venerdì 6 novembre 2020
Quello che più incide della politica americana sul resto del mondo è la strategia internazionale dalla quale dipendono i destini di popoli come il nostro. Basti pensare ciò che ha comportato per noi la dissoluzione della Libia causata dall’ingerenza franco statunitense. Ancora ne piangiamo le conseguenze. Vediamo allora ciò che è cambiato nel mondo in questi ultimi quattro anni, con lenti da fotografo, esponendo fatti molto oggettivi che anche i più onesti tra gli avversari casalinghi di Donald Trump hanno dovuto ammettere.
Sarà un caso o sarà stato molto sfortunato il suo predecessore alla Casa Bianca ma gli anni dal 2008 al 2016 sono stati caratterizzati dalla più grande destabilizzazione globale degli ultimi decenni. La seconda Guerra Fredda fra Usa e Russia, culminata con l’uscita dal G8 di Vladimir Putin e la rottura degli accordi Nato-Russia di Pratica di Mare, si era ramificata in tutti i teatri internazionali. Un’improvvida “Primavera araba” aveva totalmente destabilizzato il nord Africa e il Medio Oriente, aprendo la strada al fondamentalismo e creando situazioni di crisi irreparabili come in Libia e in Siria. È di quegli anni la nascita dello Stato islamico (Is) dovuta ad una scellerata gestione post conflittuale in Iraq. Il conseguente fenomeno dei foreign-fighters purtroppo lo hanno ben conosciuto molti Paesi europei feriti dalla nuova forma di terrorismo. Anni che si ricorderanno per i bombardamenti americani in Afghanistan, Yemen, Somalia, Libia, Iraq e Siria, con il record di ingerenze degli Stati Uniti in virtù della cosiddetta “responsabilità di proteggere” Paesi in cui si verificano lesioni dei diritti umani. Una Cina – qui sulla “responsabilità di proteggere” e sui diritti umani si era messa una pietra sopra – che ha colonizzato indisturbata l’Africa e ha silenziosamente invaso il pianeta. Lo stesso Israele ha potuto tranquillamente aumentare gli insediamenti in Cisgiordania in barba alla professata vicinanza di Obama al popolo palestinese. Infine, la grana delle grane che si è trovato sul tavolo Trump sin dai primi giorni di presidenza: la Nord Corea e la minaccia di proliferazione di missili intercontinentali.
Questo è il quadro planetario, non propriamente pacifico, che si è trovato a gestire Trump al suo arrivo. Qualora non venisse rieletto, vediamo cosa lascia Trump al suo successore e al mondo intero. I rapporti con la Russia si sono ricomposti e la silenziosa alleanza sul terreno tra le due potenze ha consentito di sconfiggere lo Stato islamico (Is). Bashar al-Assad è ancora lì, le truppe americane hanno lasciato il teatro e la Siria non ha seguito il triste destino di Iraq e Libia. A seguito della valutazione sull’impossibilità di mantenere all’infinito forze straniere in Paesi sovrani, è iniziato il ritiro graduale dell’esercito statunitense da Iraq e Afghanistan. Al fine di giungere ad una pace tra Israele e Palestina, sono stati sottoscritti accordi con Paesi arabi la cui sola negoziazione era ritenuta sino ad oggi impensabile. La voce grossa con l’Iran ha costituito la strategia del brinkmanship (politica del rischio calcolato) per cercare di ottenere un nuovo accordo recante la sospensione totale, non parziale, dell’arricchimento dell’uranio. La Cina non è stata considerata un partner commerciale per cui ne è conseguito uno scontro che solo il futuro ci rivelerà quanto possa essere giustificato. Anche la contrapposizione con la Corea del Nord, che per lungo tempo ha tenuto il mondo intero con il fiato sospeso, si è stemperata con il dialogo. Alla fine, il temuto Kim Jong-un ha accolto per la prima volta nella storia un presidente americano in Corea del Nord per una stretta di mano.
In ogni caso, come più volte ripetuto da questo giornale, il risultato più concreto è che negli ultimi quattro anni nessun nuovo conflitto è stato generato nel pianeta. Sarebbe bello poter aver ancora il tempo necessario per assistere alla pacificazione del conflitto israelo-palestinese. I risultati elettorali delle elezioni statunitensi pare non lo consentano, comunque grazie presidente Trump per averci lasciato un mondo migliore.
di Ferdinando Fedi