Biden conferma il riconoscimento del genocidio degli armeni

martedì 27 aprile 2021


Già nell’ottobre del 2019, sotto la presidenza di Donald Trump, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti votò il riconoscimento del “genocidio armeno”; immediatamente Ankara convocò l’allora ambasciatore degli Usa in Turchia, David Michael Satterfield. Sabato 24 aprile Joe Biden, come da promessa fatta durante la sua campagna elettorale, ha riconosciuto il genocidio armeno. Questa posizione indica alla Turchia che il suo radicalismo e le sue posizioni antioccidentali l’hanno ormai inserita nell’elenco dei regimi con i quali la diplomazia ha dei limiti e ai quali non si risparmia più nulla. La presa di posizione di Biden, immediatamente come prassi denunciata da Ankara, rompe con decenni di controllate dichiarazioni da parte della Casa Bianca.

Ricordo che la Turchia, riguardo l’eccidio degli armeni, conclamatosi nel 1915 a Costantinopoli, da sempre si barcamena nell’anacronistico negazionismo di un fatto di enorme rilevanza sia storica che sociologica, che trova sponda solo in contesti di estremismo ed ottusità politica. Così il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, dichiarando che il massacro degli armeni, verso i quali si perpetrò una campagna di sterminio di deportazioni e massacri, coinvolgendo circa un milione e mezzo di persone, equivale ad un genocidio, fa sua una determinazione che anche se è in gran parte simbolica, interviene in un clima già teso tra Stati Uniti e Turchia. Entrambi i Paesi sono membri della Nato e la presa di posizione degli Usa incrementa quell’isolamento internazionale che Ankara, con gli atteggiamenti, sembra cerchi ma del quale si lamenta.

“Rendiamo omaggio alle vittime di Meds Yeghern, Il grande male, ha detto Biden, “in modo che gli orrori di ciò che è accaduto non vengano mai persi nella storia. E lo ricordiamo per rimanere sempre vigili contro l’influenza corrosiva dell’odio in tutte le sue forme”. Biden ha poi sottolineato il rispetto per la loro storia, e per il loro dolore, affermando che: “Non stiamo facendo questo per incolpare, ma per assicurarci che quello che è successo non accadrà mai più”. Con queste affermazioni, Joe Biden si differenzia dai suoi predecessori, la maggior parte dei quali avevano promesso, durante la loro campagna elettorale, di riconoscere il genocidio. Barack Obama stesso, una volta eletto, si rifiutò di riconoscere il genocidio armeno, senza dubbio a causa della incapacità di respingere le forti pressioni provenienti da Ankara, ma soprattutto incapace di rifiutare le numerose e composite “staffette” che pellegrinando a Washington, lo dissuadevano a prendere decisioni in tal senso.

Biden, prendendo la piena misura di questa decisione, allinea gli Stati Uniti con altre nazioni e con istituzioni internazionali che hanno riconosciuto il genocidio del 1915, determinando un fondamentale cambio di paradigma su una questione estremamente delicata. L’annuncio di Joe Biden non avrà effetto giuridico, ma potrà solo aggravare le tensioni con una Turchia che il ministro degli Esteri Usa Antony Blinken ha definito un “cosiddetto partner strategico” che però per molti aspetti non si comporta come un alleato.

La risposta di Recep Tayyip Erdogan non si è fatta attendere; il presidente turco ha denunciato “la politicizzazione da parte di terzi” del dibattito intorno a quest’epoca storica, aggiungendo, in un messaggio al patriarca armeno a Istanbul, che “nessuno deve approfittarsi del fatto che i dibattiti, che dovrebbero essere tenuti dagli storici, siano politicizzati da terzi e diventino uno strumento di ingerenza nel nostro Paese”. Il ministro degli Esteri turco ha proseguito: “La Turchia non ha lezioni da ricevere da nessuno sulla sua storia; le parole non possono cambiare o riscrivere la storia”. Il ministro degli Esteri, inoltre, ha dichiarato di aver convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti ad Ankara.

Il genocidio armeno è riconosciuto da più di venti Paesi e dalla maggior parte degli storici, ma è vigorosamente contestato dalla Turchia. Comunque, i due leader hanno deciso di incontrarsi a giugno a Bruxelles, a margine del vertice della Nato; un dialogo che probabilmente non sortirà alcun risultato alla luce dalla “visione” turca che fa del negazionismo del genocidio armeno un punto non emendabile della sua storia.


di Fabio Marco Fabbri