieduto da un uomo di alto profilo, Mario Draghi, è dilaniato dalle contese tra le varie forze politiche che lo sostengono; ma, soprattutto, Putin ha visto nel ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan un segno di debolezza da parte dell’Amministrazione americana. L’obiettivo di Putin – che viene descritto dall’ex stratega della Casa Bianca come un “bravo giocatore di scacchi” – sarebbe quello di indebolire la Nato e rimettere in discussione la struttura della sicurezza in Europa e a livello globale.

Incalzato sulla linea tenuta da Joe Biden e dai leader europei, Bolton è lapidario nei suoi giudizi. L’unità dell’Occidente è solo di facciata, ma difficilmente ci sarà compattezza nel momento in cui si dovesse arrivare al punto di dover imporre sanzioni alla Russia o, addirittura, di intervenire militarmente in difesa dell’Ucraina. Biden cerca di tenere il punto, ma dovrebbe fare molto di più e cercare di giocare d’anticipo. L’Europa è drammaticamente divisa al suo interno, preda degli interessi dei singoli Stati e dei tornaconti dei vari leader. A essere più preoccupante è l’atteggiamento della Germania e della Francia, la cui linea viene definita da Bolton di “ambiguità strategica” e che, dice l’ex stratega, va nella direzione opposta a quella che dovrebbe essere una vera deterrenza. Insieme alla Francia, ha dato vita agli accordi di Minsk, che si sono rivelati controproducenti per l’Ucraina (sovranità di Kiev, ma autonomia del Donbass). Il cancelliere Olaf Scholz ha più volte garantito che l’Ucraina non aderirà alla Nato. Putin potrebbe, inoltre, fare pressioni su Macron per ottenere una ristrutturazione dell’Alleanza Atlantica. È anche per questo – dice Bolton – che fa dubitare del fatto che, quando si arriverà al dunque, l’Europa riuscirà a essere unita e a incidere in maniera significativa. Per esempio, gli Stati Uniti stanno valutando di escludere le banche russe dal circuito del dollaro, ma difficilmente gli europei sarebbero disposti a fare lo stesso con l’euro. Certo, a pesare molto sulle scelte del Vecchio Continente c’è la questione energetica, dal momento che Putin potrebbe decidere, per rappresaglia, di tagliare ulteriormente le forniture di gas e di gonfiare ancora di più i prezzi già arrivati alle stelle: ma questo non può essere il criterio per decidere il da farsi su una questione così delicata e che ha a che vedere con la sicurezza dell’intero Continente. Non stupirebbe – taglia corto Bolton – se a un certo punto gli americani decidessero di abbandonare l’Europa al suo destino e di smettere di difenderla dalle varie minacce, incluso l’espansionismo russo.

All’ultima domanda, relativa al futuro dell’Ucraina e all’opportunità per la medesima di entrare nella Nato, Bolton risponde che questo è un problema creato da Putin, perché la Nato non può accettare un Paese con un conflitto aperto sul suo territorio. Non conta la corruzione o la debolezza delle istituzioni democratiche: tutto si basa sulle considerazioni di carattere strategico. In Ucraina, quindi, si è creato un falso dilemma: se entra nella Nato può stare sicura; altrimenti è nei guai e rischia di diventare un protettorato russo. Tuttavia, non è da escludersi che possa diventare una sorta di “zona grigia”, per certi versi simile alla Finlandia che, sebbene non faccia parte dell’Alleanza Atlantica, è inevitabile come una sua eventuale invasione da parte della Russia scatenerebbe la reazione da parte degli Stati Uniti. Sarebbe bene – dice Bolton – che Putin considerasse anche questo fattore: non è necessario che l’Ucraina entri nella Nato per godere della protezione occidentale e per essere soggetta alla sua sfera d’influenza.


di Gabriele Minotti