Immigrazione di muri e cancelli

mercoledì 21 aprile 2021


Biden metà Trump

Di che cosa è fatta la… frontiera immigrazione? “Di muri e di varchi”, asserisce Thomas Lauren Friedman (il più famoso e autorevole columnist americano) in un suo assai interessante articolo, apparso sul New York Times, dal titolo. “We need a high wall with a Big gate on the Southern border”. A tutti gli effetti, quasi un… ritorno a Donald Trump. L’analisi è, come dire, un bonario memento alla sinistra democrat di non stare sempre lì a demonizzare il muro con il Messico costruito da Donald Trump, ignorando bellamente il principio del “Big gate”, che consiste poi nella migrazione controllata dei famosi canali legali, per cui si entra in America rispettando innanzitutto le sue leggi per il controllo dell’immigrazione indesiderata e illegale.

Gli immigrati che si trovano in quest’ultima condizione debbono essere rimpatriati con tempestività e solerzia, per evitare quell’accumulo di nuova massa critica dello scontento popolare in materia (attualmente, ben il 57 per cento degli americani, secondo gli ultimi sondaggi, non approva l’approccio di Joe Biden sull’immigrazione!), destinato a fare da carburante alla destra repubblicana del Paese, favorevole alle chiusure a prescindere. Abbinare la politica del muro e del cancello, dice Friedman, serve a discriminare l’immigrazione buona da quella cattiva. Al che pare di risentire certe assonanze con la destra conservatrice italiana. “Alte mura e grandi cancelli” è la ricetta giusta, perché solo mantenendo in piedi (con umanità e fermezza) il primo è possibile tenere aperto il secondo.

Le mura servono da diga per contenere l’irresistibile spinta delle forze che stanno dietro alle ondate migratorie planetarie, compreso l’Onu, verrebbe da dire, che aveva messo a punto il Global compact for migration, in cui si prevedeva il riconoscimento e la tutela, a livello internazionale, del diritto a emigrare. Un modo scellerato per scaricare le tensioni di interi continenti ricchissimi, come Africa e America Latina, governati da personaggi che con la loro folle demagogia e politica di rapina hanno reso le loro popolazioni violente e straccione. Per fortuna nostra e dell’America, l’allora presidente Trump rifiutò di sottoscrivere la convenzione relativa che, per questo, fu messa temporaneamente da parte. Si spera che nel prossimo futuro l’argomento dell’adesione non venga ripreso dall’ultra sinistra democratica, che ha appoggiato l’elezione di Biden, come strenua misura del suo approccio politically correct e del tutto inappropriato e velleitario rispetto alle questioni del mondo reale!

L’immigrazione qualificata rappresenta oggi la risorsa più preziosa in un mondo globalizzato e iper-competitivo e, oggi, gli Stati Uniti devono contendersela con Paesi fortissimi economicamente, come la Cina. Ieri, blindati nei reciproci Blocchi della Guerra Fredda, potevamo ritenerci poveri ma (forse?) belli. Nota in proposito Friedman: “All’epoca, le due superpotenze venivano concretamente in soccorso ai Paesi loro alleati, per alleviarne la povertà, sostenerne la scolarizzazione di massa e per rafforzare l’esercito del Governo amico. Pechino era fuori dalle regole del Wto (World trade organization), e ogni Paese aveva le sue belle industrie a bassi salari. A fine XX secolo, la popolazione mondiale era ancora contenuta e il cambiamento climatico moderato. All’epoca, non esistevano i telefoni cellulari, né i social network per dialogare direttamente con i leader di turno o organizzare in remoto le manifestazioni di protesta”.

Oggi accade esattamente il contrario: “Nessuna superpotenza prenderebbe in carico le sorti di un altro Paese, sebbene amico, perché non intende sostenere il peso economico di una simile scelta. La Cina è nel Wto, sicché non è facile competere con lei sul piano dei bassi salari nelle industrie ad alta densità di manodopera. Per di più, assistiamo da qualche tempo a un’esplosione demografica, mentre le mutazioni climatiche fanno strage dei piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo i quali, quindi, non hanno altra via d’uscita se non quella di abbandonare le proprie terre e affollare all’interno città già iper-congestionate. E tutti costoro, candidati all’emigrazione a qualunque costo, possiedono uno smartphone per contattare i trafficanti di uomini ed entrare così illegalmente oltre frontiera nel ricco Nord”.

Molti Paesi scarsamente sviluppati sono sempre di più soggetti a forti tensioni e rotture sociali al loro interno, con conseguenti emigrazioni di massa per cercare di fuggire all’aumento della delinquenza e della povertà che contraddistingue lo sfarinamento delle istituzioni negli Stati di appartenenza. L’Occidente e l’America, avverte Friedman, debbono unire a una corretta e ferma politica delle frontiere (per arginare e disincentivare l’immigrazione illegale) una strategia di investimenti nelle aree più a rischio, prima che il populismo di destra anti-immigrazione rialzi la testa. Tutti noi, europei e americani, siamo chiamati alla stessa battaglia per fronteggiare una Cina sempre più nazionalista, sicura di sé e invadente, che ci sfida nella supremazia sia tecnologica che militare. Qui, i due nuovi duellanti planetari dovranno competere tra di loro per attirare il meglio della materia grigia mondiale, quella cioè che produce brevetti innovativi e know-how avanzato. “E nessun Paese ha il monopolio dei… cervelli che, per fortuna, sono equidistribuiti in tutto il mondo!”.

In passato, l’America ha vinto la competizione relativa grazie alla forza di attrazione del suo sistema universitario e agli investimenti pubblici e privati profusi nel meglio della ricerca e dello sviluppo. Sottolinea Friedman in proposito: “Per molti anni (noi americani) abbiamo tratto immensi benefici dall’essere super-riforniti di alti quozienti di intelligenza e di persone qualificate con il gusto del rischio”, cosa che, ad esempio, il Governo di Mario Draghi dovrebbe tenere bene a mente. “Ma, oggi, altri Paesi hanno copiato il modello della nostra ospitalità e noi rischiamo di perdere quel nostro singolare ed esclusivo vantaggio di ieri”.

Biden deve, quindi, ignorare le critiche che gli verranno da destra, come da sinistra e “far adottare un provvedimento di legge che simultaneamente rafforzi da un lato i controlli ai confini meridionali con il Messico e, dall’altro, preveda un percorso privilegiato per il riconoscimento della cittadinanza ai migranti illegali presenti da tempo sul nostro territorio, incrementando le quote per l’immigrazione legale”. Come dire di meglio? Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono avvertiti.


di Maurizio Guaitoli