Russia vota riforma Costituzione, la svolta di Putin

mercoledì 1 luglio 2020


La Russia volta pagina e dopo quasi 30 anni si avvia ad archiviare la Costituzione post-sovietica, simbolo dell’era targata Boris Eltsin. Il referendum - voluto da Vladimir Putin per legittimare le modifiche alla carta fondamentale e consolidare per sempre la sua eredità politica - è arrivato alla sua fase conclusiva dopo una settimana di voto diffuso e i primi dati, che giungono dalle aree dove i seggi sono già chiusi, vanno nella direzione indicata dal Cremlino: affluenza alta (oltre il 60%) e vittoria netta dei sì (circa il 70%).

Se la tendenza sarà confermata anche nella Russia europea il “sovranismo” si sarà definitivamente incarnato in istituzione. Già perché la Costituzione di Putin, oltre a permettere allo zar di governare, se lo desidera, fino al 2036 grazie al reset dei suoi mandati, va ben oltre la sua carriera in senso stretto ed entra nel regno della filosofia. Di segno conservatore. Ecco allora la prevalenza del diritto russo sui trattati internazionali (con buona pace, ad esempio, delle sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani), il russo definito lingua-madre dello Stato, la menzione alla fede in Dio e il matrimonio inteso come unione fra un uomo e una donna. Valori dunque, ancor prima che gestione del potere. Poi, naturalmente, c’è anche quello. Con una revisione delle prerogative del Parlamento e la trasformazione in organo costituzionale del Consiglio di Stato (secondo alcuni in futuro potrebbe diventare la nuova ‘casa’ di Putin). Insomma, una revisione profonda, destinata a durare nel tempo. La svolta però non è certo arrivata senza critiche. Specie a San Pietroburgo e a Mosca. Sulla Piazza Rossa un gruppo di attivisti si è disteso sul selciato per disegnare coi propri corpi la cifra “2036”, l’anno appunto della fine potenziale del regno di Putin (tutti bloccati dalla polizia). E anche nella capitale del nord ci sono state manifestazioni di protesta. Il circolo delle opposizioni è d’altra parte sul piede di guerra fin dal giorno uno. Le indicazioni che il voto è stato fortemente condizionato dalle pressioni delle autorità sui dipendenti pubblici o delle grandi aziende che fanno capo allo Stato si sono moltiplicate nel corso degli ultimi giorni e c’è chi, come l’ex blogger Alexei Navalny, ha parlato apertamente di brogli, specie per quanto riguarda il voto online, organizzato a Mosca e Nizhny Novgorod. Il Cremlino ha tirato dritto, bollando il tutto come “fake news oltre ogni limite”.

Poi sia la Commissione Elettorale Centrale che il ministero dell’Interno hanno detto chiaramente che le violazioni non sono state tali da inficiare la validità del referendum. “Questo è un voto per la stabilità, la sicurezza e il nostro benessere”, ha sottolineato Putin nel suo messaggio al Paese alla vigilia del gran giorno. Da domani, archiviato il referendum, lo zar potrà tornare all’ordinaria amministrazione. Che comprende gestire la grave crisi economica scatenata dal Covid-19 e il crollo dei suoi indici di gradimento. Ma c’è tempo.


di Redazione