Geopolitica e geoeconomia: quali prospettive per il 2022

giovedì 23 dicembre 2021


Storicamente tutte le principali pandemie hanno avuto effetti incisivi sulla società. La “pandemia” attribuita al Covid, che mette in discussione le istituzioni sanitarie locali e internazionali, gli equilibri economici, le logiche giuridiche, le varie forme di globalizzazione, ha caratteristiche diverse dalle precedenti. Infatti, agisce soprattutto nel segno di una redistribuzione del potere, in tutte le sue dimensioni: quello digitale, culturale, finanziario, politico, sanitario, sollevando la questione del rapporto tra indipendenza e interdipendenza delle nostre società.

Le tematiche soggette ad analisi del prossimo anno, ma verosimilmente anche di un futuro più ampio, abbracciano vari ambiti. Tra questi i più rilevanti sono legati al come uscire dal Covid, quindi come valutare il retaggio diretto della crisi sulla società, sull’economia, sui sistemi sanitari, sulla coesione politica e sui debiti innescati a causa dell’emergenza. Altra tematica di riflessione sarà sulla nuova immagine del “potere”; le azioni politiche innescate intorno al Covid hanno ribaltato anche il ruolo del “potere”. In molte nazioni, nel quadro dell’emergenza sanitaria, sono state forzate molte barriere costituzionali che frenavano le fisiologiche tendenze autoritarie di chi ha potere (che definisco semplicisticamente “sindrome da incarico”). Tema di valutazione sarà anche come sono utilizzati gli strumenti tecnologici, pure sotto l’aspetto del controllo; come sono stati impiegati gli strumenti finanziari che hanno a volte aiutato, ma spesso permesso operazioni in altri tempi impensabili; quali sono gli effetti delle azioni su una deculturizzazione strategica atta ad annichilire lo spirito critico, e far passare per “conoscenza” l’inutilità e l’isolamento. Ulteriore analisi va fatta sul ruolo che ha la guerra oggi; in questo contesto non possiamo non valutare la guerra in Armenia dell’autunno del 2020, un’offensiva militare che ha visto l’Azerbaigian, che con il supporto determinante dalla Turchia, ha riconquistato, dopo trent’anni, gran parte della sua provincia secessionista del Nagorno-Karabakh.

Questo ha dimostrato che la potenza militare può ancora produrre veri e propri risultati: guadagni territoriali, rafforzamento di un regime, successo strategico di una regione. Come, pochi mesi dopo, ma con un messaggio molto diverso, l’inglorioso ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, in questo caso il “messaggio” sottolinea i limiti della “forza”. Questi due casi estremi mostrano quanto sia difficile definire il ruolo e la funzione del potere militare nella geopolitica dei prossimi anni. Sicuramente, anche se non risolutiva né superata, la forza armata svolgerà sempre un ruolo fondamentale di impulso oltre che di regolatore nelle rivalità strategiche. Oltre a ciò, a trenta anni dalla caduta dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Urss), quali sono le prospettive geostrategiche e di stabilità del sistema politico e dell’economia nel perimetro territoriale post-sovietico?

A oggi un dato certo è il ritorno della Russia sullo scenario internazionale con il suo Governo autoritario, ma probabilmente irrinunciabile, perché legato a una percezione storica e di equilibrio socio-politico difficilmente concepibile diversamente, soprattutto a livello geostrategico. Infine, circa le prospettive cinesi, visti i progetti a lungo termine innescati, le varianti geoeconomiche non paiono al momento poter influire significativamente.

La realtà innegabile è che la politica planetaria fa ancora fatica a immaginare una uscita da quelle dinamiche nate dalla crisi sanitaria, così al disorientamento, comunque circoscritto solo ad una parte della Terra, ma nel quadro di un normale caos globale, si aggiunge quello che il filosofo Pierre Hassner (1933-2018) descrisse come il “miscuglio illeggibile del mondo”, descrivendo le caratteristiche dell’inizio dell’opaco XXI secolo. Tuttavia, la “nostra” società è oggi devastata, più che mai, da una deflagrante disuguaglianza, un fattore che sicuramente può dare origine ad uno “shock sociologico” – magari prevedibile e “legittimo” al termine della nostra “parabola sociologica” – che storicamente è stato spesso propedeutico a ribellioni o rivoluzioni.

Il sistema attuale pare chiaramente incapace di risolvere il problema; in questo quadro vediamo muoversi una guerra culturale su scala quasi planetaria che accentua il divario tra ricchi e poveri, che divide i giovani dai vecchi, le classi meno istruite da quelle colte, i mercati “da contatto” da quelli e-commerce, l’inflazione contro la deflazione, gli Lgtb contro etero, anche essi in “guerra” tra loro, la politica contro l’antipolitica, la “realtà” diffusa dai media e dai social network contro i cambiamenti reali della società, i “vaccinati” contro i non vaccinati, i lavoratori in affitto (renters), contro gli altri lavoratori, la politica energetica verde contro i combustibili fossili, i criteri di sostenibilità Environmental social and governance (Esg) contro il bisogno di fornire energia affidabile, solo per citare alcuni aspetti.

Quindi la domanda, se tale situazione possa conclamare uno shock sociologico nel 2022 o nel prossimo futuro, che causi una “rivoluzione”, magari non nei “termini” tradizionali, non è più se si verificherà, ma quando e come. Considerando che storicamente a seguito di un “collasso sociale” non ci sono mai stati né vincitori né vinti, ma si creano le basi per un rinnovamento, o “risorgimento”, basato su nuovi equilibri.


di Fabio Marco Fabbri