La Turchia contro tutti

giovedì 16 luglio 2020


Lunedì 13 luglio si è svolto a Parigi all’Hotel de Brienne il tradizionale incontro del presidente Emmanuel Macron con i vertici delle Forze Armate; nella riunione è stato trattato il ruolo della Francia e dell’Europa nel Mediterraneo. Macron, conscio di essere il rappresentante dell’unica nazione, della ridimensionata Ue (a 27), dotata di capacità di influenzare l’area dell’Africa centro–nord, ha dettato una sorta di linea guida per gli obiettivi europei, e circa gli atteggiamenti da tenere con la Turchia.

Oggi, alla luce dei giochi di potere che si stanno consolidando nell’Africa nord-orientale, appare chiara l’esistenza di una politica europea divisa e debole, e la debolezza si esprime soprattutto nella perdita del controllo del Bacino Mediterraneo, ormai diventato la palestra geopolitica di nazioni non europee.

Macron ha affermato la necessità che l’Europa debba riprendere le redini delle strategie internazionali, “…senza ingenuità e senza compiacimento”; aggiungendo che: “La zona del Mediterraneo rappresenterà la sfida per i prossimi anni poiché i fattori di crisi che si combinano con essa sono numerosi: contestazione delle zone marittime, scontri tra paesi confinanti, destabilizzazione della Libia, migrazioni, traffici, accesso alle risorse”; tale dichiarazione è stata rivolta, come accennato, alle Forze Armate francesi alla vigilia della festa nazionale della “Prise de la Bastille”.

È evidente che tale “esternazione” è destinata alla Turchia, ma soprattutto al percorso politico intrapreso da Recep Tayyip Erdoğan che non si esime dal “concimare” ogni accenno di dissidio con ogni nazione con la quale incrocia i suoi programmi.

Le tensioni tra Francia e Turchia hanno preso una ulteriore deriva negli ultimi giorni. I due paesi, che hanno schieramenti opposti nel loro impegno nel conflitto libico, si accusano reciprocamente di giocare “un gioco pericoloso” in questo paese sbranato da una guerra civile fomentata dagli stranieri.

Va ricordato che Francia e Turchia sono membri della Nato e che si stanno confrontando sulla fragile linea di una contrapposizione che sta assumendo le caratteristiche di uno scontro militare, come avvenuto il 10 giugno nel Mar libico quando una nave francese ha chiesto di controllare un cargo turco sospettato di violare l’embargo sulla consegna delle armi alla Libia; in quel frangente una fregata missilistica turca è intervenuta colpendo per tre volte, con il puntatore laser del sistema lanciamissili, il radar della nave francese, atteggiamento estremamente aggressivo e senza precedenti nel Mediterraneo a conferma della già menzionata “morte cerebrale” dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (Nato).

Oggi il cuore delle ostilità tra i due Paesi si trova in Libia, ma le due potenze si sono regolarmente diplomaticamente attaccate nel passato. Possiamo ricordare l’ottobre 2019, quando il conflitto siriano ha avuto una svolta nel momento in cui le forze statunitensi si sono ritirate dall’area della Siria sotto controllo dei Curdi, opportunità colta al volo dalla Turchia che ha lanciato un’importante offensiva militare contri i Curdi alleati dei francesi contro l’Isis, al fine di riguadagnare terreno nel nord-est siriano.

Inoltre, va ricordata la storica divergenza tra Francia e Turchia sul riconoscimento del genocidio armeno commemorato ufficialmente lo scorso aprile in Francia; una questione molto delicata per la Turchia. Si stima che oltre un milione e mezzo di armeni furono uccisi dalle truppe dell’Impero ottomano durante la Prima Guerra Mondiale, ma Ankara ha sempre respinto l’accusa di “genocidio”, evocando massacri reciproci sullo sfondo della guerra civile e della carestia, accusando la Francia di essere responsabile del genocidio in Ruanda.

La guerra civile in Libia è un campo di scontri, anche se “diluito”, tra Francia e Turchia. dove Ankara sostiene militarmente il Governo di Accordo Nazionale (Gan) di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite, contro le forze dell’Anl (Armata Nazionale libica) del maresciallo Khalifa Haftar sostenuto da Francia, Egitto, Russia e Emirati Arabi Uniti.

A tal proposito, ricordo che il parlamento con sede nella Libia orientale, che sostiene il maresciallo Khalifa Haftar, nella notte tra lunedì e martedì ha comunicato che avrebbe consentito l’intervento dell’esercito egiziano contro l’esercito turco presente in Libia. Questa scelta fa da sponda a quanto dichiarato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi il 20 giugno, in cui aveva minacciato di intervenire direttamente in Libia, in risposta al coinvolgimento diretto della Turchia. Soprattutto il Presidente egiziano ha tracciato una linea immaginaria invalicabile dall’esercito tripolino che va da Sirte a Jufra. Il parlamento libico di Haftar nella sua dichiarazione ha affermato: “Chiediamo sforzi concertati tra i due paesi fratelli, la Libia ed l’Egitto, per garantire la sconfitta dell’occupante invasore (Turchia) e preservare la nostra sicurezza nazionale comune”; considerando che l’Egitto ha il più potente esercito dell’Africa.

Per contro, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu martedì 14 luglio in onda sulla tv di Stato turca Trt, ha detto che ha avvertito il maresciallo Khalifa Haftar che il suo esercito dovrà ritirarsi da Sirte e dal distretto di al-Jufrah, altrimenti verrà lanciata un’operazione militare; ha inoltre dichiarato Cavusoglu che tale avvertimento è stato notificato a Mosca; al momento non risulta una risposta di Vladimir Putin!


di Fabio Marco Fabbri