La linea blu dell’Occidente

martedì 27 aprile 2021


Nel discorso annuale sullo stato della nazione di fronte alla Duma (il Parlamento russo), Vladimir Putin ha usato toni assai duri contro le opposizioni interne che si riuniscono attorno alla figura di Alexei Navalny, ma anche contro gli avversari esterni, vale a dire contro gli Stati Uniti e l’Unione europea. In particolare, Putin ha attaccato i Paesi occidentali, invitandoli a non “oltrepassare la linea rossa” che sarà compito della Russia tracciare, minacciando in caso contrario una risposta militare “asimmetrica, rapida e dura”.

Ci sono dubbi su cosa intendesse il presidente russo per “linea rossa”: secondo alcuni l’Ucraina orientale, dove ha ammassato un sostanzioso contingente militare; secondo altri il riferimento era alle dure prese di posizione dell’Occidente contro la detenzione di Navalny, all’espulsione di diplomatici russi, alle accuse di spionaggio e alle “ingerenze” negli affari interni della Russia. Come ha rilevato il giornalista del New York Times, Andrew Kramer, si tratta del discorso di un leader sempre più sconfessato e indebolito da un’opposizione arrabbiata e disperata, che ha perso il consenso della parte più giovane della popolazione e che riesce a conservare il potere solo grazie all’apparato di sicurezza, al clima di repressione instaurato e alle relazioni con gli oligarchi dell’economia interna.

Qualunque cosa Putin intendesse, è chiaro che non c’è più spazio per le ipocrisie: la Russia non vuole il dialogo, il compromesso o la coesistenza pacifica con l’Occidente, bensì ne vuole la progressiva marginalizzazione. Chiede il suo silenzio e il suo disinteresse per continuare a fare i suoi comodi e ad accrescere il suo potere e la sua influenza, determinando così la nostra progressiva scomparsa o irrilevanza geo-politica. Se per il presidente russo esiste una “linea rossa”, l’Occidente deve, a sua volta, tracciare una “linea blu”, non meno inviolabile. Si tratta di ristabilire e rafforzare quel confine politico, morale, culturale ed economico che, anche dopo la fine della Guerra Fredda ha continuato a dividere il mondo in due blocchi contrapposti: l’Occidente liberal-democratico e le autocrazie orientali, che tali sono rimaste anche dopo il crollo dei regimi comunisti, dei quali hanno mantenuto intatta la sostanza.

La “linea blu” non è che la sfera d’influenza dei nostri valori e delle nostre istituzioni fondamentali, di quei tre pilastri che sono il riconoscimento dei diritti e delle libertà individuali, la democrazia rappresentativa e l’economia di mercato. Dobbiamo difendere quel confine e far capire ai russi (ma non solo a loro, evidentemente) che saremo implacabili contro chiunque cerchi di violarlo, con qualunque mezzo: che si tratti di spionaggio, di tentativi di manipolare le nostre elezioni o di compromettere i nostri equilibri, di renderci complici silenziosi delle violenze e del neo-imperialismo di Putin, non fa alcuna differenza. Non permetteremo alle autocrazie di prendere il sopravvento.

Dobbiamo fare tutto ciò che è necessario per impedire che ciò avvenga. Un buon inizio, in questo senso, sarebbe rinnovare e radicalizzare le sanzioni, cercando di spingere la Russia all’isolamento politico-economico (non dimentichiamo mai che l’economia russa dipende molto dalle esportazioni). Infatti, come suggerito da Leonid Volkov, capo dello staff di Alexei Navalny, se l’Occidente vuole indebolire Putin, deve anzitutto colpire gli interessi degli oligarchi. Non diremo agli altri cosa fare “in casa loro”, non ingeriremo nei loro affari interni: ci limiteremo ad esercitare il nostro diritto di non relazionarci e di non avere nulla a che fare con chi non riteniamo un interlocutore affidabile e degno di rispetto. Non violazione dell’altrui libertà, ma rivendicazione della nostra. Ma non basta: dobbiamo pensare di più alla nostra sicurezza. Per questo insisto sulla necessità di velocizzare il processo di unificazione europea e di procedere, finalmente, alla creazione di un Esercito europeo. Quel nazionalismo/sovranismo che finora ha frenato quella che avrebbe dovuto essere un’evoluzione naturale e che costantemente minaccia quell’unità che è la nostra sola speranza di conservazione come civiltà e di capacità di reazione ad eventuali aggressioni, è il miglior alleato delle forze anti-occidentali: i partiti sovranisti sono la “longa manus” della Russia in Europa, che di essi si serve per dividerci, per metterci gli uni contro gli altri e renderci così deboli e inermi.

Di conseguenza, sarebbe forse il caso di bloccare ogni tipo di finanziamento russo a queste forze politiche. Queste ultime, in passato, hanno spesso affermato la necessità di impedire ai regimi fondamentalisti islamici di finanziare la costruzione di moschee e associazioni islamiche in Europa in nome della nostra sicurezza e della nostra libertà. Bene, in nome di questi stessi valori e dinanzi ad un nemico non meno insidioso, possiamo sostenere la necessità di fare lo stesso coi soldi che la Russia eroga a queste forze per mettere in crisi i regimi liberal-democratici e per ostacolare il processo di unificazione europea. Non si tratta di imporre i nostri valori sulla base di un universalismo astratto che si traduce sempre in imperialismo: si tratta di difenderci contro chiunque cerchi di distruggerci. Permettere alle nazioni autoritarie, come la Russia, di espandersi e di “ampliare i loro confini” (non solo in senso fisico, come con la Crimea, ma anche dal punto di vista dell’influenza geo-politica e culturale, della rilevanza sullo scacchiere internazionale e nell’essere presa a modello da alcune realtà politiche dell’Occidente) equivale ad auto-annientarci, a metterci volontariamente all’angolo, a ridurre noi stessi all’insignificanza.


di Gabriele Minotti