I palestinesi invocano il boicottaggio di Israele, e poi chiedono a Israele di salvare loro la vita

martedì 10 novembre 2020


L’alto dirigente palestinese Saeb Erekat ha trascorso gli ultimi due decenni invocando il boicottaggio e l’isolamento di Israele. Negli ultimi mesi, Erekat, un leader dell’Olp, già capo negoziatore palestinese nel processo di pace con Israele, si è espresso contro gli accordi per normalizzare le relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Lui e altri leader palestinesi, tra cui il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbashanno accusato gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein di tradire i palestinesi e di pugnalarli alle spalle, facendo la pace con Israele.

L’8 ottobre, Erekat ha dichiarato di aver contratto il Covid-19. Pochi giorni dopo, mentre le sue condizioni sembravano peggiorare, Erekat è stato portato d’urgenza dalla sua casa nella città cisgiordana di Gerico in un ospedale israeliano a Gerusalemme: l’Hadassah Ein Kerem. Un’ambulanza israeliana, scortata da soldati israeliani, ha trasferito Erekat all’ospedale israeliano su richiesta della sua famiglia e della leadership dell’Autorità Palestinese (Ap). L’uomo che ha lavorato alacremente per danneggiare e diffamare Israele e che ha biasimato gli arabi per aver instaurato relazioni con Israele, alla fine ha scelto di farsi curare in un ospedale di quello stesso Stato che ha trascorso gran parte della sua vita a demonizzare. Quando ha dichiarato di essere stato contagiato dal coronavirus, Erekat ha ricevuto un’offerta da Re Abdullah di Giordania per ricevere cure mediche nel Regno. Esprimendo gratitudine al sovrano giordano, il leader dell’Olp ha declinato l’offerta. Piuttosto, quando la sua salute è peggiorata, Erekat, insieme ai suoi familiari e alla leadership dell’Ap, si è rivolto a Israele per chiedere aiuto. Israele ha risposto inviando immediatamente a Gerico un’ambulanza e dei soldati per trasferire l’alto dirigente palestinese all’ospedale Hadassah, dove i medici israeliani si sono adoperati per salvargli la vita. La sua decisione paradossale non è passata inosservata a molti commentatori arabi.

A quanto pare, alcuni arabi non sono noncuranti della mostruosa ipocrisia della leadership palestinese. Questi arabi considerano il ricovero di Erekat in un ospedale israeliano come un ulteriore segno dei discorsi ambigui e delle menzogne dei leader palestinesi, i quali, giorno dopo giorno, incitano il loro popolo contro Israele, ma che scappano in Israele ogni volta che sentono la necessità.

Particolarmente assurdo è il fatto che Erekat sia stato ricoverato in un ospedale israeliano per usufruire delle migliori cure mediche in un momento in cui il governo palestinese nega ai comuni cittadini palestinesi i permessi per recarsi negli ospedali israeliani.

A giugno, l’organizzazione non governativa israeliana Physicians for Human Rights ha annunciato che le agenzie palestinesi incaricate di mantenere i contatti con le autorità israeliane avevano bloccato l’invio delle domande per ottenere i permessi di ingresso in Israele per motivi sanitari. Il gruppo ha menzionato dei pazienti palestinesi i quali hanno dichiarato che il Ministero della Salute palestinese ha rifiutato loro la possibilità di rivolgersi a un ospedale israeliano o di coprire il costo delle cure sanitarie in Israele.

Perché la leadership palestinese sta privando la propria popolazione di cure mediche avanzate e di assistenza sanitaria in Israele? Perché questa leadership ha deciso alcuni mesi fa di interrompere tutti i legami con Israele per protestare contro il piano israeliano di esercitare la sovranità in alcune parti della Cisgiordania. Se il piano non è mai stato attuato, per quale motivo Mahmoud Abbas e i suoi funzionari a Ramallah continuano a boicottare Israele?

Evidentemente, questo boicottaggio non si applica quando è in gioco la vita di un alto dirigente come Erekat, che è segretario generale dell’Olp. Erekat non voleva andare in Giordania. Non ha chiesto aiuto all’Egitto o a nessun altro Paese arabo. Il suo appello è stato rivolto direttamente ai suoi vicini israeliani, i quali, senza avere la minima esitazione, gli hanno salvato la vita. Questa è stata probabilmente l’unica decisione saggia che Erekat abbia mai preso.

