Iraq: nuovi attacchi alla regione del Kurdistan

giovedì 18 febbraio 2021


La nuova formazione, di stampo “apparentemente terroristico”, di confessione sciita denominata Awliyaa Al-Dam, ovvero “Guardiani del sangue”, ha rivendicato on-line il lancio, avvenuto il 15 febbraio, di alcuni missili sulla base aerea che ospita soldati statunitensi, ubicata nella città irachena di Erbil situata nel Kurdistan iracheno ad est della città di Mosul. Un comunicato di detto gruppo sciita filo-iraniano, semisconosciuto alle “cronache terroristiche”, ha affermato di avere lanciato una ventina di razzi, ma risulta, dalle testimonianze locali, che non più di tre hanno colpito l’area di Erbil. Il portavoce della coalizione a guida Usa, il colonnello Wayne Marotto, ha riferito all’Agence France-Presse (Afp), che un missile ha colpito una base aerea dove sono stanziate le truppe statunitensi, uccidendo un dipendente civile, non specificando la sua nazionalità; inoltre, un ufficiale statunitense ha precisato che i razzi avevano un calibro da 107 millimetri e sono stati lanciati da una distanza di circa 8 chilometri a ovest di Erbil.

Sempre all’Afp, Delovan Jalal responsabile del dipartimento sanitario di Erbil, ha affermato che un soldato e almeno cinque civili sono rimasti feriti, uno dei quali è in condizioni critiche. Gli altri due razzi hanno colpito aree residenziali alla periferia della città. Questa è la prima, volta dopo quasi due mesi, che un attacco proveniente da una “organizzazione” con scopi sovversivi, colpisce installazioni militari e diplomatiche occidentali in Iraq. Dette strutture, alcune fortificate, sono prese di mira dall’autunno del 2019 da dozzine di missili. Inoltre, altri attacchi sono stati fatti con bombe fatte esplodere sulla rete stradale; la maggior parte di queste azioni sono state eseguite a Baghdad.

Il primo ministro della Regione autonoma del Kurdistan, Masrour Barzani, ha condannato il grave gesto come un tentativo di sabotare il difficile processo di pacificazione dell’area; così come il presidente iracheno Barham Salih che ha dichiarato su Twitter che l’attacco è stato “un atto terroristico criminale” e che preoccupa la pericolosa escalation degli atti violenti che mettono a rischio la già precaria sicurezza della regione. Il ministero degli Interni del Kurdistan ha detto che le forze di sicurezza sono state dispiegate intorno all’aeroporto e che è stata avviata un’indagine approfondita sulle dinamiche dei fatti, anche dal punto di vista “politico”, invitando i civili a rimanere a casa fino a nuovo avviso.

Di seguito, il neo-segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha contattato Barzani per discutere dell’incidente, assicurandogli impegno e sostegno per indagare al fine di individuare i responsabili, anche se ritengo che Blinken voglia più ricercare i mandanti e la “mente”. L’aeroporto di Erbil era già stato colpito dai missili iraniani nel gennaio 2020, pochi giorni dopo che i droni statunitensi avevano eliminato il generale iraniano Qasem Soleimani e il suo luogotenente in Iraq Abu Mahdi al-Mohandes. L’uccisione di Soleimani ha dato un duro colpo all’immagine sia dei servizi segreti iraniani, sia all’esercito di Teheran, in quanto il generale era stato un eroe che aveva sconfitto, nella sua ascesa verso il nord dell’Iraq, le milizie jihadiste sunnite dell’Isis ed era notoriamente sotto forte protezione proprio per la sua eroica e accreditata immagine conosciuta anche a livello internazionale, ma ciò non è bastato a frenare la chirurgica azione dei droni.

Altri razzi furono poi lanciati regolarmente contro l’ambasciata americana a Baghdad; la matrice di queste aggressioni missilistiche fu individuata subito nelle milizie sciite filo-iraniane, come il gruppo denominato Asaïb Ahl al-Haq (“Lega dei virtuosi”) e Kataeb Hezbollah (“Brigate Hezbollah”). Infatti, questi gruppi sciiti stanno combattendo contro la coalizione guidata dagli Stati Uniti che opera in Iraq a sostegno della lotta contro i jihadisti dell’ex Stato islamico. Nonostante il graduale ritiro delle truppe straniere che dal 2017, data della formale sconfitta dell’Isis, sono state ridotte a 3.500 soldati, di cui 2.500 statunitensi, gli attacchi missilistici continuano. Donald Trump a ottobre aveva minacciato di chiudere la sua ambasciata, se gli attacchi non si fossero fermati; dopodiché, diverse fazioni irachene filo-iraniane hanno concordato una tregua negoziata sotto l’egida del governo iracheno, diminuendo molto gli attacchi.

Il lancio dei missili, avvenuto lunedì 15, si è verificato in mezzo alle crescenti tensioni che stanno tuonando nel nord dell’Iraq, dove la vicina Turchia sta conducendo intensi combattimenti contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), definito da Ankara “terrorista”. L’attacco delle milizie sciite irachene filo-iraniane sembra sia il primo messaggio inviato da Teheran all’Amministrazione di Joe Biden. Quello che si sta verificando è l’ennesima dimostrazione del tragico fallimento del famigerato patto segreto Sykes-Picot del 1916 che ha diviso, prima sulla carta, le spoglie dell’Impero ottomano omettendo, volutamente e spregiudicatamente, di creare lo Stato del Kurdistan, unica realtà etnica, linguistica, culturale, sociologica con omogeneità indiscutibili, presente in una nota “area di frattura” tra sunniti e sciiti e con le ingordigie turche sempre in agguato.


di Fabio Marco Fabbri