Cipro: il quartiere fantasma di Varosia che riaccende la tensione

mercoledì 21 luglio 2021


Sale la tensione a Cipro: ieri, in occasione delle celebrazioni per il quarantasettesimo anniversario dell’intervento militare turco sull’isola, il presidente Recep Tayyip Erdogan, in concerto con l’Amministrazione turco-cipriota, ha annunciato la parziale riapertura del quartiere di Varosia, sobborgo di Famagosta abbandonato dai residenti greco-ciprioti nel 1974 e, fino ad ora, designato come zona militare sotto il controllo dei soldati di Ankara. Una mossa inaspettata, visto che Varosia è sempre stata vista come possibile merce di scambio tra le autorità turche e quelle cipriote, nell’ambito delle trattative sulla riunificazione dell’isola o la soluzione dei due Stati.

Il presidente dell’autoproclamata Repubblica turca di Cipro del Nord, Ersin Tatar, ha spiegato che sarà smilitarizzato solo il 3,5 per cento del quartiere, che andrà così ad acquisire lo status civile e sarà aperto alla “colonizzazione” da parte dei turco-ciprioti. Già lo scorso ottobre Tatar ed Erdogan avevano riaperto la spiaggia di Varosia per un giorno, accogliendo 2mila turco-ciprioti in quella che un tempo era una rinomata località turistica amministrata da greci-ciprioti.

Tatar ha anche affermato che gli ex-proprietari greco-ciprioti potranno fare domanda per il rientro nella loro proprietà, anche se l’area sarà amministrata dalla Repubblica turca. Una situazione sicuramente mal digerita dagli ex-residenti di Varosia, che già durante la riapertura di ottobre avevano fatto sentire la loro voce con manifestazioni presso la buffer zone (zona cuscinetto) Onu tra i due Stati.

La risposta delle autorità legittime di Cipro non si è fatta attendere: Nicosia ha duramente criticato questa decisione, sottolineando come essa violi apertamente la risoluzione 789 (25 novembre 1992) del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che incluse Varosia nella zona-cuscinetto sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il ministro degli Esteri cipriota, Nikos Christodoulides, ha avuto ieri pomeriggio un confronto sulla questione con gli ambasciatori dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e con gli ambasciatori dei Paesi Ue. Il portavoce del Governo cipriota, Marios Pelekanos, ha affermato che il ministro verrà debitamente istruito per presentare la questione direttamente al Consiglio di Sicurezza, il che suggerisce futuri incontri tra i vari rappresentanti direttamente all’Onu.

Il presidente cipriota, Nikos Anastasiadis, ha definito la mossa dei turchi, che mina lo status quo di Famagosta, “illegale e inaccettabile… voglio mandare il forte messaggio al signor Erdogan e ai suoi delegati locali – ha continuato il leader cipriota – che le azioni e richieste della Turchia non saranno mai accettate”. La Grecia, storica alleata di Cipro, ha espresso una condanna senza mezzi termini, mentre le autorità del Regno Unito, che controlla alcune zone dell’isola, hanno affermato che la questione sarà urgentemente dibattuta con gli altri membri del Consiglio di Sicurezza.

La decisione unilaterale del sultano e del suo presidente fantoccio ha ulteriormente allontanato la prospettiva di una riunificazione dell’isola e rischia di far risalire la tensione anche fra Grecia e Turchia, dopo mesi di sforzi diplomatici per distendere i rapporti tra i due Paesi. Il ministro degli Esteri di Atene, in una nota, ha affermato che la Turchia “deve cessare immediatamente i suoi comportamenti provocatori e senza fondamento giuridico”, aggiungendo che il suo Paese continuerà a lavorare per una soluzione della questione di Cipro basata su una federazione di due comunità.

“I negoziati sulla questione cipriota potranno essere condotti solo da due Stati” ha rimarcato Erdogan durante la sua visita, definendo inoltre la riapertura di Varosia come l’inizio di una nuova era. Parole che potrebbero suonare minacciose, come del resto lo è aver additato il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, come un nemico dei turco-ciprioti e l’affermare che le autorità turche non sono interessate alle opinioni della Comunità internazionale sulla questione.

“Faremo quello che dobbiamo fare” ha concluso il sultano. Che questa sia solo la prima di una serie di mosse mirate ad erodere la buffer zone Onu sull’isola? Possibile, vista l’apparente volontà di Erdogan di fare del Mediterraneo orientale un lago turco e l’incapacità della Comunità internazionale di fermarlo. Restiamo in attesa di una risposta ufficiale del Consiglio di Sicurezza, anche se sarebbe poco realistico pensare ad un ritorno del sultano sui propri passi.


di Filippo Jacopo Carpani