Etiopia: venti di guerra su Addis Abeba

lunedì 29 novembre 2021


Le difficoltà politiche e sociali del governo di Addis Abeba stanno dirigendosi verso un punto di difficile ritorno. Le forze del Tigray, strutturate attorno al partito del Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray (Tplf) che ha governato dal 1991 al 2019, sono da un anno in guerra contro l’attuale governo guidato da Abiy Ahmed. In queste ore le milizie del Tigray sono giunte a meno di duecento chilometri dalla capitale. Mentre molti governi stanno esortando i propri cittadini a lasciare il Paese, le forze governative stanno ammassando le loro truppe sul fronte nord di Addis Abeba.

Risulta che tra domenica e lunedì 22 novembre, le milizie del Tigrayan Defence Forces (Tdf), hanno occupato Debre Sina, un piccolo insediamento ai piedi di un’imponente catena montuosa. La notizia, confermata da fonti ufficiali martedì 23, ha fatto per la prima volta soffiare i venti di guerra su Addis Abeba. Debre Sina, situata a circa 180 chilometri a nord della capitale, era da tempo monitorata dagli osservatori come ultima “tappa” da conquistare prima di attaccare Addis Abeba, in quanto l’estrema linea di difesa delle forze federali che proteggono la capitale, è istallata proprio nelle vicinanze del sito conquistato. Sfondata questa linea la strada per Addis Abeba è agevole.

Le Tigrayan Defence Forces da Debre Sina si sono mosse verso quello che oggi viene chiamato il “tunnel degli italiani” ex “Galleria Mussolini”, che porta al passo Termaber. Intanto le Forze di difesa nazionale etiopi (Fdne), da giorni hanno posizionato le avanguardie di difesa dall’altra parte del “tunnel degli italiani”, a circa 3.000 metri di altitudine. La Galleria Mussolini dà accesso all’altopiano che conduce alla periferia della capitale. Su questo crinale da martedì si stanno svolgendo i combattimenti tra le Forze di difesa nazionale etiopi e le milizie delle Tdf giunte quasi al “Passo”.

Indubbiamente le strategie dell’esercito del Tigray sono ben pianificate; infatti oltre che aggiungere rinforzi, qualche decina di migliaia di uomini provenienti dalla regione di Dessie, da circa una settimana stanno manovrando da ovest ulteriori truppe verso il Passo Termaber. La manovra non lascia dubbi sulle intenzioni di accerchiare e travolgere questa barriera di difesa governativa.

Nelle scorse settimane le Tigrayan Defence Forces hanno ingannato la difesa etiope annunciando un grande attacco sull’altro fronte, quello situato nella regione dell’Afar, ad est. Il falso obiettivo annunciato era quello di occupare la città di Mille, posizionata sull’asse di approvvigionamento che va dal porto di Gibuti ad Addis Abeba. Lì, i ribelli Tigrini hanno adottato un diversivo che comunque ha distratto le forze lealiste dal vero obiettivo che era Debre Sina, in quel contesto hanno anche raccolto dei successi sul campo sconfiggendo le truppe governative.

Inoltre le Forze del Tigray, alleate con l’Esercito di liberazione dell’Oromo (Alo), stanno rosicchiando terreno alle forze governative proprio nella regione dell’Oromia che comprende Addis Abeba. Non sono ancora alle porte della capitale, ma da alcune informazioni pare che siano non più lontane di quaranta chilometri.

Già lunedì il capo del governo Abiy Ahmed, aveva annunciato la sua intenzione di andare personalmente in prima linea. Infatti secondo Fana Broadcasting Corporate (Fbc), la più popolare emittente etiope, mercoledì 24 novembre Ahmed ha guidato le truppe sul campo di battaglia in una controffensiva contro i combattenti della regione del Tigray, delegando il vice primo ministro, Demeke Mekonnen, a gestire la situazione ad Addis Abeba. Tra coloro che si sono impegnati a combattere c’è il maratoneta medaglia olimpica Feyisa Lilesa e Haile Gebreselassie, due volte campione olimpico nel 1996 e nel 2000, che hanno affermato che combatteranno “fino alla morte” e che l’avanzata dei ribelli sta rappresentando una grande opportunità per unire il Paese.

Tuttavia il governo continua a sostenere che le notizie sull’avanzata dell’Fronte popolare di liberazione del Tigray sono esagerate, denunciando che la copertura mediatica è sensazionalistica e le raccomandazioni sulla sicurezza delle ambasciate ritenute allarmistiche. Su questa linea di difesa mediatica alcune ore fa il Governo ha emanato un decreto che vieta di indossare l’uniforme al di fuori del servizio attivo, destinata a contrastare gli abusi di alcuni soldati e gruppi di autodifesa; vieta a chiunque di fornire, al di fuori dell’ambito della comunicazione ufficiale, informazioni su movimenti militari e gli esiti delle battaglie, rivolta chiaramente ai media, giornalisti o esperti militari; inoltre impone alle forze di sicurezza di agire contro coloro che cercano di istituire un governo di transizione o un altro governo illegittimo in violazione dell’ordine costituzionale, rivolto al Congresso federalista oromo degli oppositori incarcerati Bekele Gerba e Jawar Mohammed, che giovedì avevano chiesto la formazione di un governo ad interim per uscire dalla crisi.

Infine, il decreto avverte coloro che, coperti dalla libertà di espressione, sostengono direttamente o indirettamente un gruppo terroristico, vale a dire i capi politici del Tigray. Il segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un “appello urgente” per un cessate il fuoco immediato e incondizionato. Inoltre mercoledì sera ha affermato che: “non esiste una soluzione militare al conflitto in Etiopia”. Sempre mercoledì le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione dopo le notizie di imponenti spostamenti di popolazione nel Tigray occidentale, dove Washington ha già denunciato molti casi di pulizia etnica. Si ritiene che questi movimenti di massa provengano da un’area al confine con il Sudan e l’Eritrea, secondo quanto riferito dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Le autorità di zona del Tigray hanno segnalato l’arrivo di migliaia di sfollati, tra dieci e ventimila ma queste cifre non sono confermate. Il Corno d’Africa brucia, come buona parte del continente, la mega diga etiope del Rinascimento (Gerd) ha una strategicità fatale per la Regione ed è un attrattore di conflitti; ma quale ruolo hanno le “organizzazioni internazionali” nello spegnere o soffocare questi incendi?


di Fabio Marco Fabbri