Libia: Ghassan Salamé getta la spugna

venerdì 6 marzo 2020


È durato due anni e mezzo l’impegno di Ghassan Salamé nel ruolo di capo dei mediatori delle Nazioni Unite per la Libia. Lo scopo del “mediatore” era quello di  risolvere la “crisi libica”. Salamé ha annunciato, il 2 marzo, le sue dimissioni dal difficile ruolo di convincere i due contendenti, Sarraj ed Haftar, di lasciare le loro egoistiche “visioni” sul futuro del Paese, per una improbabile condivisione del potere. Salamé ha annunciato le sue dimissioni giustificando la scelta per motivi di salute, dichiarando: "Devo ammettere che la mia salute non mi permette più di soffrire così tanto stress, così ho chiesto al Segretario Generale (delle Nazioni Unite) di sciogliermi dalle mie funzioni". Simbolicamente il diplomatico libanese, di 69 anni, ha voluto scrivere il comunicato nel suo account twitter in lingua araba:                                                     

 “Per due anni ho cercato di riunire i libici, frenare le interferenze esterne e preservare l'unità del Paese… Al vertice di Berlino, è stata emessa la risoluzione 2510 e sono state lanciate le tre tracce (politico, militare ed economico) nonostante una certa    riluttanza; … la mia salute non consente più questo ritmo di stress”.                                                                                                    

Queste informazioni sono state confermate da Stéphane Dujarric, portavoce delle Nazioni Unite a New York, il quale ha dichiarato: “Il Segretario Generale ha ricevuto un messaggio da mister Salamé che esprimeva la sua intenzione di lasciare il suo posto di rappresentante speciale per la Libia. Il Segretario Generale ha sempre avuto piena fiducia nel lavoro di Salamé e nei grandi sforzi che ha compiuto per portare la pace in Libia. Il Segretario Generale discuterà con Salamé su come garantire una transizione graduale per non perdere i risultati già raggiunti", aggiungendo: “È il sesto rappresentante delle Nazioni Unite in Libia a gettare la spugna in meno di dieci anni, infatti, da quando il paese devastato dalla guerra civile del post Gheddafi, è caduto in preda alle brame delle potenze straniere”.                     

Ghassan Salamé, ha ricevuto l’incaricato a giugno 2017 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, è succeduto al tedesco Martin Kobler; gli sforzi diplomatici non sono stati indirizzati solo nel tentativo di fare colloquiare le due autorità rivali del Paese, ma soprattutto verso le potenze straniere che erano concentrate ad acquisire influenza economica e politica sul territorio, mantenendo l’instabilità. È un duro colpo per il processo di riconciliazione in Libia; il percorso della diplomazia delle Nazioni Unite ha avuto irrilevanti successi e cocenti sconfitte, la tregua sancita il 12 gennaio è stata osservata solo poche ore e regolarmente violata, soprattutto alle porte di Tripoli dove le forze dell’Anl di Haftar  incalzano il Gna di Sarraj, sponsorizzato dai destabilizzatori “iniziali”, coloro che hanno ordito la caduta di Muammar Gheddafi. I tentativi, palesemente improbabili, di unificare le due istituzioni pseudo statali al fine di condurre la Libia, nel suo complesso, alle elezioni, “cosa” cara all'ex consigliere di Kofi Annan, sono lontane dall'essere una realtà.  L’”opera” di Salamé era “tracciata” su due rotte: quella interna e quella esterna; la prima subì il primo devastante fallimento quando Haftar a sorpresa (per modo di dire) attaccò Tripoli il 4 aprile del 2019, il giorno in cui il Segretario Generale delle Nazioni Unite era presente in Libia. Fu proprio quell’evento che cancellò tutti gli sforzi diplomatici fino ad allora profusi; la Libia era in procinto di celebrare una conferenza inter-libica che era stata preparata da tempo dalle Nazioni Unite, non considerando le vere “tensioni ed ambizioni interne”. Ghassan Salamé subì il primo grande “stress da fallimento”; tutti gli sforzi si infransero poco dopo l'inizio dei combattimenti; ha poi dichiarato all’Afp (Agence France Press): “Abbiamo lavorato per un’anno intero per preparare qualcosa che non ha precedenti in Libia, vale a dire una conferenza nazionale che riunisce tutti. ... E ora questi sforzi stanno andando in fumo.

La seconda “rotta negoziale” di Salamé era quella esterna, dove ha cercato di unificare la posizione della comunità internazionale sulla Libia, per scoprire, a mio avviso senza troppe sorprese, che le piratesche influenze straniere interferivano con il conflitto nel Paese, rendendo complicata qualsiasi soluzione politica. Alzando il “tiro”, nel vertice di Berlino 2020, ha coinvolto le potenze mondiali ed i principali paesi ormai artefici del conflitto; fu condivisa l’assunzione di una serie di impegni tra cui, quello fondamentale, la non ingerenza ed il rilancio del processo politico. L’ex rappresentante delle Nazioni Unite in Libia, venerdì a Ginevra, si è tolto qualche “sassolino” dalle scarpe, accusando gli Stati “cinici” di fomentare divisioni e minare ogni tipo di dialogo tra i due “contendenti”. Il suo ultimo appello è stato verso la richiesta di un maggiore sostegno internazionale, ma a chi chiederlo? a Macron o a Erdogan che sono gli artefici, il primo della distruzione dell’equilibrio gheddafiano ed il secondo che fornisce armi a Sarraj e prende gas dal mar libico? Tuttavia Salamé ha dichiarato che contribuirà all’opera negoziale, inter-libica, anche se Haftar e Sarraj hanno annunciato la sospensione (ufficialmente) della loro partecipazione ai colloqui politici ad ogni livello. Si resta in attesa che il Viet Nam libico sia lasciato risolvere dai diretti interessati, visto il decennale fallimento delle diplomazie internazionali; la questione politica dovrà essere affrontata con le loro “vere forze”, che come già scritto, vedono in Haftar ed in Saif al-Islam Gheddafi gli unici in grado di mettere fine a questa drammatica contesa, considerando che Haftar ha il controllo della Cirenaica, del Fezzan e buona parte della Tripolitania.    


di Fabio Marco Fabbri