Maduro vince, ma per Usa e Ue il voto non è credibile

martedì 8 dicembre 2020


Nicolás Maduro parla di “vittoria del popolo”, incassando un risultato elettorale che ha visto il suo partito “Grande Popolo patriottico” conquistare i due terzi dell’assemblea nazionale. Ma solo il 30 per cento dei venezuelani è andato a votare, e mentre il principale leader dell’opposizione Juan Guaidó parla di una “truffa” anche l’Occidente prende le distanze dal risultato. Con l’Unione europea che ha fatto sapere di non ritenere “credibile” l’esito delle urne che “non hanno rispettato gli standard internazionali’. E il segretario di Stato americano, Mike Pence, che si è spinto oltre: “Gli Stati Uniti continueranno a riconoscere Guaidó come presidente”, ha fatto sapere con un comunicato. “La comunità internazionale non può permettere a Maduro di rubare una seconda elezione dopo quella del 2018”, ha aggiunto Pompeo.

Da Mosca, forte sostenitrice del “chavismo”, arriva invece la benedizione con la diplomazia russa che parla di “un processo più responsabile e trasparente di quello di certi Paesi che hanno l’abitudine di presentarsi come un esempio di democrazia”. La grande protagonista della giornata è stata di certo la scarsa affluenza alle urne (31%), a cui, oltre alle preoccupazioni per la pandemia da Covid-19, hanno contribuito i ripetuti appelli al boicottaggio lanciati da Guaidó. In forte ritardo sul previsto, e a quanto pare per la mancanza di elettricità in alcuni Stati, la presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne), Indira Alfonzo, ha indicato che sulla base dello scrutinio dell’82,35 per cento dei voti espressi, il Gran Polo Patriottico ha ottenuto il 67,6 per cento. Da parte sua, l’Alleanza Democratica di opposizione (Ad, Copei, Cmc, Avanzada Progresista e El cambio), è stata votata dal 17,95% degli elettori, mentre altre forze politiche, fra cui il Partito comunista del Venezuela, si sono aggiudicate il 13 per cento.

Per Maduro si è trattato di “una grande vittoria popolare”. “Arriva – ha aggiunto – un cambiamento del ciclo, un cambiamento positivo, virtuoso, di lavoro, di ripresa economica e di superamento dell’embargo”.

Dura la reazione di Guaidó: “La dittatura si è messa in mostra. E dopo il ricatto, il sequestro dei partiti, la censura, la fabbricazione dei risultati, la diffusione del terrore, annunciano quello che avevamo detto: una truffa con il 30% (di partecipazione) di pure bugie”.

Livelli bassi di affluenza, come quelli della tornata elettorale dell’altro ieri, non sono inusuali in Venezuela e in America Latina, ma per gli analisti rappresenta un chiaro avvertimento per il “chavismo”. La palla è ora nel campo di Guaidó che dal 5 gennaio perderà il seggio in Parlamento, e dovrà legittimare diversamente la sua condizione di autoproclamato presidente ad interim. Per questo ha convocato una “Consultazione popolare”, ed una manifestazione il 12 dicembre, con cui confermare il ruolo di “unica alternativa democratica” a Maduro.


di Redazione