venerdì 18 gennaio 2019
È ormai diventato una sorta di luogo comune sentire analisti ed esperti - o presunti tali - di ogni estrazione sostenere che l’attuale Presidente americano, Donald Trump, sarebbe privo di una qualsiasi visione strategica in politica internazionale… che procederebbe a caso, con improvvise alzate d’ingegno a causa del suo carattere impulsivo, della sua impreparazione, della sua personalità, diciamo così, “atipica”. Ora è indubbio che da quando “The Donald” siede nello Studio Ovale, ci siamo dovuti abituare ad uno stile inusuale, a comportamenti e scelte che non hanno nulla in comune con quelli dei suoi predecessori, Democratici o Repubblicani che fossero. Tuttavia dedurre dall’esuberanza del personaggio - certo inusuale per la scena statunitense - una miopia in politica estera o, peggio, una totale assenza di visione strategica ci sembra alquanto superficiale. Vediamo, come esempio, alcune, recenti, dichiarazioni rilasciate, nei giorni scorsi, da Trump; dichiarazioni trattate con troppa sufficienza dai mass media, come se non fossero altro che delle boutade occasionali. Dietro alle quali, invece, è possibile intravvedere un ben preciso stile ed una strategia che sarebbe meglio non prendere sotto gamba.
Trump ha annunciato il ritiro delle forze statunitensi dal teatro siriano. Grande clamore, crisi al vertice del Pentagono e, soprattutto, levarsi di alti lai per il destino dei curdi, sino a ieri alleati privilegiati ed ora, in certo qual modo, consegnati nelle mani di Recep Tayyip Erdoğan e dei turchi. Poi, però, il presidente ha lanciato un tweet, inusuale ma decisamente efficace. Ed ha avvisato che, nel caso di un virulento attacco di Ankara ai curdi siriani, gli Usa avrebbero provveduto a distruggere l’economia turca. Costernazione nei palazzi del potere di Ankara, ed Erdogan che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, si trova palesemente in gravi difficoltà, con i ceti produttivi turchi che cominciano ad abbandonarlo.
Altro episodio, solo di due giorni or sono. The Donald, tra il lusco e il brusco, annuncia al mondo l’intenzione di rilanciare i progetto dello “Scudo Spaziale”, il grande disegno strategico progettato ai tempi di Reagan dall’allora vicesegretario alla Difesa Stephen D. Bryan (che per inciso oggi ci onoriamo di avere nel board del nostro think tank). Un progetto con cui Washington diede il colpo di grazia, senza spargimento di sangue, alla fatiscente potenza sovietica incapace di competere su tale piano.
È evidente che Trump ha ripreso la strategia reaganiana per lanciare un chiaro segnale alla nuova, rampante ed ambiziosa, Russia di Putin. Un modo per dire all’amico Vladimir: attento, perché siamo sempre i più forti, ed in grado di mettervi nuovamente in ginocchio. Solo due episodi fra tanti; e l’elenco potrebbe continuare con il tira e molla diplomatico con il Nord Corea, con la sfida economica con Pechino, con la minaccia agli europei di ritirarsi dalla Nato...
Episodi, dichiarazioni, scelte tutt’altro che improvvisate ed occasionali. Piuttosto che rivelano un preciso disegno strategico: mantenere ben salda nel mondo la percezione del Primato Americano e tenere a rispetto tutti i possibili nemici e, soprattutto, competitori, senza però ricorrere alla forza militare come hanno fatto, con ben magri risultati, i suoi predecessori, da Clinton ad Obama. Utilizzando altri strumenti di pressione, economici, psicologici... una strategia “bizantina” per dirla con Luttwak. Il massimo effetto con il minimo impegno di forze.
(*) Senior fellow Think tank di studi geopolitici “Il Nodo di Gordio“
di Andrea Marcigliano (*)