Colpo ad Hong Kong alla libertà di stampa

lunedì 28 giugno 2021


Si chiude ad Hong Kong la stagione della democrazia. Non ci saranno mai più elezioni libere come promesso nell’accordo del 2017 quando il mondo tra la terra e il mare di 7, 5 milioni di abitanti tornò ad essere integrato nella Cina popolare dalla gestione colonialista inglese.

La svolta arriva dalla chiusura del quotidiano “Apple Daily”, l’ultima voce libera di un giornale che aveva il coraggio di criticare apertamente il Governo della Repubblica popolare cinese. Nell’isola si respira ormai un’aria di paura e di terrore, con arresti e repressione politica seguita alla scelta dei 60 deputati del Consiglio legislativo (il Parlamento) e del Governatore. Anche l’indicazione dei 30 membri eletti dai cittadini è stata oggetto di pressioni e minacce da parte dei vertici di Pechino.

Le parole libertà, democrazia, suffragio universale scompaiono dopo il decantato principio “Un Paese, due sistemi”. Con i provvedimenti restrittivi (in carcere da dicembre l’editore/ fondatore Jimmy Lai, arrestato il direttore Ryan Law) a danno del quotidiano “Apple Daily” la Cina del super premier Xi Jinping non è più affidabile. Per affondare il quotidiano le autorità di Pechino sono ricorse ad un inganno: il taglio dei fondi da parte delle banche nonostante come azienda tra carta stampata, web, canale tv, rivista avesse circa 600mila abbonati e una disponibilità di cassa di 67 milioni di dollari.

Il colpo di grazia è arrivato quando al gruppo è stato comunicato dagli istituti di credito che per ordine del Governo di Pechino non era più possibile erogare fondi ad un’impresa editoriale accusata di criticare il Partito Comunista e quindi di non rispettare le norme sulla sicurezza nazionale approvate nel 2020, diventando questo lo strumento legale del regime per “silenziare ogni forma di opposizione e incarcerare tutti i dissidenti”.

Molti esponenti del “Movimento degli ombrelli” che ha tenuto sotto scacco per un lungo periodo le autorità di Hong Kong (anche con duri scontri con la polizia) sono stati costretti all’esilio. Uno dei casi più clamorosi è quello di Nathan Law che ha ottenuto l’asilo a Londra dopo essere stato tra i più votati a 23 anni del Consiglio legislativo.

La chiusura del quotidiano “Apple Daily” certifica la fine di ogni libertà di parola e di manifestazione. Molti gli episodi che hanno evidenziato un duro giro di vite nei confronti di tutte quelle libertà che vennero garantite dall’accordo sino-britannico del 2017 e che aveva impegnato la Cina a mantenere fino al 2047 le condizioni liberali nell’ex colonia britannica.

All’inizio del mese di giugno era stata proibita per il secondo anno consecutivo la veglia al Victoria Park in ricordo dei ragazzi e delle ragazze massacrati il 4 giugno 1989 dai carri armati a piazza Tienanmen. Il Victoria Park è stato presidiato da cordoni di poliziotti. La vicepresidentessa Chow Hang-Tung dell’Alleanza democratica che ha organizzato la veglia per un trentennio è stata arrestata.

Nonostante queste misure restrittive alle 20 del 4 giugno sono state esposte nelle finestre della città migliaia di candele. Smartphone accesi per sconfiggere la strategia dell’amnesia collettiva che offusca la memoria. Lumini anche nella sede del Consolato americano e il cardinale cattolico Joseph Zen ha celebrato una messa in suffragio dei caduti di quella gioventù descritta nel libro “Giovani e libertà. Tienanmen trent’anni dopo”.

Le restrizioni ad Hong Kong arrivano mentre Pechino celebra il centenario del Partito Comunista.


di Sergio Menicucci