I fili di Hamas: sguardi al passato

venerdì 21 maggio 2021


L’Islam ci guarda. E non c’è da stare allegri! Esiste, infatti, all’interno dell’Occidente e della sua cultura moderna lassista, ipocrita e pavida una sorta di “doppiopesismo” che ha cancellato con un solo tratto il Secolo dei Lumi e la rivoluzione socialista del XX secolo. Quest’ultima, a un certo punto della Storia moderna e passando attraverso l’attività politica promossa dal laicismo del Partito Baath e del kemalismo turco, è sembrata radicarsi in quel contesto come sorgente ideologica per il riscatto delle società civili mediorientali. Nello scorso secolo, infatti, a seguito della sconfitta del colonialismo, sono apparsi sullo scenario del Medio Oriente regimi arabi secolari che hanno messo in pratica la distinzione politica fondamentale tra Stato e Chiesa, con la sostanziale estromissione della Sharjah, o legge islamica, dal diritto civile e penale.

La cornice del contrasto perenne, con cui si fronteggiano da millenni Occidente e Islam, ha alla radice il conflitto per la supremazia del rispettivo Dio tra le tre grandi religioni monoteiste, ebraica, cristiana e islamica (nell’ordine cronologico di apparizione) che hanno perduto da molto tempo i luoghi privilegiati della matrice cosmopolita per la loro reciproca, pacifica convivenza civile. Tre, ma non tre. Infatti, mentre l’Islam è fratturato tra sciismo e sunnismo (con le loro correnti di pensiero fieramente contrapposte), sull’altro fronte i cristiani hanno storicamente perseguitato gli ebrei ben più di quanto abbiano fatto gli stessi islamici! Quindi, all’apparenza, i Burattinai che tirano i fili di Hamas sono almeno due: la Fratellanza musulmana e l’Islam sciita. La prima, perseguitata ovunque negli Stati autocratici secolari mediorientali, sopravvissuti alla Guerra del Golfo e all’invasione Usa del 2003, come i regimi dittatoriali di Egitto e Siria. Il secondo, sempre più attivo dal 1978, anno dell’instaurazione del regime khomeinista in Iran, è da allora in lotta aperta per la conquista della supremazia politico-religiosa contro i nemici giurati delle petro-monarchie sunnite del Golfo, con a capo l’Arabia Saudita.

Ed è così che, da più di un quarantennio, l’Iran punta a (ri)divenire una potenza regionale (possibilmente nucleare!), fondando la sua azione sul precetto khomeinista per cui “l’Islam è politico o non è nulla!”. Per di più, nella storia recente, radicali musulmani di matrice sia sciita che sunnita hanno il loro comune punto di confluenza nell’odio viscerale verso Israele. Allo stato di fatto, questa contrapposizione ha generato le così dette guerre per proxy, in cui si è evitato accuratamente lo scontro diretto con Gerusalemme e il suo fedele alleato degli Usa, non potendo vantare né l’Iran, né gli Stati arabi una supremazia aerea, né una forza di terra in grado di vincere un conflitto tradizionale contro le forze occidentali alleate. In questo contesto, guerre civili (come quelle in Libia, Siria, Libano, Yemen) e la sperimentazione in Iraq e Afghanistan di tecniche vincenti di guerriglia fondamentalista contro l’occupante americano, hanno messo a nudo l’estrema debolezza dell’Occidente, superiore tecnologicamente ma eccessivamente prudente nell’impiego dei propri soldati sui campi di battaglia, in ossequio al pacifismo di fondo, anti-imperialista e anti-interventista, che ne caratterizza le rispettive opinioni pubbliche.

All'inizio di questo secolo, l’Iran sciita ha costruito le sue inespugnabili roccaforti in Iraq, Libano, Siria e in Palestina dove è penetrato in profondità nella tormentata Striscia di Gaza appoggiando militarmente Hamas contro Israele. Una classica guerra per proxy come si vede. Del resto, è da decenni, a partire dalla conquista totalitaria del potere nel 1978, che il khomeinismo sciita si è ispirato alle innumerevoli guerre per procura, molto in voga al tempo della Guerra Fredda con l'intento dichiarato, da parte delle due Superpotenze, di evitare uno scontro armato diretto tra comunismo sovietico e capitalismo americano. Così da tempo, grazie alla pavidità dell’Occidente, anche il jihadismo sunnita sevizia interi popoli, semina guerre e fa stragi indiscriminate di popolazioni civili inermi in Africa (si veda Boko Haram in Nigeria e in Sud Sudan), Medio Oriente e Asia (Afghanistan in particolare, con Al-Qaeda e Isis). Sull’altro fronte, lo sciismo penetra militarmente in Yemen, Libano, Siria e Palestina con le sue tecnologie missilistiche, rifornendo di armi, consulenti militari e miliziani sciiti i gruppi locali della rivolta e della guerriglia amata contro i regimi al potere. In funzione delle circostanze e degli equilibri sul campo, Teheran opera direttamente o in via indiretta (attraverso reduci sciiti che hanno combattuto in Siria e in Iraq) nei principali scenari di guerra mediorientali.

Nel frattempo, fingendo di ignorare le vere responsabilità di fondo, nelle principali democrazie occidentali si assiste a manifestazioni popolari di protesta contro i governi in carica per la rivendicazione a tutto campo dei diritti delle minoranze interne, ma si volge lo sguardo da tutt’altra parte quando si tratta di denunciare e combattere con pari forza e mobilitazione di massa il profondo razzismo politico-religioso che promana dall’Islam radicale, intollerante, omofobo e misogino nelle sue componenti jihadiste e stragiste, e nei confronti di chiunque (uomini, donne e bambini), individui o comunità che non si pieghino al precetto islamico. Forse perché i suoi feroci miliziani dichiarano “voi, occidentali, amate la vita al sopra di ogni cosa mentre noi accettiamo la morte in nome di Allah”.

Facile fare a pugni con la polizia, o prendere a sprangate le forze antisommossa che garantiscono l’ordine pubblico nelle manifestazioni di protesta che avvengono all'interno delle democrazie occidentali. Difficile, anzi impossibile, dare la vita per un credo laico che si nutre esclusivamente di parole prive di sostanza, per sconfiggere un nemico mortale di cui conviene a tutti far finta di ignorare l’esistenza. Demandando la difesa di quei nostri sacri valori a piccoli Stati determinati e assediati dall’Islam come Israele che, dal punto di vista della mera sopravvivenza, non può ignorare l’immenso pericolo rappresentato dal fondamentalismo radicale islamico. Del resto, Alessandro Manzoni l’aveva detto, per voce di Don Abbondio: “Chi il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare”. Amen.


di Maurizio Guaitoli