Francia-Egitto: un compromesso tra etica ed interessi

lunedì 14 dicembre 2020


Nel mio precedente articolo ho scritto sulla scarsa considerazione dei diritti umani da parte del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e sulle difficoltà di convivenza, con tale visione della libertà, da parte della popolazione non appartenete alla cerchia del potere. Tale complesso rapporto del Governo egiziano con la parte della società civile più sensibile alle libertà e più audace, composta soprattutto da professionisti, intellettuali laici, sindacalisti e sostenitori dei diritti universali, si contrappone, in un bilanciamento relazionale, con i costruttivi e tolleranti rapporti internazionali che collocano l’Egitto in quella ristretta sfera di “Stati arabi affidabili”. I rapporti internazionali egiziani si sviluppano su precise e strategiche posizioni geopolitiche, dove le relazioni multilaterali sono progettate soprattutto alla luce degli interessi economici, militari, migratori, con particolare attenzione al sempre presente programma antiterroristico.

La Francia colpita spesso e recentemente dal fanatismo islamico, vedi l’assassinio di Samuel Paty, nel cuore delle proprie esemplari libertà, ha visto nelle ultime settimane il presidente francese, Emmanuel Macron, intraprendere un percorso pellegrinale in molti paesi a maggioranza musulmana, al fine di comunicare gli essenziali principi che costituiscono il quadro della libertà e della laicità. I viaggi del presidente francese lo hanno condotto attraverso l’Asia, dove ha incontrato leader musulmani ed il Medio e vicino Oriente dove con convinta dottrina, ha cercato di comunicare i perimetri di una “laicità alla francese”. I non facili incontri di Macron lo hanno visto difendere, generalmente, i diritti umani e la libertà di espressione; la maggiore performance l’ha espressa proprio incontrando il presidente egiziano al-Sisi all’Eliseo il 7 dicembre; in quel contesto ha toccato forse il tema più complesso e delicato da trattare in detti ambiti, cioè quello della superiorità dei valori umani sui valori religiosi. Tuttavia indubbiamente tra Parigi ed il Cairo sono più le convergenze che le divergenze: la medesima visione della strafottente politica turca, la critica ai colpi di mano del presidente Recep Tayyip Erdogan nel Mediterraneo orientale, la disapprovazione del cinico utilizzo turco del mercenari siriani in vari scenari di guerra, dal Caucaso, crisi armeno-azera, alla Libia, non dimenticando gli ambigui rapporti di Ankara con il mondo jihadista, per concludere con le ininterrotte infrazioni che la Turchia esercita ignorando l’embargo sulle armi che continua a fornire all’esercito di Tripoli. Da ciò si comprende quanto l’Egitto sia fondamentale per la politica esterea afro-araba della Francia; insieme ad Abu Dhabi, il Cairo è un prezioso alleato per Parigi e un cliente chiave per la sua industria militare.

Così la realpolitik si ritaglia i suoi fisiologici spazi, i suoi imperativi diktat cesellano i rapporti internazionali su piani più pragmatici che filosofico-etici. Le richieste per il rispetto dei diritti umani, trascinate dai negoziatori francesi nei colloqui di vertice con i colleghi arabi, subiscono quasi una metamorfosi difronte alle difficoltà di poter essere percepite anche parzialmente. Macron difendendo la storia e l’identità francese, difende ovviamente anche quella europea, soprattutto oggi dove la civiltà del Vecchio Continente è minacciata dall’interno. Le turbolenze intime dell’Unione europea, come i recenti “casi” ungheresi e polacchi, sono causati da una disgregazione ideologica, dovuta ad un disagio nella convivenza “comunitaria”. Inoltre molti di questi Stati tollerano sempre meno la privazione di parte della propria sovranità e ancora meno le strategie europee germanocentriche; tutto ciò contribuisce a stimolare azioni diplomatiche, per esempio con il mondo arabo e asiatico, basate prevalentemente su iniziative individuali dei singolo stati dell’Ue. Tale condizione delinea più che azioni comunitariamente condivise, azioni pseudo-anarchiche comunitarie. Tuttavia la lotta al terrorismo jihadista è ben fronteggiata dall’Egitto, come è sotto controllo anche la minaccia dei Fratelli musulmani sempre in agguato del potere; così quest’Europa che oggi immagino sarebbe rifiutata dai fondatori come Altiero Spinelli, Leo Valiani, Ernesto Rossi e Robert Schuman, tanto per citare alcuni, si trova a volere cercare, su iniziativa di un singolo Stato, di esportare valori europei e far accendere l’illuminazione dell’Illuminismo in contesti dove la “luce” ha altri colori e proviene da altra fonte.

 


di Fabio Marco Fabbri