I servizi segreti di Israele e Francia sferrano due colpi fatali al jihadismo

lunedì 16 novembre 2020


Il 13 novembre il New York Times ha pubblicato la notizia che Abdullah Ahmed Abdullah, alias Abu Mohammed Al-Masri, uno dei vertici di Al-Qaeda, è stato assassinato a Teheran ad agosto da agenti israeliani del Mossad. Ciò nonostante, il servizio d’informazione di Teheran smentisce perché dovrebbe ammettere che spie israeliane sfuggono all’asfissiante controllo del controspionaggio iraniano. Inoltre, sabato 14, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha negato l’uccisione del leader jihadista, assicurando l’assenza di qualsiasi personaggio legato ad Al Qaeda sul territorio iraniano; ma altre informazioni danno la presenza in Iran di Al-Masri dal 2003. Al-Masri, numero 2 di Al-Qaeda, era stato accusato dagli Stati Uniti di essere il regista e l’autore degli attacchi alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998; l’annichilimento del terrorista avvenuto, forse simbolicamente, il sette agosto, anniversario degli attacchi alle ambasciate suddette dove furono uccise 224 persone e ferite altre 5mila, è stato attuato da agenti segreti israeliani del Mossad infiltrati tra le maglie della sicurezza iraniana. Abdullah Ahmed Abdullah, annoverato nell’elenco dei terroristi più ricercati dalla Fbi (Polizia federale degli Stati Uniti), è stato ucciso, come riporta l’informazione, “a colpi di arma da fuoco in una strada di Teheran da due killer in motocicletta”. Tale notizia è confermata dai servizi d’intelligence statunitensi. Risulta che gli agenti segreti del Mossad abbiano sparato alla macchina con a bordo Al-Masri, uccidendo anche una sua figlia di nome Miriam, vedova di Hamza Bin Laden eliminato in modo non ben definito nel 2019, figlio di Osama Bin Laden il capo di Al-Qaeda ucciso ad Abbottabad in Pakistan dalle forze speciali statunitensi il 2 maggio 2011.

L’egiziano Abdullah Ahmed Abdullah o anche Saleh Abu Mariam, secondo il “disinvolto” centro di Intelligence, Surveillance and Reconnaissance Group, era considerato uno dei più esperti e più capaci organizzatori di operazioni terroristiche, infatti la polizia federale americana aveva offerto dieci milioni di dollari, come ricompensa, per qualsiasi informazione che portasse alla sua cattura. Sempre venerdì 13 novembre il ministro francese delle Forze armate, Florence Parly, ha annunciato che in Mali le forze del Barkhane hanno eliminato Bah Ag Moussa, descritto dal ministro come un “capo militare”, attore dei più efferati attacchi terroristici nell’area del Sahel, tra il Burkina Faso, Niger, Ciad e Mali. Questo leader jihadista, anch’esso legato ad Al-Qaida, ma punto di riferimento del jihadismo che orbita nell’Africa centro occidentale, è stato eliminato con un forte impegno, come riferisce Parly, di “significative risorse di intelligence oltre a un raffinato dispositivo di intercettazione”. Tali pesanti e penetranti azioni mirate su Bah Ag Moussa hanno strappato alcune maglie della rete di omertà che proteggeva la sua figura, permettendo, così, l’uscita di poche informazioni che tuttavia hanno condotto i servizi segreti francesi a intercettare e sopprimere l’ormai ingombrante leader jihadista capo del Gsmi (Gruppo di sostegno per l’Islam e i musulmani).

La dinamica dell’uccisione ha versioni leggermente contrastanti tra ciò che viene comunicato ufficialmente e ciò che circola sui social locali, comunque il pick-up, con cinque persone a bordo tra cui Bah Ag Moussa, è stato intercettato a circa 100 chilometri da Ménaka, nel nord-est del Mali. Secondo il colonnello Frédéric Barbry, portavoce dell’esercito, diversi droni hanno guidato cinque elicotteri con a bordo circa venti incursori della forza Barkhane, che raggiunto l’obiettivo sono sbarcati dai velivoli. Il “commando” francese, secondo lo Stato maggiore, ha sparato prima colpi di avvertimento e poi ha crivellato l’auto; discesi gli occupanti dal veicolo vi è stato un tentativo di risposta, ma nessuno è scampato all’attacco francese. Lo Stato maggiore francese ha tenuto a comunicare che in ottemperanza ai trattati di diritto internazionale umanitario, i morti sono stati sepolti, ma un video che continua ad essere diffuso, non datato e non localizzato, ma dichiarato attinente al fatto, mostra soldati maliani intorno a diversi corpi carbonizzati.

Nell’articolato sistema del jihadismo saheliano va ricordato che Bah Ag Moussa era un componente dell’esercito del Mali, che ha disertato nel 2012, fondando, con Iyad Ag Ghali, il gruppo jihadista Ansar Eddine, diventato poi il Gsim attraverso la fusione con Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim) e altri gruppi islamisti. Artefice di pesanti attacchi al suo ex esercito, Bah Ag Moussa, nel 2019, è stato inserito, dal Comitato per le Sanzioni delle Nazioni Unite (Onu), nell’elenco dei criminali legati ad Al-Qaeda.  Come possiamo notare, molto spesso, i leader jihadisti o autoritari capi di Stato africani o del vicino Oriente che assurgono ai vertici di organizzazioni terroristiche, para-terroristiche, o a capo di “Stati canaglia”, come vengono definiti, hanno trascorsi che li vedono “istruirsi” o in eserciti regolari od in sistemi di intelligence convenzionali, vedi Cia (Central Intelligence Agency); tra questi ricordo il vituperato presidente iracheno Saddam Hussein, od il rimpianto Muammar Gheddafi, o l’attuale presidente della Cirenaica, Khalifa Haftar, non dimenticando Osama Bin Laden, tutti personaggi che, ognuno con la propria storia, un “passaggio” per la Cia pare lo abbiano fatto.


di Fabio Marco Fabbri