Il giornalista ed editorialista libanese Nadim Koteich, commentando il ricovero di Erekat, ha rilevato “il pathos e le connotazioni simboliche” di un leader palestinese che, “nel suo complesso calvario di salute trova solo un ospedale e uno staff sanitario israeliano a cercare di salvargli la vita”.

Osservando che Erekat aveva respinto gli accordi di normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e i Paesi del Golfo, Koteich afferma che il ricovero del dirigente palestinese in un ospedale israeliano indica che gli stessi palestinesi “sono in una fase di piena normalizzazione dei rapporti con Israele”.

Koteich si domanda per quale motivo i palestinesi più di 25 anni dopo la creazione dell’Autorità Palestinese non abbiano ancora una moderna struttura ospedaliera. “Come mai i palestinesi non hanno un ospedale adatto a curare i palestinesi?”, si chiede il giornalista libanese, “è plausibile che un quarto di secolo dopo la creazione dell’Autorità Palestinese i palestinesi non abbiano ancora un centro medico degno degli specialisti palestinesi che lavorano in tutti gli ospedali di tutto il mondo? I palestinesi hanno conquistato l’intera Striscia di Gaza (dopo il ritiro di Israele nel 2005), e invece di trasformarla in una zona economica/industriale l’hanno fatto diventare un misero campo per l’Islam politico e un’arena per la guerra civile palestinese (tra la fazione di Fatah, guidata da Abbas, e Hamas)”.

Il quotidiano londinese Al-Arab, riferendosi alle cure mediche ricevute in Israele dal leader palestinese, ha affermato che il fatto che Erekat abbia scelto di andare in un ospedale israeliano e non in uno giordano, è la dimostrazione del fatto che “ha piena fiducia negli israeliani, nonostante le sue dichiarazioni pubbliche contro di loro”.

Anche Ahmed Moussa, un noto personaggio mediatico egiziano, ha espresso le sue opinioni in merito alla diatriba sulle cure mediche prestate in Israele a Erekat. Moussa ha affermato che c’erano “molti interrogativi” sull’ospedalizzazione di Erekat in Israele, soprattutto in seguito agli attacchi da lui lanciati agli arabi che normalizzano i loro legami con Israele. “Ci sono ospedali palestinesi, ci sono ospedali in Giordania, in Egitto e in molti Paesi arabi”, ha commentato Moussa, “molte persone ora si chiedono perché Erekat è stato trasferito in un ospedale israeliano? Solo pochi giorni fa Erekat attaccava gli arabi per aver instaurato relazioni con Israele. Ma ha deciso di essere curato in un ospedale israeliano. Egitto e Giordania hanno i migliori ospedali. Non è strano che Erekat abbia scelto un ospedale israeliano piuttosto che uno arabo? I palestinesi devono spiegare all’opinione pubblica perché lui ha preferito recarsi in un ospedale israeliano. Non sono l’unico a sollevare tale questione. Devono darci una risposta. Devono spiegarci perché hanno portato Erekat in un ospedale israeliano”.

La domanda di Moussa non è affatto retorica. È stata posta per sottolineare l’ipocrisia dei leader palestinesi. I dirigenti palestinesi come Erekat possono permettersi le migliori cure mediche possibili per se stessi e i loro familiari, impedendo alla loro popolazione in Cisgiordania e a Gaza di recarsi negli ospedali israeliani. La questione di Erekat è un’ulteriore prova del fatto che l’attuale leadership palestinese non si preoccupa degli interessi né della salute della sua gente, ma solo di coloro che sono vicini a Mahmoud Abbas.

Se e quando Erekat sarà guarito e farà ritorno a casa dai suoi familiari, sarebbe opportuno che si scusasse con gli Emirati Arabi Uniti e con il Bahrein per aver stigmatizzato gli accordi per la normalizzazione delle relazioni con Israele da loro firmati. In seguito, farebbe meglio a scusarsi con la popolazione palestinese per averla privata delle eccellenti cure mediche che lui stesso ha ricevuto all’ospedale Hadassah di Gerusalemme. Forse Erekat potrebbe anche pensare di ringraziare i medici israeliani che hanno lavorato 24 ore su 24 per mantenerlo in vita. Inoltre, può ringraziare lo staff sanitario e i soldati israeliani che lo hanno scortato dalla sua casa di Gerico a Gerusalemme. E infine, Erekat potrebbe esprimere al mondo il suo rammarico per aver invocato il boicottaggio di Israele, il Paese a cui sapeva di poter rivolgersi per salvarsi la vita, a prescindere dal male che gli aveva inflitto.

(*) Tratto da Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita la Spada


di Bassam Tawil (*)