La Nuova Zelanda, la tutela dei fiumi e le nuove interpretazioni giuridiche

lunedì 18 maggio 2020


L’evoluzione giuridica e la tutela dell’ecosistema si intrecciano e nel mondo possiamo riscontrare novità importanti per il futuro di tale prospettive.

Nel 2017, il parlamento della Nuova Zelanda ha deciso di accordare al fiume Whanganui, sacro al popolo Maori, ed ai suoi affluenti lo status di persona giuridica. Tale decisione riconosce il fiume come ecosistema integrato, composto da tutti gli esseri viventi che lo popolano, dalla sorgente alla foce.

La decisione del Parlamento neozelandese di considerarlo un essere vivente garantisce al fiume di poter essere rappresentato in tribunale, da due “guardiani” eletti a difenderne i diritti, uno scelto dai rappresentanti della popolazione indigena autoctona e uno eletto dal governo. Sfruttare, distruggere, inquinare o snaturare una parte di fiume per interessi economici o di potere, ignorandone cultura, storia e tradizioni, equivarrà come commettere un reato contro la tribù stessa. Mari Margil, direttore associato della Community Environmental Legal Defence Fund, associazione nata per aiutare le persone a far sì che i diritti della natura vengano riconosciuti, lavora a tali azioni giuridiche convinta che queste azioni possano essere paragonate, per importanza, a quelle che hanno portato all’abolizione della schiavitù o al riconoscimento del diritto di voto alle donne. Per comprendere meglio l’importanza di tale vertenza è essenziale tentare di capire le novità in termini pratici e concreti. In Nuova Zelanda, dal 2017 ad oggi non ci sono state cause importanti in rapporto all’uomo e al fiume Whanganui, ma un consiglio locale ha chiesto il parere di questi due rappresentanti “legali” dei Maori prima di avviare la costruzione di una pista ciclabile nei pressi del fiume al quale era stato riconosciuto lo status giuridico. Valutare l’impatto in termini di sostenibilità nei rapporti del fiume e del paesaggio prima di dare inizio ad ogni opera di ingegneria o modifica del territorio da parte dell’uomo. Il dibattito e la tutela giuridica delle acque dolci è molto importante in Nuova Zelanda e tale paese può rappresentare un laboratorio politico economico per comprendere come in futuro diverse visioni possano interagire con le preoccupazioni in termini di eco-sostenibilità.

Nel 2019, il ministro dell’Ambiente David Parker ha annunciato che due terzi dei corsi d’acqua del Paese non sono balneabili e che tre quarti delle sorgenti neozelandesi rischiano di estinguersi. Il governo ha dato vita ad azioni concreti per bloccare il fenomeno emergente di distruzione ed inquinamento. L’obiettivo è ottenere un importante miglioramento della salute delle acque nei successivi cinque anni e, nelle dichiarazioni del ministro, “ripristinare i nostri corsi d’acqua in una generazione”. Per farlo, sono stati intensificati i controlli nelle zone balneabili ed è stato chiesto agli agricoltori e agli allevatori di cessare le attività che possono mettere a rischio la salute delle acque dolci. Il governo ha stanziato 145 milioni di dollari per aiutare gli operatori nella transizione verso pratiche di sostenibilità nel rispetto degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Una rivoluzione che utilizza anche le armi della digitalizzazione. I neozelandesi possono consultare un database nazionale che li avverte sullo stato dei corsi d’acqua a cui si stanno avvicinando.

Attraverso una piattaforma on-line sono informati su ciò che accade nelle acque dolci del proprio contesto geografico. La tematica non è secondaria nei dibattiti pubblici della Nuova Zelanda. L’82% di numerosi intervistati locali chiede che i corsi d’acqua siano protetti, un obiettivo considerato più importante persino della crisi economica e delle preoccupazioni di carattere commerciale. Insieme all’Unesco e al Global Network of Water Museums, la comunità internazionale continua ad interrogarsi sulle future prospettive di difesa dell’ambiente e del patrimonio liquido. Esperienze che coinvolgono elementi ed esperti di diplomazia, economica, antropologia, turismo sostenibile e digitalizzazione. L’esempio della Nuova Zelanda risulta particolarmente efficace nel formulare nuove e concrete proposte di tutela e valorizzazione. La comunità internazionale ritiene indispensabile ed urgente attuare progetti di uso sostenibile dell’acqua, secondo quanto previsto anche dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che prevede come Obiettivo n. 6 quello di “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie”.

Per questo si ritiene importante riconoscere l’importanza dei Musei dell’Acqua, che esibiscono e interpretano il patrimonio idraulico, materiale e immateriale, che si è trasmesso di generazione in generazione in tutte le civiltà del mondo. In tali musei, digitali o non, trovano spazio opere di ingegneria idraulica e architettura, ma anche documentazione e mostre relative a diversi settori scientifici, quali geologia, fisica quantistica e antropologia, che hanno ad oggetto l’acqua, il suo utilizzo, la storia e il futuro di tale prezioso bene mondiale.


di Domenico Letizia