Spagna: approvata la legge sull’eutanasia

lunedì 22 marzo 2021


Con 202 voti a favore, 141 contrari e due astenuti, la Spagna ha dato il via libera definivo – con l’approvazione del Senato – alla legge sull’eutanasia, diventando così uno dei pochi Paesi, d’Europa e del mondo, a prevedere una simile norma all’interno del suo ordinamento.

La nuova legge, fortemente voluta dal Partito Socialista del premier Pedro Sànchez, stabilisce che qualunque persona affetta da grave e incurabile patologia e in un oggettivo stato di sofferenza, che di conseguenza percepisca la sua vita come non più vivibile, può avvalersi di tale diritto e chiedere ai medici la somministrazione di un farmaco letale: si tratta della cosiddetta “eutanasia attiva”. Nello specifico, il paziente dovrà esprimere la sua volontà di morire per quattro volte, dopodiché la richiesta dovrà essere inoltrata, assieme alla documentazione medica che accerti le gravi e irreversibili condizioni di salute, ad una apposita commissione esaminatrice, dinanzi alla quale il paziente verrà poi convocato per esprimere un’ultima volta il suo assenso.

Potranno avvalersi di questa possibilità tutti i cittadini spagnoli e le persone regolarmente residenti in Spagna (probabilmente al fine di evitare i “viaggi della morte”). Per i medici sarà consentita, giustamente, l’obiezione di coscienza, ossia il rifiuto di dar seguito alle eventuali richieste dei pazienti intenzionati ad avvalersi di tale possibilità. Prima dell’approvazione di questa legge, il Codice penale spagnolo puniva con la reclusione da due a dieci anni chiunque avesse aiutato altre persone a morire, prevedendo però pene più mitigate se la persona interessata avesse sofferto di malattie gravi e incurabili. Tuttavia, anche prima dell’entrata in vigore della presente normativa, l’eutanasia in forma passiva (ossia l’interruzione di tutti i trattamenti medici atti a prolungare artificialmente la vita del paziente, al fine di causarne il decesso) era permessa dall’ordinamento di undici comunità autonome su diciassette.

Di fatto, si può dire che l’eutanasia in Spagna già esisteva. Il presidente dell’associazione pro-eutanasia “Derecho a Morir Dignamente”, Javier Velasco, ha salutato con entusiasmo la nuova normativa, la quale – a suo dire – risparmierà molte sofferenze a molte persone. Al contrario, l’Ordine dei medici e il Comitato spagnolo di Bioetica hanno criticato la legge, rifiutandosi di riconoscere l’esistenza di tale diritto. Contrarie anche le destre, dal Partito Popolare di centrodestra al movimento sovranista “Vox”, secondo i quali la legge è una sostanziale legalizzazione dell’omicidio.

Si tratta di un tema estremamente delicato – com’è ovvio – e come tale bisogna evitare qualsiasi forma di semplificazione, in un senso come nell’altro. Tutto quello che si può dire – almeno dal punto di vista politico ed evitando di addentrarsi negli intricati meandri dell’etica, la qual cosa meriterebbe una trattazione molto più lunga – è che viene sancito un principio fondamentale: lo Stato non può essere considerato padrone della vita delle persone. Al contrario, deve presidiarne la libertà e assicurare a ciascuno il rispetto delle scelte, che riguardano la sua persona e la sua vita.

Se nessuno ha il diritto di privare una persona della vita, nemmeno si può stabilire quanto a lungo essa debba protrarsi, specialmente se caratterizzata dalla sofferenza e divenuta invivibile. Facile appellarsi – il più delle volte in maniera ideologica e puramente strumentale – all’inviolabilità della vita umana: più complicato è vivere la malattia e il dolore in prima persona. Quello che questa legge legalizza (o, per meglio dire, riconosce) non è l’omicidio – come la narrazione reazionaria vorrebbe far credere – e nemmeno il suicidio, ma il principio di auto-appartenenza, e quindi l’assoluta sovranità sulla propria persona, sulla propria vita, sulle proprie scelte e sul proprio futuro. In altre parole, il principio secondo il quale solo gli individui sono padroni della loro vita e possono, dunque, disporne secondo la loro volontà. Nessuno costringerà mai un paziente che voglia continuare a vivere e che voglia proseguire le cure a morire. Ma nessuno può costringere un paziente che non voglia più essere curato e che scelga, in piena libertà, di morire, a continuare a vivere.

Nessuno ha il diritto di costringere un medico obiettore a somministrare farmaci mortali. Ma nessuno può obbligare un medico che voglia dare seguito a una richiesta del genere da parte di un paziente, a rinunciarvi, salvo non voler finire dietro le sbarre. Ancora una volta, la libertà di uno finisce per essere la libertà di tutti.


di Gabriele Minotti