martedì 26 novembre 2019
La “questione” del Franco Cfa nell’Africa centrale e occidentale, sistematicamente torna alla ribalta delle “cronache” a causa delle controverse “teorie economiche” che spesso avviluppano i quattordici Stati africani aderenti alla moneta ex coloniale.
Venerdì 22 novembre a Yaoundé, in Camerun, i rappresentanti dei sei Paesi aderenti alla Comunità Economica e Monetaria dell’Africa centrale, la Cemac, si sono incontrati in una riunione non ordinaria, per programmare ed ufficializzare la già palesata volontà di andare oltre “il giogo” del Franco Cfa, ribadendo, quella che ormai è diventata una litania, cioè il concetto che detta valuta ricorda il retaggio del colonialismo, oggi eredità troppo scomoda e pesante per le esigenze politiche degli Stati che la adottano.
Ricordo che il Franco Cfa è utilizzato da centocinquantacinque milioni di persone, abitanti nei quattordici Stati dell’Africa occidentale e centrale e le Isole Comore; la “valuta” è indicizzata in Euro e abbastanza agevolmente convertibile in Africa, molto meno, o per nulla, fuori dai “confini africani”. Gli Stati utenti aggregati all’Uemoa, Unione Monetaria dell’Africa Occidentale e alla Cemac, la Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale, devono depositare il 50 per cento delle loro riserve in Francia. I sei capi della delegazione di Yaoundé, venerdì hanno “ragionato” sulla necessità di rinegoziare il loro “rapporto monetario” con la Francia, elaborando un documento finale nel quale si dichiara che: “per proseguire la cooperazione monetaria con la Francia si deve avviare una riflessione approfondita sulle condizioni nel quadro di una nuova cooperazione”. In pratica è stato dato un incarico alla Banca degli Stati dell’Africa Centrale, la Béac, di prospettare un modello idoneo che conduca celermente ad una “evoluzione” del Franco Cfa in una forma monetaria autoctona.
Al Summit Cémac di Yaoundé ha partecipato: il Camerun con il presidente Paul Biya, il Centrafrica rappresentato dal presidente Faustin-Archange Touadéra, il Congo con il Capo di Stato Denis Sassou Nguesso, la Guinea Equatoriale con il presidente Teodoro Obiang, il Ciad con il presidente Idriss Déby Itno, mentre il Gabon è stato rappresentato dal primo ministro Ali Bongo Ondimba. Nel testo di sintesi dell’incontro viene sostenuta all’unanimità la comune volontà di avere “una moneta comune stabile e forte”.
Il “passo in avanti” dei Paesi aderenti alla Cemac, arriva dopo che gli Stati dell’Uemoa (Unione Monetari Africa Occidentale) hanno già programmato la riforma del franco Cfa con l’introduzione, dal 2020, di una nuova valuta, l’Eco; quindi gli Stati dell’Africa centrale chiedono certamente l’evoluzione della valuta ereditata dalla colonizzazione, ma con tempi e modalità “più lenti”.
L’incontro di Yaoundé ha sancito una decisione d’importanza strategica, perché è la prima volta che i Paesi della Cemac manifestano il desiderio di “staccarsi collettivamente” dal Franco Cfa. Va detto che tale decisione è anche una risposta equilibrata tra coloro che fino ad ora sono stati piuttosto reticenti nel vedere tale evoluzione monetaria, auspicando molta prudenza e quei Paesi che programmando uno svincolo dal franco Cfa, soddisfano le aspettative di alcune lobby e di molte “pubbliche opinioni”.
Il citato incarico alla Béac, di proporre “entro un periodo di tempo ragionevole ... un piano di sviluppo”, nell’omogeneità della “deliberazione”, ha tuttavia stimolato diverse reazioni: il presidente del Ciad, Idriss Déby, è stato esplicito sull’obiettivo, dichiarando: “domani, quando lasceremo il Franco Cfa, apparterremo a un solo gruppo di politica monetaria; quindi ancora una valuta comune, ma non sarebbe più il Cfa”. Tuttavia con molta più prudenza e forse lungimiranza, il presidente del Camerun Paul Biya, ha “sedato” l’eccitazione, ricordando che “l’attuale politica monetaria ha fino ad ora assicurato la stabilità finanziaria della regione”; questa osservazione è un punto importante, perché la situazione economica della zona Cemac, Africa centrale, non è affatto simile a quella dell’Africa occidentale. Se la zona Uemoa sta flirtando con tassi di crescita del 6 per cento, quelli della Cemac sono molto meno apprezzabili; considerando inoltre che la situazione geopolitica dell’area centro africana è molto più delicata e fragile rispetto all’area africana occidentale.
di Fabio Marco Fabbri