Egitto: il compromesso sulle alleanze supera il rispetto dei diritti umani

giovedì 10 dicembre 2020


Spesso le “questioni egiziane” salgono alla ribalta delle cronache internazionali a causa dell’abitudine del presidente egiziano, Abdel Fattah Al-Sisi, di infrangere i diritti umani senza porsi troppe domande. Disquisire oggi sul fatto che in Egitto si calpestano sistematicamente questi diritti risulta quasi inutile, tanto è ormai naturale assistere a processi, mediaticamente diffusi, nei quali la rigida legge egiziana imbocca la strada dell’autoritarismo. Il percorso liberticida della “giustizia egiziana” ignora qualsiasi appello sia internazionale che delle molte associazioni, anche autoctone, che combattono per la salvaguardia dei principi minimi della Libertà di espressione. La repressione della Libertà esercitata dal Generale Al-Sisi sta raggiungendo, in questi ultimi giorni, forse la sua massima espressione nella storia dell’Egitto contemporaneo. Infatti il recente arresto di tre membri dell’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr), facente parte della Federazione internazionale per i diritti imani (Fidh), Gasser Abdel Razek e Karim Ennarah, rispettivamente direttore esecutivo e direttore della giustizia penale dell’associazione e Mohamed Basheer, direttore amministrativo, ricordando anche un altro dipendente, Patrick Zaki, che da febbraio è detenuto per “diffusione di informazioni false”, e la decisione di scrivere due difensori dei diritti umani, Alaa Abdel Fattah e Mohamed Baqer, nella lista dei terroristi, pone una pietra miliare nel piano di Al-Sisi che prevede la repressione del suo stesso popolo. La notizia dell’arresto dei membri dell’Eipr è stata diffusa a livello mondiale ed ha creato sconcerto ed indignazione; lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, l’attrice americana Scarlett Johansson, molte autorità internazionali statunitensi ed europee, non risultano quelle italiane, hanno manifestato rammarico e preoccupazione.

Il rilascio dei tre attivisti avvenuto il tre dicembre dopo tre settimane di detenzione in condizioni disumane, e dopo una forte pressione internazionale, non ha sollevato la giustizia egiziana dalle proprie responsabilità liberticide, ma nemmeno, la stessa giustizia egiziana, ha assolto i tre membri dell’Eipr dall’accusa di essersi uniti ad associazioni terroristiche e di avere utilizzato un account social network per diffondere notizie false e antigovernative. Tuttavia, il loro rilascio fa capire che anche se il presidente Al-Sisi tenta di chiudere sotto una cappa di piombo il suo popolo, una pressione internazionale convinta, coordinata, ed unanime può produrre risultati, e visto l’interlocutore, ciò non è da considerarsi poca cosa. Nella storia dell’Egitto contemporaneo non si erano mai verificati casi così frequenti e sistematici di arresti di avvocati, di giornalisti, di medici, di attivisti per i diritti umani e di sindacalisti; l’avere espresso una opinione o avere svolto la propria attività, li ha condotti nel tunnel della repressione, facendogli perdere, anche se provvisoriamente, la libertà. Ma cosa si potrebbe celare dietro questi atteggiamenti repressivi in un Egitto che risulta come uno dei paesi più stabili dell’area Nord africana? Sicuramente dietro la distruzione di un tessuto sociale necessario, si conclama uno Stato autoritario, guidato da una giunta di militari indisponibile a dialogare con i suoi cittadini; gli unici strumenti utilizzati dal regime per interagire con gli egiziani sono le sparizioni “educative”, le esecuzioni repentine ed anche le torture di prassi applicate in interrogatori “simbolici”. Va comunque detto che la lotta al terrorismo è una necessità incombente e verosimilmente è utilizzata come copertura dietro alla quale si camuffano certi regimi autoritari al fine di sottomettere il loro popolo. L’utilizzo del “terrore”, come in altri casi, vedi Covid, permette di usare strumenti anche incostituzionali per mantenere il controllo del potere.

Le Nazioni Unite hanno definito il sistema giudiziario egiziano una “parodia della giustizia”, alla luce anche della condizione femminile e al trattamento riservato alle persone Lgbt (gay, bisessuali, transgender o intersessuali), alla  corruzione dilagante e alla militarizzazione dell'economia. L’incontro di lunedì sette dicembre a Parigi tra Emmanuel Macron e Abdel Fattah Al-Sisi, ha determinato un bilanciamento delle aspettative da ambo le parti; essendo la Francia attore principale della politica estera europea verso il Nord Africa ed il Vicino Oriente, tali intese hanno assunto carattere di decisione internazionale. La questione dei diritti umani non poteva essere semplicemente trattata sotto l’aspetto della repressione della libertà, infatti nella conferenza stampa seguita all’incontro, le perplessità poste dalla natura stessa del regime egiziano, la cui stabilità è vista come una rara conquista in Medio Oriente e Nord Africa nonostante il suo pesante costo repressivo, non è stata condizionante del negoziato.

Le convergenze tra Parigi e il Cairo sulla Libia, sulla situazione nel Mediterraneo orientale e sul fronte dove la Turchia imperversa, non hanno lasciato dubbi sulle vere priorità del momento. Ad esempio alle domande poste, da alcuni giornalisti, circa la vendita di armi all'Egitto da parte della Francia e la situazione interna del Paese, Macron ha risposto dichiarando che tale questione è “inefficace in materia di diritti umani e controproducente nella lotta contro terrorismo”. Tuttavia, tale argomento non ha convinto il direttore della Difesa internazionale presso la Federazione internazionale per i diritti umani (Fidh), Antoine Madelin, che ha affermato che chiudere una società civile e vibrante crea un grave pericolo di ripresa del terrorismo ed anche una inosservanza legale, in quanto la Francia è firmataria di convenzioni internazionali che le impongono di non vendere armamenti o attrezzature di sorveglianza se c'è il rischio che vengano utilizzati per reprimere il popolo. Ma è noto, e in questo periodo ne siamo a conoscenza anche noi, che il popolo negli interessi globali ha un valore che rasenta lo zero.


di Fabio Marco Fabbri