Guinea Equatoriale, quarant’anni di presidenza Obiang

martedì 6 agosto 2019


La Guinea Equatoriale, dal 1778 sotto il sistema coloniale iberico, conquista l’indipendenza nel 1968; la Spagna lascia alla sua ex colonia la lingua, un sistema giuridico su impostazione europea e favorisce un “avvicinamento politico” con gli altri Stati africani accomunati dallo stesso destino. Verosimilmente, la “tradizione culturale” tribale e l’esempio “sociale” spagnolo dell’epoca (franchista) hanno condizionato il sistema organizzativo statale; infatti, dal 1972 al 1979 la Guinea subì il tragico regime di Francisco Macías Nguema, la cui dittatura causò uno dei più drammatici periodi storici vissuti dai sui abitanti: gli ‎equatoguineani. La popolazione subì ogni tipo di sopruso causando un tracollo economico e sociale ed un distacco dai tradizionali legami internazionali. Il dittatore cancellò dall’anagrafe i cognomi ispanici ed europei, aderì sia al pensiero marxista che nazista, si avvicinò all’Unione Sovietica e a Cuba, rinnegando la Spagna, ebbe mire espansionistiche verso il Gabon ed il Camerun.

Nel 1979, con la consolidata prassi del “Colpo di Stato” (e la successiva eliminazione fisica del presidente), Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, laureato all’Accademia militare di Saragozza (Spagna), nipote del dittatore, sale al potere cambiando drasticamente la politica estera e aprendosi all’Occidente. Sabato 3 agosto 2019 la “presidenza” di Teodoro Obiang ha compiuto quarant’anni.

Se escludiamo i sistemi monarchici, la quarantennale presidenza repubblicana della Guinea Equatoriale stabilisce il record mondiale di longevità. Il piccolo Stato africano dalla metà degli anni Novanta, data della scoperta di giacimenti di petrolio, gode di un maggiore benessere, in quanto la presenza dell’oro nero ha favorito contatti ed investimenti e in un primo momento anche una crescita economica del Paese. Come accade sempre in tipologie di Nazioni con un profilo simile, tale ricchezza ha portato anche alla crescita della disparità sociale, allargando la distanza tra ricchi e poveri. Tale situazione causa, tuttavia, un indebolimento generale dello Stato, affetto da cronici e gravi fenomeni di corruzione (fonte Ong) e di conseguenze di disuguaglianze sociali.

Teodoro Obiang, oggi 77enne, è stato rieletto “democraticamente” nel 2016 con circa il 94 per cento di preferenze e sta preparando la sua successione al vicepresidente dello Stato, il 51enne Teodorin Obiang, suo figlio (nel 2017, a Parigi, condannato a tre anni di carcere – non scontati – e una multa di 30 milioni di euro per possesso di “beni illeciti”). Nonostante che nel 1991 venne promulgata una Costituzione che introduce il multipartitismo, le cinque tornate elettorali che si sono celebrate dal 1993 al 2016 non hanno “offerto” scelta agli elettori, anche per il boicottaggio dei partiti non governativi, presentando Obiang Nguema senza avversari. Inoltre uno dei principali partiti dell’opposizione, Citizens for Innovation (CI), è stato sciolto a seguito delle elezioni legislative del 2016.

Dopo il suo colpo di Stato del 3 agosto 1979, costruito con gli ufficiali dell’esercito, Teodoro Obiang ha maturato una fobia verso tale forma di “avvicendamento di potere”, infatti l’“onnipotente” sistema dei Servizi segreti e di Sicurezza dello Stato è sotto la sua autorità e sotto il suo diretto controllo. Riferiscono fonti governative, che dal 1979 ad oggi il presidente in carica abbia sventato più di dieci tentativi di deposizione e molte cospirazioni mirate alla sua soppressione fisica; le reazioni sono state caratterizzate da una sanguinosa repressione verso i sospettati, individuati molto spesso tra le gerarchie dell’Esercito, tra le opposizioni e tra i poteri stranieri. Nel dicembre 2017, nella capitale Malabo, si è verificato l’ultimo “misterioso” tentativo di colpo di Stato, anch’esso sventato dai Servizi segreti, che hanno arrestato circa centoquaranta persone; i “presunti” responsabili, tra cui molti stranieri, sono stati condannati a pene carcerarie che vanno dai sei anni all’ergastolo.

Raimundo Ela Nsang, avversario politico rifugiatosi in Francia dal 2013, afferma che i colpi di Stato sono “falsi”, frutto di immaginazione e strategia, utili solo a sterminare “legittimamente” l’opposizione. Riferisce ancora Ela Nsang che: “Oggi Obiang non ha più bisogno di uccidere in massa. Non dobbiamo dimenticare che ha già eliminato o esiliato tutti i quadri del Paese quando era capo degli eserciti sotto Macias. Per rimanere al potere, ora organizza omicidi mirati. È più discreto. Un capo dello Stato petrolifero deve essere ‘frequentabile’ dalla comunità internazionale”.

Tuttavia, che la Guinea Equatoriale possa essere un “appetibile piatto” lo rivela anche una testimonianza di un agente mercenario, l’inglese Simon Mann, artefice di un fallito colpo di Stato in Guinea Equatoriale nel 2004, che nel 2011 ha accusato George Soros di avere complottato per il rovesciamento del governo del Paese.

Sabato 3 agosto, Teodoro Obiang, che definisce il suo “putsch” del 1979 come il “colpo di libertà”, ha festeggiato nelle città di Mongomo, Bata e Gibuti (costruita su un progetto faraonico al centro della foresta) i quarant’anni della sua presidenza. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la Guinea Equatoriale nel 2017 ha avuto il Pil ed il reddito pro capite (19,513 dollari) più alti in Africa; nonostante questo dato, Obiang non gode di particolare considerazione tra i suoi omologhi africani.

Nelle more del passaggio di potere (questione di famiglia) al figlio Teodorin, il piccolo Stato africano, con quasi la totalità della popolazione di fede cristiana-animista, applica sotto il “marchio repubblicano” una “dittatura ufficialmente mascherata”; altra interessante rappresentazione di come una Costituzione d’impostazione “occidentale” possa subire un “adattamento ambientale”, alla luce dei fatti, efficace.

 

 


di Fabio Marco Fabbri