Ciad, l’ultimo sovrano morto in battaglia

giovedì 22 aprile 2021


Una notizia come quella del presidente del Ciad, morto in combattimento alla testa delle sue truppe, probabilmente la stampa moderna non ha mai avuto occasione di scriverla. In Inghilterra l’ultimo re a morire in battaglia fu Riccardo III al termine della guerra delle Due Rose (1485). Nell’era contemporanea non si ha ricordo di sovrani sui campi di battaglia se non si riporta indietro il tempo a San Martino e Solferino, 1859, Seconda guerra d’Indipendenza, dove si fronteggiarono Vittorio Emanuele II, Napoleone III e Francesco Giuseppe.

Il presidente Idriss Déby, 68 anni, governava il Ciad dal 1990 quando aveva preso il potere con un colpo di Stato. Militare di carriera, aveva perfezionato i suoi studi in Francia e aveva raggiunto il grado di maresciallo, corrispondente ad un generale a quattro stelle. La sua morte è giunta il giorno seguente ai risultati delle elezioni, che lo avevano confermato per la sesta volta presidente, evento non ben gradito dalle opposizioni.

Aveva raggiunto gli avamposti del suo esercito impegnato a contrastare unità del gruppo ribelle del Fact, Fronte per l’alternanza e la concordia in Ciad, creato nel 2016 da ex membri dell’esercito ciadiano contrari al governo di Déby e stabilitosi al confine con la Libia, a nord del Paese, in un’area in gran parte desertica e disabitata. È deceduto a seguito delle ferite riportate negli scontri che, secondo le fonti dell’esercito, hanno costretto il ritiro delle unità ribelli che, a seguito delle elezioni, da alcuni giorni avevano attraversato il confine con la Libia e si erano spinte a sud, fino ad arrivare ad alcune centinaia di chilometri dalla capitale N’Djamena.

Déby è morto pertanto da sovrano combattente in testa al suo esercito, anche se di epico e regale pare avesse ben poco. Governava con l’autorità necessaria a mantenere saldo per decenni un regime che nominava e controllava tutti i poteri dello Stato. Un regime che ha portato un Paese ricco di petrolio a classificarsi tra gli ultimi del pianeta in ogni indice: povertà, mortalità infantile, aspettative di vita e alfabetizzazione. Un Paese non libero ma utile a tutti e forte alleato dell’Occidente, soprattutto di Francia e Stati Uniti che lo hanno ritenuto essenziale nella lotta al terrorismo nell’area del Sahel, dove ora opera anche una missione militare italiana.

L’esercito ha comunicato che il presidente sarebbe morto “esalando il suo ultimo respiro mentre difendeva la nazione sovrana sul campo di battaglia” e che ora Governo e Parlamento sono stati sciolti. Il figlio trentasettenne del sovrano ucciso, Mahamat Idriss Déby, come da tradizione di ogni regno, pur se immaginario, ha ereditato il potere e guiderà un governo provvisorio che porterà a nuove elezioni tra 18 mesi. Certo è che l’instabilità del Ciad preoccupa non poco, per le ripercussioni che potrebbe avere in tutta l’area e in particolare nella confinante Libia, da poco avviata in un processo di pacificazione.

La comunità tradizionale è, pertanto, tutt’altro che tranquilla e l’evacuazione di alcune ambasciate, unita alla presenza dell’esercito in ogni angolo della capitale, fa supporre che la situazione non sia sotto controllo e che possa essere suscettibile di ogni sviluppo.


di Ferdinando Fedi