Il caso della moschea di Beauvais chiusa per “apologia del jihad”: parla Souad Sbai

mercoledì 15 dicembre 2021


La chiusura temporanea della Grande Moschea di Beauvais ha scatenato le reazioni indignate dell’universo musulmano. La decisione è stata assunta dal ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin in relazione alla moschea del capoluogo della regione del dipartimento dell’Oise, in Alta Francia, perché l’imam avrebbe pronunciato sermoni che incitano all’odio contro cristiani, ebrei, omosessuali ed avrebbero invocato “apologia del jihad”. Darmanin ha detto che quanto è accaduto nella moschea di Beauvais, è “inaccettabile” e inviato una notifica il 10 dicembre scorso a chi gestisce il luogo di culto islamico. “Non tremo contro coloro che attaccano profondamente il nostro modello repubblicano e la Francia”, ha dichiarato il ministro.

Come scrive Arab News, la Prefettura dell’Oise ha confermato di prendere in considerazione la decisione di chiudere la moschea per sei mesi. L’imam, invece, per il momento è stato sospeso. L’associazione dal rassicurante nome di “Espoir e Fraternité” (“Speranza e Fraternità”), che gestisce l’edificio, ha dieci giorni di tempo per presentare appello. La Francia ormai da tempo è impegnata nella lotta al separatismo islamico. Il ministero dell’Interno ha reso noto che delle 2.623 moschee e sale di preghiera sorte nel Paese, 99 erano “sospettate di separatismo” e “tutte sono state controllate negli ultimi mesi”. Ventuno sono attualmente chiuse.

Sulla vicenda si registra la presa di posizione di Souad Sbai, ex deputata, esponente della Consulta per l’Islam Italiano e dal luglio scorso responsabile del Dipartimento integrazione e rapporti con le comunità straniere presenti in Italia. “La chiusura della moschea in Francia – sostiene – sarebbe dovuta avvenire tanti anni fa, come abbiamo sempre detto per tante, tante moschee ‘fai – da – te’ in Italia. Luoghi che alimentano solo odio e terrorismo nei giovani. L’estremismo e la radicalizzazione purtroppo nascono da queste moschee che sono finanziate da anni da Paesi stranieri come Qatar e Turchia. L’unica cosa da fare è chiuderle. Non generalizzo: ci sono moschee come quella di Parigi, dove c’è un imam marocchino che è un ‘moderato’. Sono moschee dove non nascono estremisti e terroristi: bisogna seguire il loro esempio”.

Sbai ricorda che anche “dall’Italia, sono partiti terroristi che hanno compiuto attentati all’estero. Sarà veramente un problema enorme, se l’Italia non apre gli occhi e non comincia a chiudere invece alcune moschee che non sono controllate dallo Stato come dovrebbero essere, non verifica i loro finanziamenti e chi pronuncia i sermoni il venerdì. Devono essere imam che escono da una scuola teologica: non da una scuola ‘fai – da – te’ dei Fratelli Musulmani! L’Italia è una polveriera per tutte queste moschee!”.

Di un fatto, è certa Souad Sbai: “Non bisogna stare ai ricatti di questi personaggi. Bisogna ricordarsi sempre che non hanno rispetto per la sacralità della vita e per i diritti umani. Hanno un progetto e vogliono portarlo avanti, che si chiuda o non si chiuda la moschea. Perciò a questo punto meglio chiuderla e il danno sicuramente sarà minore. Anche in Italia”. L’attivista sostiene che l’Europa stia “aprendo un po’ gli occhi, però, non ha finanziato progetti antiradicalizzazione e pro deradicalizzazione. Anzi, ha pubblicizzato l’hijab, il velo cosiddetto ‘islamico’, e non ha affrontato questioni che riguardano la vera radicalizzazione e il terrorismo di matrice islamica. Io dico all’Italia: Svegliamoci, perché le moschee ‘fai – da – te’ oggi rappresentano un terrorismo dormiente, che prima o poi ci scoppierà. Per non farlo scoppiare, ripeto, bisogna controllare le moschee a rischio, in modo che le seconde generazioni non finiscano nelle loro mani. Anzi, non solo le seconde generazioni, ma anche quella italiana: i vari convertiti, che purtroppo hanno solo questo riferimento. Lo Stato italiano, il Governo italiano, invece, deve fare da sé. I riferimenti veri devono essere le scuole che abbiamo detto e moschee concordate anche con i Paesi che le finanziano come il Marocco e la Tunisia, che durante il Ramadan mandano degli imam molto ‘moderati’, che portano alla pacificazione. Invece quelli che nascono nel nostro Paese, in mano a gente che non conosce e devia (sottolineo devia!) totalmente il pensiero religioso ‘moderato’, importano sempre quello più radicale ed estremista come quello dei già citati Fratelli Musulmani. Questi hanno provato a demolire i tutti Paesi arabi con le cosiddette ‘Primavere arabe’, ma per fortuna sono state un fallimento totale. Basta vedere l’esempio della Tunisia e dell’Egitto”.

Per fortuna, in Italia c’è chi si è fermamente contrario alla radicalizzazione. “E sono anche tanti, ma non hanno voce. Ci sono moschee che sono portatrici veramente di religione e di cultura religiosa in cui si riconoscono i veri musulmani ‘moderati’; ma questi pensatori vengono purtroppo trascurati. I loro messaggi, i loro articoli, non vengono evidenziati dai giornali italiani e nemmeno da quelli europei. In Francia abbiamo tanti pensatori che veramente conducono battaglie contro l’islam radicale. Sono tantissimi e vengono dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Egitto e ci dicono: ‘Svegliatevi, fate qualcosa, perché non è accettabile avere delle ‘moschee fai-da-te’. Il Marocco non ammetterebbe mai una moschea o un imam senza controllo. Tutti gli imam passano per le scuole teologiche. Come mai in Italia non succede? Come mai si aspettano, com’è successo in Francia, attentati per poi decidere una chiusura? Bisogna chiudere un certo tipo di moschee prima che nascano o appena nate. Non solo vanno controllati soprattutto i garage, i negozi che finanziano questi personaggi, ma vanno anche chiusi, perché in realtà sono anni che si fanno dei controlli. Ci vogliono delle moschee regolari per la preghiera, magari tenute d’occhio dal ministero dell’Interno. Con tanto di permessi, certificati e diploma per chi predica”.

Souad Sbai auspica che la decisione della chiusura non sia un mezzo di propaganda elettorale del ministero dell’Interno francese. “Mi auguro – conclude – che dopo l’uccisione del professor Paty, ci sia in ogni caso una tensione maggiore. Non bisogna aspettare le campagne elettorali per reagire ed agire contro un male che è contro tutti, non solo contro la Francia. Certo, lo è più contro la Francia, perché ha sempre chiuso un occhio verso un multiculturalismo non regolare. Però bisogna reagire ovunque, come sta facendo d’altronde qualche Paese arabo. Se lo fanno loro che li conoscono, perché non farlo anche in Europa e in particolare in Italia?”.


di Redazione