Mafia turca: tra compromessi e vendette

mercoledì 19 maggio 2021


Le organizzazioni “mafiose”, di qualsiasi etichetta, hanno sempre avuto un ruolo influente negli equilibri politico-economici di uno Stato, e sovente hanno anche contribuito a tracciarne la Storia, spesso tragica. Come “affari di casa” rammento solo Salvatore De Crescenzo, detto Tore ‘e Criscenzio, capo della Camorra, che fu utilizzato da Giuseppe Garibaldi per “accedere” agevolmente a Napoli. Grazie all’aiuto dell’ambiguo avvocato Liborio Romano, ultimo ministro dell’Interno del Regno delle Due Sicilie, che affidò ai camorristi il ruolo di “tutori dell’ordine pubblico”, il nizzardo poté entrare a Napoli scortato dalla Camorra, e avviare il processo di “occupazione” del Regno delle due Sicilie al lontano mondo Sabaudo senza colpo ferire e con immensa gioia di molte nazioni, ma soprattutto della Gran Bretagna e temporalmente pure della Camorra.

In un “parallelismo” differenziato, ma con i ruoli della “mafia” ugualmente attivi, in questi giorni il Governo turco ha approvato una discutibile legge di amnistia che ha liberato oltre 90mila prigionieri per crimini non politici, esclusi giornalisti e dissidenti politici. Grazie a questa legge sono stati liberati i leader di alcune organizzazioni criminali come il capo mafia Alaattin Cakici, figura legata al partito di estrema destra Mhp, un alleato dell’Akp (Adalet ve Kalkınma Partisi), Partito della giustizia e dello sviluppo, di stampo islamo-conservatore, il cui leader è Recep Tayyip Erdoğan.

Ma gli scandali in casa Erdogan ormai sono all’ordine del giorno, e questo è l’ennesimo “fenomeno” di indecenza conclamata, così viene giudicata dall’opposizione, che colpisce l’Akp. Tuttavia, gli organi del partito di Governo, con sempre maggiore difficoltà riescono a tenere avvolta nella torbida oscurità degli affari politici certe “disinvolture” dell’Esecutivo. Così il mese di aprile l’opposizione turca ha accusato il governo di corruzione dopo la scomparsa di milioni di dollari dalla Banca Centrale turca; come a marzo è comparso in rete un video dove si vedeva un giovane funzionario del partito di Erdogan, Kürsat Ayvatoglu, che sniffava cocaina dentro una grossa berlina nera, in seguito ha ammesso di essere un accanito consumatore ed un trafficante, in spregio ai principi islamo-conservatori.

Ma sui social turchi, nel paradosso di una censura globalizzata e nell’arco di una continua minaccia di ritorsione per ogni “pensiero anticonformista”, giungono anche performance di mafiosi dissidenti che organizzano, fuori dai confini, trasmissioni su You Tube contro il governo di Erdogan. Così in quella che può essere chiamata “Lettera da Costantinopoli”, il boss mafioso Sedat Peker scatena tormenti sui social turchi tramite una serie di video andati in rete dalla fine di aprile fino ad oggi. Grazie alla sua “opera teatrale”, il gangster cinquantenne, seguito da più di 500mila utenti su Internet, incarcerato più volte per truffe, omicidi e crimini eseguiti con bande organizzate, ha rotto la monotonia “scoperchiando la pentola” dei suoi rapporti con i massimi rappresentanti dello Stato turco, che descrive come organici al mondo del crimine. Tra i notabili turchi presi di mira dalle rivelazioni di Paker troviamo Süleyman Soylu, attuale ministro degli Interni, Berat Albayrak, genero del presidente Erdogan, già ministro delle Finanze dal 2018 al 2020, ed anche l’ex ministro degli Interni, Mehmet Agar, in carica nel 1996.

Nel suo “sceneggiato”, il capo mafia Sedat Peker, ritorna, con tono quasi nostalgico, a quando il ministro degli Interni Süleyman Soylu lo copriva di attenzioni e rispetto e lo proteggeva fornendogli le guardie del corpo e avvertendolo quando verso di lui era stata appena aperta un’inchiesta giudiziaria, consigliandogli di “organizzarsi” in merito. Sedat Peker nel 2019 si è trasferito in Montenegro, ufficialmente per seguire un corso di studi universitario, ma in realtà dichiarando di essere fuggito dal suo Paese a causa del rischio di cadere sotto le “letali” attenzioni di Berat Albayrak, genero di Erdogan. Nel gennaio 2021, il boss mafioso è stato arrestato in Macedonia del Nord e poi trasferito in Kosovo; ha fatto poi perdere le tracce tra l’area balcanica e Dubai, probabilmente il suo ultimo punto di avvistamento. Peker, personaggio scomodo e tentacolare, ora è sicuramente lontano dal rischio di essere ricondotto in Turchia; con questo suo programma sui social sta regolando i conti con i suoi ex protettori.

Un altro colpo alla traballante credibilità di Erdogan, ed un altro personaggio che si aggiunge alla lista di coloro che vogliono “regolare i conti” con l’autocrate. Dalle esternazioni sui social del boss Sedat Peker, si può anche percepire che nutra la speranza e l’obiettivo, di collocarsi, in un prossimo futuro, come leader di una nuova opposizione, magari con ambizioni governative; nulla di particolarmente scandaloso all’orizzonte.


di Fabio Marco Fabbri