“Corona-business”: la vera pandemia africana

lunedì 9 novembre 2020


In Africa il Coronavirus si manifesta sotto vari aspetti oltre quello clinico, tra l’altro poco percepito e irrilevante, uno di questi potremmo chiamarlo “Corona-business”. Il Corona-business è oggi una delle più drammatiche calamità dell’Africa, ma oserei dire di molta parte del pianeta e la sua virulenza è cosi aggressiva che non risparmia nessun aspetto della vita sociale. Che la crisi sanitaria colpisse globalmente già prima del Covid-19 è cosa nota, così il Coronavirus è entrato in un sistema sanitario barcollante e con un’efficacia parcellizzata, facendo esplodere corruzione, giganteschi affari legati alla farmaceutica, aumento dell’arroganza politica, una sorta di Covidittatura e purtroppo una precarietà sociale con escalation incontrollabile.

Sorvolando sugli psicodrammi europei, circa una settimana fa sono circolate, sui social network africani, immagini provenienti dalla Nigeria dove si vedono folle di nigeriani, in condizione di vita precarie, che saccheggiano metodicamente i magazzini governativi colmi di derrate e vari aiuti etichettati come “umanitari”. Il cibo rubato, ma in questo caso solo per fame, è zucchero, riso, pasta, farina; questi alimenti riempivano i magazzini ed erano destinati alla popolazione fragile, in crisi cronica di cibo e indebolita dalle restrizioni causate dal Covid-19. Tali approvvigionamenti alimentari fanno parte di quelle numerose donazioni, finanziate con miliardi di dollari e giustificate come aiuto per la così detta pandemia. Il cibo ed aiuti vari non sono mai stati distribuiti alla popolazione africana, ma trattenuti da governanti e politici che notoriamente li conservavano per esigenze personali, business e contrabbando. Tale situazione ha suscitato forti proteste e molta ira in tutto il Paese, accentuate dalla nota e consueta impunità di cui godono i governati artefici di questi soprusi ed abusi. 

I governanti africani, in una sorta di doppio corteggiamento, hanno dovuto gestire, nel quadro degli aiuti internazionali, anche una sorta di concorrenza tra Pechino e Washington, i quali hanno profuso la loro generosità ovviamente con scopi economico-politici. Tuttavia, la crisi costruita intorno al Covid-19 sta consentendo alla Cina di rafforzare la propria economia ed il proprio ruolo in Africa. Per alcuni mesi, analisti vari hanno sostenuto che il Coronavirus potesse sconvolgere gli equilibri politici dell’Africa, ma come ho già scritto in numerosi articoli precedenti, ciò non si è minimamente avverato; infatti nonostante la diversità di monitoraggio del virus tra il continente africano e l’Europa o resto del mondo, le statistiche danno una incidenza virale irrilevante. Senza dubbio, la configurazione demografica dei Paesi africani ha lavorato a loro favore, come la diluizione del virus tra malattie molto più gravi e letali che lo hanno confuso con problemi di salute e di sopravvivenza che sono ciclopi in confronto al Covid-19. I vari shock economici che stanno aggravando la condizione di vita della popolazione africana sono causati dal blocco di molti aspetti dell’economia, come il commercio, ma soprattutto con la infelice chiusura dei collegamenti aerei che hanno portato gravi conseguenze all’economia globale africana. Tuttavia, gradualmente, tutti i Paesi africani, percepita la inconsistenza della pandemia, si stanno riavviando a trovare un nuovo equilibrio socio-economico, adeguato al momento e sotto molti aspetti e solo per pochi, molto più favorevole. In sostanza l’epidemia in Africa, ma ribadisco non solo, ha acuito problemi preesistenti favorendo talune élite governative, e suoi associati, ad assumere atteggiamenti “predatori” dei fondi destinati al Covid, dando vita all’affaristico fenomeno del “Corona-business”.

Ormai i casi di Corona-business in Africa sono documentati e conclamati; ad esempio in Nigeria dove i fondi sono gestiti dalle strutture amministrative della sanità, da un controllo delle Ong preposte alla valutazione degli appalti, è stato rilevato che le autorità avevano ufficialmente acquistato alcune migliaia di maschere anti Covid al costo di 43 euro ciascuna; così anche in Zimbabwe, dove il ministro della Salute è stato licenziato dopo aver ordinato un equipaggiamento protettivo anti covid troppo costoso. Inoltre, questa estate ha suscitato clamore la notizia di una intercettazione telefonica dove l’ambasciatore ugandese in Danimarca, durante una video chiamata tramite “Zoom” con il suo vice, discuteva come appropriarsi dei fondi del Covid-19 destinati all’Uganda; comunque non risulta che il diplomatico sia stato rimosso.

Osservando quanto sta accadendo in altri Stati sia dell’Africa che del vicino Oriente, come Libano, Sudan, Algeria, Iraq, si nota che le reazioni della popolazione sono proiettate verso un adeguamento alle nuove dinamiche economiche; tuttavia ciò non sta accadendo nell’Africa subsahariana e saheliana, dove a causa della cronica povertà l’adattamento è solo proiettato alla sopravvivenza. La crisi maggiore si percepisce proprio in quegli Stati sub sahariani dove l’inefficienza sociale ed economica manifestata dai Governi eletti o no, alimenta il distacco dai principi democratici minimi che, proprio in queste realtà, portano la popolazione verso rivolte sociali contro la corruzione alimentare e verso la richiesta di alternative politiche a causa di governance che fanno della corruzione il modus operandi “fisiologico”.

La Nigeria è un eccellente esempio di questo modello di corruzione e clientelismo che è diffuso particolarmente nell’Africa occidentale. È proprio in questo contesto dove viene ignorata l’esigenza di risolvere i problemi socio-economici che si manifestano maggiormente i desideri di una “rivoluzione politica”. In un primo momento il Covid-19 ha spiazzato la società, che ha sopportato restrizioni e percepito le martellanti informazioni non come “plagio informativo” ma come dogma; oggi nascono neologismi sul coronavirus, come Covidittatura, Corona-business o come in francese Covid preneurs, che oltre a sdoganare la paura per un virus esistente, ma enormemente sopravvalutato come pericolosità, fa scoprire i troppi affari che orbitano intorno alla sua gestione, che ovviamente destano sempre più dubbi ormai anche su quella popolazione che, supinamente, dava per certe le informazioni dei media. In conclusione, anche sotto l’aspetto del Corona-business, l’Africa e l’Europa sono sempre più vicini, anche senza migranti.


di Fabio Marco Fabbri