martedì 12 maggio 2020
Grazie al piano dell’amministrazione Trump “Peace to Prosperity“ (“Pace per la Prosperità”), l’attenzione sulla clausola di Israele di annettere parti della Cisgiordania si è spostata dai margini al centro della politica israeliana. L’apparente non coinvolgimento del Dipartimento di Stato americano nella questione ha indotto il primo ministro Benjamin Netanyahu a dichiarare la sua fiducia nel fatto che l’annessione avverrà entro “pochi mesi” o prima delle elezioni presidenziali americane del novembre prossimo.
Non sono uno che si preoccupa per “l’occupazione” israeliana della Cisgiordania: a mio avviso, i palestinesi avrebbero già avuto da molto tempo un autogoverno, se avessero smesso di uccidere gli israeliani. Non tengo conto dei “parametri di Clinton”, la formula di compromesso dell’ex presidente americano per risolvere il conflitto israelo-palestinese due decenni fa. Al contrario, incoraggio le misure israeliane che indicano ai palestinesi che il conflitto è finito e loro hanno perso.
Nonostante questi punti di vista, mi oppongo fermamente al proposito di Israele di annettere parte della Cisgiordania e lo faccio per sei motivazioni principali.
In primo luogo, il presidente Donald Trump potrebbe infuriarsi con Israele per aver preso quell’iniziativa. Mentre il piano di Washington consente agli israeliani di annettere circa il 30 per cento della Cisgiordania, il Dipartimento di Stato ricorda loro che ciò verrebbe fatto “nel caso di un tentativo da parte del governo israeliano di negoziare con i palestinesi”. Se gli israeliani dovessero andare avanti speditamente con la clausola che preferiscono e ignorare il resto, incorreranno nell’enorme disappunto di Trump.
In secondo luogo, l’annessione assottiglierebbe il numero già esiguo degli amici di Israele presenti in seno al Partito Democratico e in Europa. A titolo di esempio, Maggioranza Democratica per Israele non ha usato giri di parole in merito all’annessione: “Non possiamo sopravvalutare il danno a lungo termine che una tale decisione arrecherebbe all’alleanza tra Israele e Stati Uniti. Le ripercussioni sarebbero molto gravi e durature”. I consiglieri senior di Joe Biden hanno inviato lo stesso messaggio, così come un gruppo di 30 mastini della politica estera del Partito Democratico, anche se in modo meno esplicito. Alienarsi al contempo Trump e i Democratici richiede una vera abilità. Inoltre, i principali Stati europei hanno condannato la prospettiva di annessione e hanno fatto cenno a ritorsioni. Ha’aretz cita quanto affermato dall’ambasciatore francese alle Nazioni Unite, Nicolas de la Rivière, riguardo all’annessione, ossia che “non passerà incontrastata e non sarà trascurata nelle nostre relazioni con Israele”. Ciò potrebbe significare il riconoscimento di uno Stato di Palestina.
In terzo luogo, poiché negli ultimi anni la minaccia iraniana è cresciuta, il governo israeliano è riuscito con successo a espandere i legami con i Paesi arabi sunniti, soprattutto con quelli che si affacciano sul Golfo Persico. Queste relazioni presupponevano che i governi arabi ridimensionassero la questione palestinese; non c’è nulla di più sicuro del fatto che un’annessione unilaterale israeliana riaccenderà tale questione. Anni di duro lavoro, per mano dello stesso Netanyahu, potrebbero rapidamente vanificarsi.
In quarto luogo, l’annessione scatenerà probabilmente la rabbia palestinese che potrebbe destabilizzare la Giordania, la Cisgiordania e Gaza. La popolazione palestinese della Giordania ha placato il vecchio fervore rivoluzionario, ma l’annessione potrebbe di nuovo fomentarlo e sfidare arbitrariamente la monarchia. I residenti in Cisgiordania potrebbero avviare una nuova Intifada – una rivolta – che mieterà vittime israeliane e danneggerà la loro posizione internazionale. E sentendosi incoraggiati, i governanti di Gaza e di Hamas potrebbero iniziare un nuovo round bellico.
In quinto luogo, l’annessione sicuramente si inimicherà la Sinistra israeliana, il che porterebbe come minimo a una feroce battaglia politica e probabilmente a un contingente di sionisti israeliani che si trasformeranno in antisionisti, con alcuni israeliani che lasceranno disgustati il Paese.
In sesto luogo, l’annessione renderebbe probabilmente un maggior numero di palestinesi idonei a diventare cittadini di Israele. E questo sarebbe un grosso errore, dal momento che i cittadini arabi di Israele costituiscono il nemico per antonomasia dello status di Israele come Stato ebraico, il nemico che continuerà a essere tale dopo che le minacce poste dall’Iran e da Gaza saranno affrontate. I cittadini di Israele, a differenza dei nemici esterni, non possono essere sconfitti. La loro lealtà deve essere conquistata e più sono numerosi più diventa difficile.
In breve, l’annessione della Cisgiordania probabilmente danneggerebbe le relazioni di Israele con l’amministrazione Trump, i Democratici, gli europei e i leader arabi, oltre a destabilizzare la regione, radicalizzare la Sinistra israeliana e a ledere l’obiettivo sionista di uno Stato ebraico.
Che obiettivo raggiunge di fatto l’annessione? È una mossa simbolica, un gesto nei confronti degli israeliani che vivono in Cisgiordania in un limbo giuridico. Ma l’annessione non li districa da quel vuoto giuridico, perché è probabile che nessun governo importante al mondo riconoscerebbe il cambiamento del loro status giuridico.
La conclusione è semplice: non bisogna giocare con il temperamento di Trump, non bisogna fare infuriare i Democratici e gli europei, non bisogna inimicarsi i leader arabi, non bisogna infiammare i palestinesi, non bisogna radicalizzare la Sinistra israeliana e non bisogna conferire la cittadinanza israeliana ad altri palestinesi.
Israele deve imporsi nei confronti dei palestinesi: ma tale affermazione deve essere strategica, commisurata alla più ampia campagna per costringere i palestinesi a rinunciare al loro obiettivo di eliminare lo Stato ebraico. Annettere la Cisgiordania è un’intemperanza che avrà l’effetto opposto. Pertanto, nonostante le intenzioni, l’annessione incoraggia la causa antisionista e rende più distante una risoluzione del conflitto.
Di conseguenza, gli amici di Israele devono dire a chiare lettere “no” all’annessione della Cisgiordania.
(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada
di Daniel Pipes