Parlamento Ue: il “No” di Orbán a Salvini

venerdì 31 maggio 2019


La doccia gelata, per Matteo Salvini, è arrivata ieri. “Non vedo molte possibilità di cooperazione tra i nostri partiti, o in un gruppo unico”, ha dichiarato Gergely Gulyas, il capo dello staff del premier ungherese Viktor Orbán. Il sogno di un “supergruppo sovranista” guidato dal duo Salvini-Le Pen al Parlamento europeo, insomma, incontra una pesante battuta d’arresto. Orban, per ora, forte del 52 per cento conquistato alle elezioni europee, non ha intenzione di mollare il Ppe, che pure lo ha sospeso (ma non espulso) a marzo. Meglio far incidere in modo sostanziale i 13 deputati di Fidesz nelle scelte che attendono il Parlamento nei prossimi mesi (a cominciare dalla formazione delle commissioni), piuttosto che “scioglierli” nel mare magnum delle formazioni populiste ed euroscettiche, che con ogni probabilità saranno costrette all’opposizione dalla nuova maggioranza, sempre fondata su Popolari e Socialisti ma con il supporto dei “liberali” dell’Alde (e forse dei Verdi).

Il “no” di Orban arriva dopo quello del britannico Nigel Farage. Anche lui ha rifiutato la proposta di Salvini e Le Pen. “Sono un ‘leaver’, ma in questo caso sono per restare”, ha detto il leader del Brexit Party, che appartiene al gruppo Efdd (Europe of Freedom and Democracy: lo stesso in cui è finito il Movimento 5 Stelle dopo essere stato respinto un po’ da tutti). Restano, dunque, solo i “Veri Finlandesi”, gli austriaci dell’Fpö, i fiamminghi del Vlaams Belang, l’AfD tedesca e il partito del popolo danese. Non poco, ma non abbastanza per raggiungere la soglia di 100-150 deputati che era nelle intenzioni iniziali.  

I sovranisti avanzano in tutta Europa, insomma, ma per ora a Bruxelles rischiano di rimanere al palo.


di Redazione