Venezuela, gli scontri riaccendono la Guerra fredda Usa-Russia

giovedì 2 maggio 2019


La tensione in Venezuela è altissima. Nella notte è rimasta uccisa una donna: Jurubith Rausseo, 27 anni, morta in ospedale dopo essere stata raggiunta da un proiettile alla testa. È uno dei prevedibili esiti degli scontri in atto tra i militari fedelissimi di Nicolás Maduro e si ribellano al fianco di Juan Guaidó. “Mi impegno a far sì che la sua morte in sala operatoria – ha detto il presidente dell’Assemblea nazionale – pesi molto su coloro che hanno deciso di sparare su un popolo che ha deciso essere libero”. Via Twitter Guaidó ha aggiunto che “questo deve finire e gli assassini dovranno farsi carico dei loro crimini. Mi giocherò la vita per far sì che così sia”. Secondo il portale El Pitazo, Rausseo ha ricevuto un colpo d’arma da fuoco all’altezza della Torre Britannica della capitale.

Guaidó chiesto ai militanti di sostenerlo per ottenere la “fine della usurpazione del potere da parte di Maduro”. Ma per il presidente chavista “la sconfitta della destra golpista che voleva portare il Paese alla guerra civile”.

La giornata di protesta dei sostenitori di Guaidó, pur svolta nella Giornata internazionale dei lavoratori, era parte della Operazione Libertà che “terminerà quando l’attuale capo dello Stato ‘illegittimo’ avrà abbandonato il Palazzo di Miraflores”. In vari punti di Caracas, ed anche in alcune località venezuelane, si sono registrati incidenti fra gruppi di opposizione e Guardia nazionale bolivariana (Gnb).

Guaidò ha annunciato che a partire da oggi inizierà un programma di scioperi scaglionati nell’amministrazione pubblica. “Resteremo – ha detto – nelle strade fino ad ottenere la fine dell’usurpazione, un governo di transizione e libere elezioni”. Maduro, rivolgendosi alla ‘Marea rossa’ chavista presentata dai suoi collaboratori come “vari chilometri di militanti”, ha sostenuto che si è trattato di “una delle marce più grandi della storia”, “una mobilitazione monumentale”. Alludendo infine alla rivolta militare di martedì guidata dal leader di Voluntad Popular, Leopoldo López, e da Guaidó, ha parlato di “un gruppo di persone, di codardi e criminali, che rispondevano alla destra golpista”, i quali “devono capire una volta per tutte che entrare nel Palazzo presidenziale di Miraflores è possibile solo col voto popolare e mai con l’uso di armi della Repubblica contro la Repubblica”.

Sulla crisi venezuelana è intervenuto il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, a margine della conferenza “The State of the Union”. “Noi – ha detto – non riteniamo mai le opzioni militari delle opzioni. La nostra Costituzione è esplicita: l’Italia ripudia e rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Mi riconosco totalmente nel dettato costituzionale”.

Frattanto, Donald Trump ribadisce che sulla questione venezuelana sono “aperte molte opzioni”, compresa quella militare. Il presidente americano sostiene che i vertici di Washington “seguono da vicino la terribile situazione in Venezuela e stanno facendo tutto il possibile per arrivare a una soluzione che favorisca la fine dell’attuale presidenza”. Più diretto e severo il segretario di Stato, Mike Pompeo, che ieri ha detto che l’opzione militare “è possibile. Se necessario è quello che faranno gli Stati Uniti, anche se preferirebbero una transizione pacifica”. Il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, ha dichiarato che “c’era un accordo dietro le quinte. Uomini chiave del regime avrebbero dovuto disertare”. Ma la Russia, che sostiene apertamente Maduro, non ci sta e minaccia gli Stati Uniti, in un clima da nuova Guerra Fredda. In caso di ingerenza americana, il Cremlino non esclude “conseguenze gravi”.


di Ugo Elfer