La presa talebana di Kabul e la caduta democratica dell’Italia

lunedì 23 agosto 2021


Nell’afosa e lenta estate italiana, ossessionata dallo pseudo dibattito sul “green pass” e relativa vaccinazione, irrompe prepotente la notizia della riscossa dei Talebani che concludono la loro decennale riconquista del paese con la presa della capitale. Kabul è conquistata nel giro di poche ore, obbligando l’ambasciatore americano e l’intera popolazione civile alla fuga: il primo con l’elicottero in dotazione, gli altri con mezzi di fortuna improvvisati.

Sembra un’inquietante riedizione della guerra del Vietnam e del suo tragico epilogo, cui seguirono mesi di vendette e punizioni inferte dai Vietcong ai connazionali, civili e militari, collaborazionisti degli americani. È da attendersi una scia di violenza analoga, forse maggiore: diverso credo, ma medesimo fanatismo annientatore.

Pur nella loro crudezza, i fatti e le immagini che ci arrivano da Kabul non sembrano riguardare il nostro presente, le ferie agostane che si avviano al termine e la quotidianità da provinciale che attende l’Italia in autunno. Ed invece, ne saremo coinvolti e travolti; di certo con conseguenze molto più profonde rispetto ad altri paesi europei. L’Italia è infatti connotata – connessione di cui si parla assai poco – per essere il paese con il debito pubblico più grande d’Europa e quello con il tasso di influenza della criminalità organizzata più elevato del mondo, ossia dove il peso decisionale di tali soggetti sia in forma diretta che surrettizia sulle scelte ed azioni della vita pubblica ed economica del Paese è maggiore. E in un’economia del debito dove cioè la produzione nazionale non riesce ad eguagliare la domanda di moneta, la liquidità è la risorsa scarsa per eccellenza e quella disponibile viene indirizzata verso canali privilegiati. Fra questi vi sono verosimilmente i traffici illeciti di armi e, soprattutto, di stupefacenti.

L’Afghanistan è ormai da decenni, proprio da quando i Talebani andarono al potere sul finire del secolo passato, il primo produttore al mondo di eroina e poi di cocaina. La guerriglia talebana è potuta sopravvivere all’attacco dell’Occidente proprio attraverso la vendita di stupefacenti, che poi è stata intensificata per potersi rifornire di armi, generosamente propinate da Russia e Cina. Con il progressivo abbandono del territorio da parte delle forze occidentali i talebani hanno, quasi con spinta inerziale, riconquistato il “proprio” spazio, consolidando ogni nuova conquista innanzitutto attraverso la coltivazione dei campi d’oppio, imponendola al mal capitato contadino.

Per l’Occidente la perdita dell’Afganistan è un colpo durissimo, che potrà cambiare il corso di molte vicende politiche internazionali dei prossimi anni e decenni. Per cominciare Stati Uniti ed Europa, piagati come sono dal Covid, non progettano neanche lontanamente di rimbarcarsi in una crociata di liberazione, visto peraltro che la prima è così clamorosamente fallita: è fallita nel suo obiettivo primario, perché se anche Bin Laden è stato ucciso – sebbene nessuno di noi comuni mortali l’abbia potuto appurare – i talebani sono tornati più forti e potenti di prima; è fallita una seconda volta perché i campi di eroina non furono distrutti allora, al tempo della prima invasione, formalmente per non incrinare il già delicato rapporto con la popolazione autoctona delle campagne e, ben più difficilmente, potranno esserlo adesso che foraggiano i mercati del mondo intero. È fallita una terza volta perché i miliardi spesi dalla compagine occidentale non solo non sono tornati indietro in qualche forma, ma neppure hanno procurato beneficio a terzi: sono decine e decine di miliardi andati letteralmente in fumo, nel fumo della guerra e in quello dell’erba! E ben potevano essere utilizzati per altri impieghi più pacifici e proficui.

Politicamente quindi l’Afghanistan è stato il peggior disastro di politica estera delle ultime presidenze americane, del pari di quello del Vietnam. Non solo, ma costituisce un precedente enorme per tutte le forze estremiste che si rifanno all’Islam: per quanto si voglia rigirare la frittata, i Talebani hanno vinto ed il paese è in mano loro; pertanto il metodo da essi seguito, risulta vincente e va seguito. E di certo i Talebani, dopo un primo periodo di assestamento, cercheranno di esportare il loro modello in zone “feconde”, costituendosi nuove conflittualità.

Una simile escalation comporterà il potenziamento delle coltivazioni dei campi di oppio e di converso il loro commercio verso i paesi ricchi dell’Occidente. E l’Italia è un capolinea predestinato di tali traffici, che la criminalità organizzata già gestisce assai proficuamente e che vorrà implementare. Più ancora delle armi, il denaro nella nostra economia malata gli consente di avere potere, rendite di posizioni e controllo sulla vita pubblica: quando la mafia non spara, vuol dire che ha comprato o sta comprando. Dispongono già di risorse finanziarie ingenti e possono permettersi di acquisire qualunque proprietà, di condizionare il voto elettorale, pressionare le decisioni politiche nazionali. Ed il Covid facilità ed amplifica tali meccanismi, perché le aziende sono sul lastrico, per cui si comprano per un tozzo di pane, e gli stupefacenti si diffondono come faville negli incendi ventosi presso una cittadinanza ridotta allo stremo dalla disoccupazione e dalla pandemia.

Un simile scenario fa dell’Italia il naturale “complemento ad uno” dell’Afghanistan, ossia saremo integrativi al regime talebano perché la criminalità organizzata nostrana sarà quella, per il potere già acquisito, che meglio potrà interfacciarsi con loro per piazzare stupefacenti in tutto l’Occidente. Se effettivamente così sarà e “Cosa Nostra” diverrà il “distributore” degli oppiacei talebani nel mondo, si doterà di risorse finanziarie illimitate che le permetteranno di vincere lo Stato italiano già incancrenito dall’economia del debito, e lo farà senza neanche dover scatenare un’azione militare, come fu all’inizio degli anni ’90, ma semplicemente utilizzando il denaro dei traffici illeciti nei canali convenzionali, ad esempio mediante istituti di credito e costituzione di Fondi internazionali. Quando il suo danaro sarà in percentuale sufficiente, cioè in quota maggioritaria, l’economia italiana sarà integralmente sotto il suo controllo ed un diverso stato talebano sarà in Occidente.

 


di Pierpaolo Signorelli