Jihadismo in Nigeria, uno “Stato” nello Stato

lunedì 7 dicembre 2020


Il jihadismo in Nigeria è rappresentato non solo dal gruppo Boko Haram ma anche dall’Iswap, ovvero lo Stato islamico in Africa occidentale; ambe due le fazioni controllano, con il terrore, la propria area di influenza. Secondo le Nazioni Unite il 28 novembre dozzine di civili sono stati “freddamente uccisi” da gruppi jihadisti mentre lavoravano in una risaia nei pressi del lago Ciad. L’Onu aveva subito accertato almeno l’uccisone di 110 contadini, dato rivisto poco dopo al rialzo e aumentato di alcune decine di unità. Questo ultimo attacco si è rivelato come il più efferato di quest’anno perpetrato dai gruppi jihadisti che infestano il Nord-est della Nigeria. La conta complessiva delle vittime dall’inizio delle stragi ammonta almeno 35mila con oltre due milioni di sfollati. Tramite il loro ultimo comunicato di martedì primo dicembre, il gruppo jihadista nigeriano Jamaat Ahl Al-Sunnah Lil Dawa Wal Jihad (Persone impegnate negli insegnamenti del Profeta per la propagazione e il Jihad) detto Boko Haram, gruppo associato ad Al-Qaeda e alla sua proiezione africana l’Organizzazione di Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim), oggi è guidato da Abubakar Shekau che ha rivendicato il massacro di almeno ottanta persone.

Il video pubblicato su alcuni social il primo dicembre è stato presentato come “Un nuovo messaggio, dove la fazione di Boko Haram si dichiara autrice della strage avvenuta il 28 novembre, in una risaia nei pressi del villaggio di Zabarmari, a una quindicina di chilometri da Maiduguri, capitale dello Stato di Borno situato nel Nord-est del Paese. Nel video, della durata di quasi quattro minuti, si vede un terrorista con il viso contratto e invasato, dove giustifica la carneficina come una vendetta in quanto i contadini si sarebbero resi colpevoli di avere denunciato e consegnato alle autorità di polizia governative un affiliato del gruppo jihadista di Boko Haram. Nello stesso video il jihadista minaccia che lo stesso trattamento sarà riservato a tutti coloro che “catturano i nostri fratelli e li consegnano ai soldati o danno loro informazioni su di noi. Babagana Umara Zulum governatore dello Stato del Borno, presente ai funerali, ha denunciato la insostenibile situazione che devono affrontare i contadini di questa zona della Nigeria, dove le forze di polizia non riescono a contenere la violenza jihadista; pescatori, agricoltori e taglialegna sono regolarmente presi di mira da questi terroristi perché accusati di “collaborazionismo” con i governativi e l’esercito, ai quali, secondo le loro convinzioni, passano informazioni. Un’altra accusa che i jihadisti fanno agli abitanti di queste zone è quella di “evadere le tasse” che dovrebbero versare al gruppo di Boko Haram per essere autorizzati a svolgere le loro attività agricole e di commercio, tale pretesa denota la forte percezione di uno “Stato islamico” che Boko Haram vorrebbe imporre in quella regione della Nigeria. Tale situazione desta nei nigeriani, abitanti soprattutto nelle città, grande sconcerto accompagnato da forti contestazioni nei riguardi del Governo per i suoi atteggiamenti brutali verso la popolazione, per i conclamati fenomeni di corruzione ed anche per le promesse non mantenute di sconfiggere il jihadismo. Il capo dello stato, Muhammadu Buhari, fino ad ora non è riuscito a rendere il nord della Nigeria una regione sicura né tantomeno in pace; quest’area è stata la culla che ha permesso la nascita del jihadismo marchiato Boko Haram, una setta islamista divenuta un gruppo armato alla morte del suo fondatore Mohammed Yusuf nel luglio 2009. Buhari al momento della sua elezione aveva assicurato che avrebbe sconfitto i jihadisti ma ad oggi, nonostante un discreto impegno, Boko Haram è lontano dall’essere tecnicamente annichilito.

Gli interessi dei movimenti jihadisti, all’interno del quadro più visibile, quello terroristico, nascondono anche aspetti sociali che li equiparano a qualsiasi altra aggregazione sociale. Infatti, nel 2016 il movimento terroristico islamista si è scisso in due fazioni per spartirsi aree di interesse diverse; una è sotto la guida di Abubakar Shekau, annesso alla roccaforte ubicata nella foresta di Sambisa e che agisce con massacri indiscriminati di civili e l’altra guidata da Abu Musab Al-Barnawi, figlio di Yusuf, denominata, come detto, Provincia dell’Africa occidentale dell’organizzazione dello Stato islamico (Iswap). Quest’ultima agisce soprattutto nell’area lacustre del lago Ciad, sulle rive e sulle numerose isolette, alcune di esse sono area off limits alle forze governative e all’interno vige la legge islamica, la sharia. A differenza della fazione Boko Haram, il gruppo Iswap cerca di preservare le popolazioni nella speranza di amministrare un giorno i territori, favorendo anche attacchi contro le forze di sicurezza. Due visioni diverse dell’applicazione del jihadismo, ma accomunate dall’obiettivo di creare uno Stato islamico dove applicare una personale lettura della sharia, magari sulle ceneri di parte di una nazione esausta. Tale condizione è facilitata sia dall’insicurezza causata dalle incapacità del presidente nigeriano Muhammadu Buhari di frenare il terrorismo, sia da aspetti poco noti ma che rivelano incidenti tra il sistema di aiuti umanitari e le autorità nigeriane, soprattutto militari, i quali accusato le Ong di sostenere i jihadisti per ragioni “articolate” e abbastanza occulte; tutto ciò inficia ogni possibilità di dare aiuti efficaci e concreti ad una popolazione disperta.


di Fabio Marco Fabbri